Autore: Stefano Luigi Cantoni
Ricorre quest’anno la commemorazione dei settecento anni dalla scomparsa di Marco Polo, il mercante ed esploratore veneziano che, attraverso le memorie contenute nel suo Milione, ci ha lasciato un’eredità vasta e stratificata, meritevole di una riflessione e, perché no, di un doveroso omaggio.
Il 1298 è la data dalla quale occorre partire in quanto qui troviamo le origini del Milione, capolavoro assoluto e precursore del genere diaristico e d’avventura che ancora affascina molti.
In quest’anno, infatti, Marco Polo viene incarcerato dai Genovesi a seguito di uno scontro navale a Venezia con le navi liguri, battaglia nella quale il mercante restò coinvolto in prima persona e condannato.
La prigione, però, celava tra le sue stanze buie e umide un tal Rustichello da Pisa: fu proprio lui, sotto dettatura del mercante veneziano, a scrivere il Milione. Ciò che però mi preme approfondire è l’aspetto che più emerge dalle pagine di questo capolavoro datato 1300: il valore del viaggio.
Un viaggio che, per Polo, è durato ventiquattro anni, di cui diciassette passati in Cina e sette in giro per terre sino ad allora inesplorate. Un percorso che intreccia geografia, storia, religione e crescita personale: è qui che, con prima e inderogabile consapevolezza, si inizia a respirare il profumo della modernità.
Marco Polo incarna la curiosità, la voglia di scoprire e il coraggio di confrontarsi con culture e territori differenti per natura e, proprio per questo, preziosi nella loro esotica e innovativa connotazione: conoscere è, innanzitutto, stupirsi.
Viaggiare è restare di sasso al cospetto di donne dalla pelle ambrata e dal profumo di cedro e, al tempo stesso, perdersi nel tramonto assieme a condottieri come Kublai Khan, custodi di saperi antichi e radicati in grado di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
La morte di Marco Polo, dunque, non ha posto la parola fine al piacere della scoperta ma, per chi ha avuto la pazienza e la voglia di approfondirne le molteplici letture, ha piuttosto rappresentato l’inizio di un ulteriore, nuovo cammino: quello verso una società multietnica e inclusiva.
Una società in cui non esistono muri costruiti per dividere uomini e creare confini a tavolino ma solo grandi ed estese pianure, dove la libertà della parola può sublimarsi nella sua forma più alta e formante, sola detentrice del valore unico dell’uguaglianza umana: il dialogo tra le diversità.
Questo, in fondo, è il lascito di Marco, al di là delle meravigliose terre che ci ha fatto vivere anche solo stando seduti in cameretta: la necessità dell’uomo di aprirsi al mondo, abbracciando ciò che è “altro” da sé, per riscoprire, attraverso il viaggio, la sua parte più autentica.