Autore: Sabrina Fava
La serie animata Scooby Doo! Dove sei tu? ci ha insegnato che i mostri sono sempre umani. È uno stereotipo che si ripete dal lontano 1969 ma che non smette mai di meravigliare. Hanna-Barbera, i produttori, hanno creato una serie che ha conquistato il cuore di molti. Che siamo Bambini, genitori, nonni, zii o semplici spettatori: tutti adoriamo osservare come la storia si ripete. Vedere ciò che già conosciamo non è altro che una conferma delle proprie certezze e delle proprie paure. I cinque personaggi della serie animata rappresentano fenotipi presenti in ogni società. Il belloccio Fred,con tanti muscoli e qualche manciata di segatura nel cervello. L’intelligentissima Velma, con occhiali e gambaletti ben poco provocanti. Al lato opposto della barricata abbiamo la splendida Daphne, capelli rossi e lunghe gambe snelle, sensuale ed elegante. Poi c’è Shaggy, un discutibile, ma dal cuore grande, figlio dei fiori e sarà proprio lui, riprendendo il titolo, a chiedere continuamente “Dove sei tu?” all’indimenticabile personaggio principale: Scooby-Doo. Se il cane è il migliore amico dell’uomo, loro ne sono un fervido esempio. Il rapporto fra questi ultimi due è piuttosto discutibile, come la veridicità dell’esistenza di un cane parlante. Ma insomma, siamo negli anni ’70, fra finti mostri, collane di fiori e tanti hamburger, qualche allucinazione non ci sta poi così male no?
Ogni puntata e lungometraggio, che ha come protagonisti la Misteri e Affini, è strutturato nel medesimo modo. L’iniziale tranquillità viene scalfita dalla comparsa di un mostro. Procedono così le indagini da parte del gruppo, che ha più esperienza di quanta voglia ammettere, ognuno con le proprie caratteristiche abitudini. Le ricerche si dirigono sempre, nella prima parte, verso una strategia per stanare il mostro. Solitamente il piano A va a farsi friggere a causa di Shaggy e Scooby, così viene attuato un fortuito piano B, che quasi sempre risulta efficiente. Minuto dopo minuto le cose cominciano a cambiare, fin quando uno dei protagonisti “leva la maschera” al sospettato rendendosi conto che non si trattava di un mostro. Ma di un essere umano. Come in un eterno cliché, il gruppo rimane sbalordito dal fatto che non si trattasse di una creatura fantastica, questo per rendere immortali i protagonisti, che non possono in alcun modo, per fini narrativi, evolvere. Che sia stata intenzione dei produttori o meno, quello che la serie animata ci insegna è una lezione di vita: l’artefice del dolore, del terrore e della morte è sempre l’essere umano.