STRAPPARE LUNGO I BORDI, UNA SERIE DEVASTANTE

STRAPPARE LUNGO I BORDI, UNA SERIE DEVASTANTE

Autore: Sabrina Fava

Strappare lungo i bordi ha distrutto emotivamente chiunque l’abbia guardata. Una serie animata, originale Netflix, partorita dalla mente del fumettista italiano Zerocalcare. Inutile dire che come le migliori rappresentazioni, la sua origine è la carta e non la pellicola.

Una serie che nei primi minuti di visione ho dovuto stoppare continuamente, con anche un velo di tedio. Quel seducente e tagliente accento romano proprio non mi entrava in testa, si incastrava nell’orecchio senza mai raggiungere i timpani.

Ma ho sospirato, ho preso forza ed ho pensato: “Suvvia, tutti dicono che sia una serie con i contro c*****i, deve essere bella, Sabrina continua a guardare!”

E così ho continuato, e Dio quanto me ne sarei pentita se non l’avessi fatto. Un disegno piuttosto semplice, vecchio stampo, quasi antiestetico a delineare puntate da venti minuti in cui ci tengono compagnia Zerocalcare, un uomo con le crisi d’identità e la sua coscienza. Un vero e proprio percorso dentro alla sua mente vittima di paranoie e dall’ansia da pagina bianca, la pagina bianca del futuro, dell’ignoto. La pagina bianca della sua vita.

Il protagonista sta compiendo un viaggio e mentre il paesaggio scorre fuori dal finestrino del treno, flashback e ricordi del passato cominciano ad impestare lo schermo. Egli stesso dà voce ad ogni suo ricordo, incasellandoli nella maniera sbagliata. Ricorda solo ciò che vuol ricordare, fa dire ai protagonisti di quegli attimi solo ciò che vuole che loro dicano, non ha mai ascoltato nessuno veramente. Questo vale per tutti tranne che per l’Armadillo, la sua coscienza, lui ha voce propria. Zerocalcare mi ha fatto ridere… ormai tutti avranno ben presente la scena, diventata un meme, che vi riporto di seguito:

Zerocalcare è stanco, deve alzarsi dal letto, ma proprio non trova le forze. Allora guarda l’Armadillo e gli dice: «Oh ma vieni pure te? Non stiamo tanto, un’oretta e poi tornamo». E l’Armadillo risponde: «Sì, tu vai con la macchina, io te raggiungo cor coso…eeeh, come si chiama… er coso, dai… ah, sì: te raggiungo cor ca***o».

Avete riso anche voi vero?

Io ogni volta che ci penso mi sganascio dalle risate. Quindi sì, mi sono divertita guardando questa serie e mi sono tuffata in minuti condensati di quotidiane s****e mentali (scusate tutti ’sti francesismi, ma oggi è doveroso!). Il protagonista è in grado di narrare ciò che accade ogni giorno della nostra vita, con un’estremizzazione tale del concetto da renderlo reale, palpabile, eccezionalmente vicino. Affronta lo scomodo tema del senso della vita strappando una risata allo spettatore. Questo finché Zerocalcare non termina il suo viaggio e giunge a destinazione. In quel momento mi sono sentita distrutta, un’esplosione al centro del petto. A volte un silenzio, l’ironia, una flebile risata sono in grado di colpire più a fondo di una coltellata.