QUANTO VALE LA LIBERTA’?

QUANTO VALE LA LIBERTA’?

Autore: Lorenzo Grazzi

Alexei Navalny è morto. Questa è la notizia che sta intasando il web e i giornali. L’oppositore russo è morto il 16 febbraio nel carcere detentivo IK-3.

Sul suo corpo tracce di violenze. Le autorità russe hanno impedito l’accesso alla famiglia nelle stanze dell’obitorio per ben due volte annunciando loro che la salma, immediatamente trasferita nella città artica di Salekhard, non sarà restituita per almeno 14 giorni per effettuare “esami chimici” non specificati.

Queste poche righe bastano, o si spera che possano bastare, a chiarire il clima che si respira in terra sovietica dove pensare diversamente dal dittatore è una condanna a morte, lo sanno bene i mercenari della brigata Wagner che si sono opposti a Putin e sono velocemente passati dall’essere il braccio di ferro contro l’Ucraina al diventare fuggitivi.

Evjenij Prigozhin, capo della brigata, è morto in un incidente aereo dopo un colloquio con il presidente Putin.

La vedova di Navalny, Yulia, ha messo in rete un video di 8 minuti nei quali ricorda al mondo, ma anche ai suoi connazionali, che “Putin non è la Russia e la Russia non è Putin”.

Yulia Navalnaya ha preso sulle sue spalle l’eredità del marito perché, come lui, sogna un Paese dove la gente sia libera di esprimersi, di pensare, di vivere.

Ed è compito di ogni cittadino russo che crede nella libertà opporsi a un regime che stringe nelle proprie spire un Paese che nei decenni passati aveva dimostrato di volersi emancipare, di voler abbandonare le rigidità del passato. Un Paese che ha da poco inserito la premier estone, Kaja Kallas, e i membri (o ex membri) dei governi lituani e lettoni nella lista dei ricercati con l’accusa di “azioni ostili contro la Russia e la sua memoria storica”.

La Russia di Putin si prepara quindi a una nuova narrazione degli eventi. Cancellare il passato, giustificarlo, modificarlo è il più terribile atto che gli esseri umani possano compiere verso la specie.

Perché mentre la Russia cancella le sue ombre c’è chi inizia a dubitare che siano mai esistiti campi di concentramento e poi si arriva a chiedersi se la Terra non sia piatta.

Permettere che si rubino i ricordi, che si annulli la memoria, è pericoloso non solo per la Russia ma per tutti gli esseri viventi perché non ci sono argini contro minacce che non si vedono.

Yulia Navalnaya ricorda anche a tutti noi che voltarsi dall’altra parte, fingere che non ci sia pericolo per il nostro giardino di casa, è uguale a sostenere la dittatura. Qualunque dittatura.

Yulia Navalnaya si alza in piedi nel momento del massimo dolore e ci dice che continuerà a soffrire per il mondo in cui crede.

Yulia Navalnaya ha già una taglia sulla testa, ma quella testa non la piega.

Yulia Navalnaya è più russa di qualunque proclama putiniano perché è disposta a sacrificare tutto per il suo Paese, per renderlo un posto sicuro.

Putin non è la Russia, ma la Russia sarebbe un posto migliore se fosse Yulia.  

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