TUTTI PAZZI PER IL MIO LATO BIPOLARE

TUTTI PAZZI PER IL MIO LATO BIPOLARE

Autore: Antony Russo

Chiudo il libro e sento quel tipico dolore di quando ci si separa da un amico, come accade ogni volta che concludo un romanzo. Sensazione familiare a tutti coloro che serbano dentro di sé un’anima particolare: sensibile o forse solamente fragile. 

Queste pagine però hanno qualcosa in più. 

Solange Distefano Pozzuoli, sebbene io non la conosca, attraverso “Tutti pazzi per il mio lato bipolare” (Libro che ho adorato e non solo per le proprietà linguistiche, ma anche per la capacità ironica e il tono a volte tagliente e crudo dell’autrice) è stata capace di dialogare con una parte di me che io stesso non conoscevo. 

Non posso che convenire con lei laddove con alcune persone, attraverso delle opere, è possibile instaurare un rapporto platonico laddove scrivendo di sé svelano qualcosa di te. Sembrano conoscerti meglio di chiunque altro. 

Guardando l’orario mi accorgo che sono le 2:00. Ho cercato, facendomi cullare dalle parole di Solange, di bloccare qualcosa di inevitabile. Mi ha distratto mentre lo leggevo: l’irruento ingresso di pensieri incessanti che avrebbero brutalizzato il mio cervello tutta la notte. 

Ero consocio che non avrei chiuso occhio. Riconosco i segnali premonitori di un’insonne oscurità. 

Nei giorni precedenti avevo già iniziato a faticare ad addormentarmi: doveva giungere la nottata in cui rimanevo sveglio e frenetico. Eccola. 

Percorro la stanza avanti e indietro, non posso fermarmi. Mi illudo che sia io a volerlo fare, per cercare di stancarmi, ma so che è più forte di me. La mia ombra danza assieme ai miei pensieri. 

Riconosco qualcosa di nuovo: una consapevolezza diversa. 

Solange Distefano Pozzuoli, infatti, mi ha aiutato ad accettare la mia particolare condizione, mostrandomene una visione completa, e mitigato gli effetti dell’imminente crisi. 

Non è cambiato nulla nella realtà fattuale: siamo circondati da persone, vicine e lontane, incapaci di accettare il diverso, senonché per finto perbenismo. 

Facile ergersi a difensori dei più deboli ipotetici e lontani: mi sovvengono alla mente i leoni da tastiera. Tutto diventa difficile, invece, quando il problema riguarda il familiare o il partner dentro casa o semplicemente l’amico di tutti i giorni. 

Basta allontanarsi dal “malato” ovvero fingere non vi sia patologia: identificando quanto ci viene detto come una mera ricerca d’attenzioni. 

Grazie a questa amicizia platonica, instauratasi attraverso le pagine di un libro, mi sento, forse per la prima volta, davvero compreso, riuscendo perdipiù a comprendermi. 

Ringrazio l’autrice perché con la sua decisione di fare outing ha consentito a noi tutti di sentirci un po’ meno soli ovvero permesso anche alle persone a noi vicine, che nutrono un interesse ed un amore disinteressati, di poter assimilare attraverso il suo racconto qualcosa che, lo riconosco, risulta essere spesso di difficile intendimento, così da poterci stringere con maggiore consapevolezza.