Autore: Stefano Luigi Cantoni
Sempre più motivatori e trainer del pensiero moderno sottolineano l’importanza di “centrarci”, ricongiungerci con il nostro io più intimo, isolandoci dal rumore del mondo che ci circonda. Visione oltremodo condivisibile che, in questo spazio di riflessione, ho ritenuto meritevole di un piccolo approfondimento.
La velocità (e voracità) della società in cui viviamo leva il respiro, non c’è che dire: milioni di informazioni vomitate a velocità supersoniche infestano la nostra rete neurale con tal veemenza da farci vacillare.
Confusi e infelici (per parafrasare una canzone di Carmen Consoli), altro che progresso: siamo alla nevrosi collettiva e individuale, figlia di un “dover essere” troppo forte rispetto a un “voler essere” ormai posto in secondo, se non terzo piano. Arrivare prima, essere al top in tutto (cucina, sport, musica, arte, sesso, colore delle mutande e, nondimeno, cavolate che si dicono…)
Omologazione è appiattimento, allineamento e accomodamento: parole care non solo a chi governa ma anche a chi deve veicolare messaggi, concetti e teorie. Pensare fa paura, lo ha sempre fatto (ricordate i roghi per i pensatori scomodi e gli indici dei libri proibiti?) e sempre lo farà, poiché rende liberi.
Come fuggire a questa irrefrenabile “massificazione” dell’esistenza? Domanda scomoda che, senza dubbio, necessita di risposte molteplici. Da una, però, possiamo provare a partire: investire sull’istante. L’attimo presente, vivo e pulsante, nel quale stiamo leggendo questo articolo, non quello antecedente e neppure quello immediatamente successivo.
Parlo del qui e dell’ora, della dignità dell’attimo zero, del moto irripetibile delle ciglia che scorrono la pagina, delle labbra che sfiorano quelle di rosa della propria metà. Un attimo fatto di silenzio, finalmente (non solo, ma non guasta mai): parole non dette, al massimo sussurrate, idee forti e al contempo intime che prendono vita con dignitosa sicurezza.
Alessandro Baricco, di recente, ha dichiarato che la cosa più importante (e difficile) da imparare nella vita di ognuno di noi è lasciare andare: che sia un amore, un’amicizia finita, un ricordo che non potrà tornare, persino una cena o una bevuta in compagnia.
Godersi il momento, dice lo scrittore piemontese, è la vera ragione per la quale val la pena vivere, non certo per superficialità (lo dice Baricco, non proprio l’ultimo degli scemi…) ma per dar pieno valore all’attimo, a quell’hic et nunc(il nostro caro qui e ora di prima) che, per ognuno, veste i crismi dell’irrepetibilità più autentica e assoluta, unico modo per uscire dall’omologazione che tende a dilatare tempi, spazi e coscienze in un paradigma che, di umano, ha ben poco.