Autore: Anita Orso
Hai mai riflettuto su quante volte ti specchi durante il giorno? Io ci ho pensato e sono almeno tre. Quando mi alzo al mattino, dopo pranzo quando mi lavo i denti e alla sera dopo aver fatto la doccia. Queste sono quelle canoniche e poi ce ne sono di extra. Ora prova a pensarci pure tu, contale sulle dita se arriverai a completare le due mani, forse sarà il caso di porti una domanda.
Perché sento l’esigenza di guardarmi riflesso su di una lastra di vetro, su cui è deposto un sottile strato di argento o alluminio, fissato per elettrolisi, e chiamato comunemente specchio? A che cosa mi serve?
Ho voglia di compiacermi, ne traggo gioia e mantengo alto il mio grado di autostima, così sono una di quelle persone che riconosci facilmente. Sono quella che si specchia davanti alla vetrina di un negozio, quella che sposta lo specchietto retrovisore dell’auto per guardarsi. Sono anche la persona con cui conversi e nel mentre lancia occhiate furtive al vetro della finestra che è alle tue spalle. Prima di uscire da casa mi specchio e ruoto su me stessa per osservarmi da tutte le prospettive.
Oppure, ho un brutto rapporto con il mio corpo, vedo molti difetti che non riesco ad accettare. Sono facilmente riconoscibile. Sono quella persona che si specchia davanti alla vetrina di un negozio, quella che sposta lo specchietto retrovisore dell’auto per guardarsi. Sono anche la persona con cui conversi e nel mentre lancia occhiate furtive al vetro della finestra che è alle tue spalle. Prima di uscire da casa mi specchio e ruoto su me stessa per osservarmi da tutte le prospettive.
Non c’è differenza tra la prima persona, vanitosa e la seconda, insicura, perché entrambe hanno bisogno di conferme dallo specchio; la prima, per enfatizzare la sua bellezza, la seconda, per controllare di non essere più brutta di quello che sa di essere.
In entrambi i casi lo specchio è di aiuto, la motivazione è nettamente diversa, ma il risultato è lo stesso, ossia ricevere una conferma che “tranquillizzi” l’essere che si riflette.
Per chi è cresciuto con la fiaba dei fratelli Grimm “Biancaneve e i sette nani”, sarà familiare la domanda posta dalla regina Grimilde al suo servo magico: specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame? Finché la risposta era quella che lei voleva sentire, era felice, ma quando le giunse la risposta che qualcun altro superava la sua bellezza, allora andò in collera e fece di tutto per eliminare la rivale.
Da bambini, ascoltando la fiaba, a quel punto parteggiavamo per la rivale, ovvero Biancaneve, perché non accettavamo la crudeltà della matrigna e volevamo salvare la fanciulla. Oggi che siamo più grandi ci rendiamo conto che la realtà degli ultimi anni, con la maggior diffusione dei social media, non è poi così tanto lontana dalla fiaba. Mi spiego meglio. Se la regina Grimilde fece di tutto per offuscare la bellezza di Biancaneve, (in quel caso tentando di ucciderla), oggi la Grimilde in versione digitale la si può trovare in una qualsiasi persona che critica duramente la bellezza o non bellezza di qualcun altro. Il cosiddetto fenomeno che ultimamente viene spesso citato con l’espressione: body shaming.
Mi direte, molto probabilmente, che il suddetto fenomeno non c’entra molto con il riflettere sé stessi allo specchio, invece, io ci trovo una analogia. Si tratta sempre di guardare sé stessi, non allo specchio, ma in una foto pubblicata in un profilo social. La propria immagine è comunque osservabile. Il vanitoso sarà compiaciuto e l’insicuro sarà critico, ma a vederli ci saranno anche altre migliaia di persone che potranno esprimere un loro giudizio sull’immagine. Da qui partiranno i cosiddetti “leoni da tastiera” che offenderanno e derideranno con commenti cattivi l’immagine proiettata nel social.
Grimilde, in questi tempi moderni, userà il suo essere competitivo con la malvagità, come nella fiaba, ma usando le parole al posto del pugnale.
Specchiare, guardare, amare, disprezzare sono tutte azioni riconducibili all’immagine riflessa o fotografata di un corpo fisico e l’essere umano è questo, è materia e forma. Sin dagli albori l’uomo ha naturalmente imparato a guardare sé stesso riflesso su di una lastra di ghiaccio oppure sull’acqua di un lago, pertanto, è una condizione imprescindibile della natura umana quella di volersi guardare e indentificare e sarà sempre così, l’importante, come per tutte le cose, è saperlo fare con moderazione e raziocinio al fine di evitare gli eccessi che non portano a nulla di buono!