Autore: Lorenzo Grazzi
Si fa presto a dire “personaggio”, ma definirlo con esattezza in maniera univoca è più difficile di quanto si possa immaginare.
Immaginare, sì, i personaggi sono pura immaginazione… o no?
Sicuramente nessuno ha dubbi sul fatto che Harry Potter, il Mago di Oz e il dottor Jeckyll siano frutto dell’invenzione dei loro autori, ma che dire di Achille, Enea o Ulisse?
Siamo davvero certi che non siano mai esistiti? Non è forse il mito, per definizione, uno stretto intreccio tra realtà e finzione? E i personaggi biblici?
E Napoleone?! Certo, lui è senza dubbio esistito, ma il Napoleone di Guerra e Pace e quello dei libri di storia, cos’hanno in comune con quello reale? Dove finisce la persona e comincia il personaggio?
Non spaventatevi se non riuscite a scorgere un confine netto tra i due mondi, è un amletico dubbio che ci portiamo dietro fin dai tempi del teatro greco e che è stato conclamato solo nel 1857.
L’anno precedente veniva pubblicata a puntate la storia di tale Emma Bovary, professione adultera.
Ebbe un successo tale che nemmeno il suo processo riuscì a scalfirla. Sì, perché la cara signora Rouault in Bovary venne accusata di immoralità e processata insieme al suo autore, Flaubert, e al suo editore, Pichat.
Flaubert aveva scritto l’opera come una critica alla società borghese della sua epoca e Emma era la perfetta anti-eroina, disposta a lasciare persino la figlia per le proprie passioni. La suddetta società borghese non apprezzò.
Il processo si svolse a gennaio e vedeva l’accusa giurare che si trattasse di un romanzo immorale, colpevole di suscitare fantasie malsane nel pubblico femminile (!), e di istigare all’adulterio. L’arringa finale dell’accusatore, Pinard, chiudeva così: “Signori, madame Bovary ha mai amato suo marito o cercato di amarlo?”
Sebbene al banco degli imputati sedessero Flaubert e il suo editore, è palese da questa frase che la vera processata fosse proprio la povera Emma, uscita dalle pagine per rivendicare il suo diritto all’esistenza, per di più peccaminosa!
Gli imputati vennero comunque ritenuti innocenti. Emma aveva vinto la sua battaglia e si era guadagnata il diritto di esistere dentro e fuori dalle pagine.
Oggi, a poco più di cento sessant’anni, noi non abbiamo ancora capito niente del personaggio, della sua capacità di definirsi e scomparire, di uscire dalla pagina e mescolarsi tra la gente al punto che tutt’ora ci spaventa.
Nella nostro moderno mondo ci sono ancora diversi religiosi che si divertono a bruciare i libri di Harry Potter perché inneggiano alla stregoneria (persino il Pontefice dimissionario Ratzinger, scrisse che la condanna del maghetto era sacrosanta perché “corrompe i giovani”, eravamo nel 2005).
Se capire il personaggio è difficile e definirlo quasi impossibile, possiamo bearci di usarlo, almeno in parte.
Una frase molto calzante di Stephen King recita: “Sono convinto che i lavori migliori finiscano con l’essere incentrati più sulla gente che sugli avvenimenti, un modo diverso per dire che sono basati sui personaggi.”
I personaggi sono quindi non solo essenziali per la storia, ma la storia esiste proprio grazie a loro. Lo svolgersi della trama corrisponde allo svolgersi del carattere del personaggio. Più sono simili al vero, più sono credibili. Più si fa sottile la linea di demarcazione che separa il personaggio dalla persona, migliore sarà il risultato.
Donna Levin, autrice e insegnante di scrittura creativa, scrive: “Immaginate che i personaggi siano già persone – non dovete crearle, dovete conoscerle.”
E questa, temo, sia anche l’unica certezza che abbiamo riguardo a questa creatura inafferrabile: non possiamo comprenderla, ma solamente esplorarla, sapendo che più la studieremo più la attrarremo fuori dalla carta. Ma sapremo gestirla dopo la sua evasione?