Autore: Michele Larotonda
Su Fabio Volo se ne è detto di ogni. Che sia un gran furbone, che non sappia ancora cosa volere fare da “grande”, se il presentatore, il deejay, l’attore, lo sceneggiatore e soprattutto lo scrittore. Ecco io volevo soffermarmi su questo, perché mi sento in dovere di spezzare una lancia in favore di colui che al momento è l’autore più venduto in Italia. Che venda tanto e che venga tacciato di ignoranza, di qualunquismo e di furberia, onestamente a me non interessa. Anzi, buon per lui. Gli va riconosciuto il merito di fare avvicinare persone che ai libri, di solito, sono “allergici” e d’altronde non dimentichiamo che la stessa cosa, la stessa accusa era stata fatta con Susana Tamaro. Io non ci vedo niente di male e siccome siamo sul Barnabò io questa cosa su e contro Fabio Volo la vedo molto pop. Quello che ne segue è una piccola recensione fatta non sul suo romanzo più venduto, ma quello più ottimista e più vero: Una Gran Voglia di Vivere.
“Gli amori non sono mai, come vorresti che fossero” cantavano la LungaStradaDeserta (band milanese degli anni Novanta) e ancora oggi, a ripensarci, avevano pienamente ragione.
Nessun rapporto d’amore, anche quello più solido, quello più passionale, quello più sincero, è davvero sempre felice. Bisogna sempre lottare, costruire, assecondare, capirsi e non sempre si è disposti ad accettare i difetti dell’altra parte della mela. Tanto è vero che l’amore è il tema più difficile da affrontare in un libro, in una canzone o in un film. Si rischia di svilirlo, di cadere nella banalità, insomma di renderlo un argomento noioso.
Eppure ci sono autori che affrontano la questione dell’amore e hanno scritto pagine ormai consegnate alla storia, basti pensare a Dante e Beatrice, Renzo e Lucia, Giulietta e Romeo, solo per citare quelli più famosi, ma la lista potrebbe essere molto più lunga.
L’amore è un forte sentimento e una volta che si incontra sulla nostra strada della vita, la prima cosa che proviamo è una gran voglia di vivere.
Fabio Volo avrà pensato la stessa cosa probabilmente e, infatti, il suo ultimo lavoro si intitola Una Gran Voglia di Vivere (Mondadori Editore).
Anna e Marco (forse un omaggio a Lucio Dalla) sono due architetti. Si conoscono una sera da amici in comune e scatta il colpo di fulmine, vanno a vivere insieme e mettono al mondo un bambino. Dopo qualche anno, Marco, una qualsiasi mattina si sveglia e ha un terribile dubbio: è davvero convinto di vivere la vita che ha sempre desiderato? Anna è davvero la sua donna ideale? Dubbi che lo perseguitano, lo fanno sentire in colpa, ma la cosa più dura da affrontare è scoprire che non è solo, anche Anna ha gli stessi dubbi tra l’altro alimentati dal fatto che Marco è presissimo dal suo lavoro e che lei ha dovuto rinunciare alla carriera per dedicarsi al bambino. Anna vorrebbe trasferirsi a Ibiza, Marco ha avuto un’importante offerta di lavoro ad Amsterdam, ma prima di affrontare un cambio di vita così radicale, decidono di partire per la Nuova Zelanda e per l’Australia e cercare di risolvere i propri problemi e i propri dubbi, ma non sarà così facile.
Fabio Volo arriva al suo decimo romanzo e come per i suoi precedenti anche stavolta non sbaglia il colpo e schizza direttamente ai primi posti di vendita, basti pensare che il giorno della pubblicazione, alla presentazione in Duomo, si era formata una coda chilometrica per farsi un selfie con l’autore e avere la firma sulla propria copia.
La trama del libro non è di certo tra le più originali, ma di sicuro è molto più forte e molto più strutturata rispetto al romanzo precedente (E’ tutta vita) e comunque siamo lontani da quello che viene considerato il punto massimo della sua produzione (Un Giorno in più).
Da sempre l’autore è oggetto di critiche sotto tutti i punti di vista. Si dice che scrive cose banali, che scrive quello che la gente vuole, che non sia lui il vero autore e che si serva di fidati ghost writer, forte del fatto che il suo nome basti ad assicurare delle vendite molto alte.
Sinceramente io non sono tra quelli che disprezza Volo a prescindere. Bisogna leggere un autore prima di criticarlo, qualunque egli sia. In diverse interviste l’ex panettiere bresciano, ha dichiarato che a lui non interessano le critiche che gli vengono rivolte, che i suoi libri non devono essere per forza rivolti a tutti, che lui si limita a scrivere quello che gli gira in testa e se poi quello che scrive vende pure, che male c’è? Forse dà fastidio che anche nel cinema, nella televisione e in radio il successo lo abbia sempre baciato e mai abbandonato. Volo fa della sua simpatia e del suo essere una persona normale, senza fronzoli e senza scandali da rotocalco, la sua arma di “seduzione” col suo pubblico. Gli va riconosciuto che dal suo primo romanzo (Esco a far due passi) la sua scrittura è notevolmente migliorata, meno colloquiale, meno giovanilistica (anche per ragioni di età) e con un uso sempre minore di frasi furbe a effetto. Infatti, recentemente, ha dichiarato orgogliosamente che il suo pubblico è cresciuto con lui e che alle presentazioni vengono le ragazzine di un tempo con le figlie. In barba ai “santoni” della letteratura. Comunque una lettura semplice, veloce, ma soprattutto piacevole che non è una cosa che sanno fare tutti e questo è un suo grande merito.