UNA FARFALLA CINESE A NEW YORK

UNA FARFALLA CINESE A NEW YORK

Autore: Lorenzo Grazzi

Immagine di Rosemary Ketchum

Ci sono azioni che sembrano non avere conseguenze ma la religione e la scienza ci insegnano che non esiste nulla che non abbia delle conseguenze. 

Una farfalla sbatte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia.

Il problema con le azioni è proprio questo: nessuno a New York si rende conto di quel lepidottero cinese che dall’altra parte del mondo ha pensato di scatenare un temporale nella Grande Mela. In realtà, probabilmente nemmeno la farfalla se n’è resa conto, rispondendo a un semplice impulso, a una necessità, senza porsi altri problemi (per quanto abbia stima delle farfalle dubito che quelle cinesi abbiamo coscienza dell’esistenza di un diverso continente… se così non fosse mi scuso con tutta la specie).

Eppure, quel collegamento c’è, perché nulla in questa realtà è scollegato dal resto (come dovrebbe averci insegnato l’inquinamento… abbiamo fatto finta che non esistessero i rifiuti spedendoli nei Paesi del terzo mondo e ora la medicina ci avvisa che abbiamo microplastiche nei nostri organi interni). Così dovremmo pensare non una, non due e forse nemmeno dieci volte a quello che facciamo poiché le ripercussioni si propagano come le onde generate da un sasso lanciato in un lago.

Ilaria Salis è stata arrestata per aggressione a danno di due agenti in Ungheria. L’abbiamo vista trascinata in aula con manette ai piedi e ai polsi in un quadro desolante dei diritti dell’uomo sanciti dalle Costituzioni di tutti i Paesi democratici (costituzioni che sono spesso state scritte con il sangue, ricordiamolo).

Una scena che indigna e offende.

Poi, però, Ilaria viene candidata alle prossime elezioni europee (che si terranno l’8 giugno). Il motivo non sono le sue qualifiche o la sua capacità politica, ma l’applicazione dell’immunità che le consentirebbe di essere rilasciata e di non subire un processo a suo carico.

E la farfalla sbatte le ali. Sì, perché la politica viene utilizzata come escamotage per sfuggire alle proprie responsabilità, una via preferenziale che consente di eludere il valore più alto che una nazione possiede, la legge (e il fatto che non sia quella italiana è del tutto irrilevante). 

Se, all’ombra della violazione dei diritti civili (che non è ancora stata dimostrata, teniamolo presente), ci si può permettere di usare la politica come scudo, allora perché un imprenditore non dovrebbe usarla per per i propri comodi? 

Se la legge (qualunque essa sia) può essere elusa da una condizione sociale come l’appartenenza a una classe politica, dove va a finire la democrazia?

Perché ciò che mi costa una condanna come libero cittadino, deve sbiadire fino a sparire se sono un politico? Il fatto di rappresentare un Paese non dovrebbe, di per sé, instillarmi un senso morale che, questo sì, mi possa servire come scudo?

La politica non dovrebbe servire i cittadini invece di essere al servizio di chi vi appartiene? 

Candideremo a qualche elezione tutti i concittadini accusati di reati negli altri Paesi? Che conseguenze avrebbe questo?

Ce ne sono un paio facili da intuire: la prima è che eleggeremmo una serie di persone non per merito ma per pietà (e la pietà è una cosa bellissima ma non quando si tratta di gestire un Paese o un continente), e la seconda è che farebbero lo stesso le altre nazioni e questo ci farebbe infuriare parecchio. Amanda Knox non vi ricorda nulla.

Non vi sto dicendo di lasciare i presunti colpevoli in balia degli eventi, questo no. Ma non sarebbe meglio impiegare le nostre energie per creare un mondo nel quale la gente non viene ammanettata mani e piedi invece di aiutarla a evadere dalle proprie responsabilità?

Che conseguenza ha, questo atto, nei confronti della legge, delle regole e della serietà della politica?

Stiamo cercando di strappare le ali alla farfalla invece di portarci semplicemente un ombrello.