SOGNARE E RESISTERE: UNA RAGIONE DI VITA

SOGNARE E RESISTERE: UNA RAGIONE DI VITA

Autore: Stefano Luigi Cantoni

In tempi così cupi e di difficile lettura, non posso che affidarmi ai libri, silenziosi e fidi amici, nonché saggi dispensatori di consigli a costo zero. Una frase tratta dall’Elianto di Stefano Benni, in particolare, mi ha colpito in modo inaspettato: “Ditegli di continuare a sognare, ditegli di resistere.”

Innegabile la potenza immediata di queste otto parole che producono una riflessione accurata e oltremodo necessaria. Di fronte alla profondità di concetti come il sognare e il resistere occorre fermarsi, prendere tempo, rallentare.

Ecco, un primo passo (la conditio sine qua non, per dirla alla latina) credo stia proprio nell’invertire la velocità di marcia. Troppe volte mi sorprendo nell’osservare (io corpo estraneo in un modo di estranei) gli altri miei consimili viaggiare, produrre, respirare e vivere a ritmi vertiginosi, inumani e innaturali.

Sento sempre più impellente il bisogno di rallentare, di riportare le lancette del tempo su dinamiche più leggere, meno impellenti, meno performanti: in una parola, evadere. Perché di questo si tratta, se si vuole provare a salvarsi dalla melma mediocre che tutto fagocita e tutto vomita con la stessa (fredda) meccanicità. Occorre rallentare, e di molto.

Il sogno, che sia ancorato in qualche presente vivibile e reale o astruso e azzardato, si nutre di tempi diversi. I tempi del sogno non rispecchiano i tempi del quotidiano, della necessità, dell’orologio che (implacabile, mannaggia a lui) scandisce nascite, compleanni, matrimoni, malattie e funerali.

No, signori cari, il sogno viaggia su altri binari, e sono quelli dell’immaginazione, della fantasia, delle notti infinite al chiarore di stelle, delle veglie dinanzi al camino aspettando sorprese che, forse, mai arriveranno.

Ma l’attesa, in fondo, è essa stessa tempo, motivo e ragion di vita, di esistenza. Anzi, di resistenza, come dice il nostro Benni. Perché sognare è resistere, innalzare un muro di difesa, proporre un’alternativa valida alla (inarrestabile) corsa del tempo, che ha nella vita fisica e sensibile la sua più alta espressione di movimento (e, al tempo stesso, di caducità, a voler provocare i più ottimisti).

Il sogno, in letteratura come in musica e in ogni altra arte, consiste nel creare un tempo nuovo, mai visto ne sentito ne pensato, un tempo zero in cui tutto è possibile, o lo sarebbe stato o, meglio ancora, lo potrebbe essere in futuro. 

Una realtà che (finalmente!) si stacca, seppur per qualche istante dalla velocità inarrestabile di un mondo che, a guisa di cascata imbufalita, non fa altro che travolgere chiunque si trovi sul suo percorso (si, perché il tempo è come una linea che percorriamo solo in minima parte…)

Sognare e resistere: un’azione (o intenzione) implica l’altra, perché senza sogno non c’è resistenza, non c’è speranza, non c’è quel distacco che consente di preservare il nostro Io in mezzo al mare magnum di mediocre appiattimento che ci affoga quotidianamente. Senza resistenza non c’è sogno, perché solo la volontà di trovarsi (e trovare) un mondo alternativo a quello che ci è stato dato (non l’abbiamo scelto!) ci consente di proseguire nel viaggio onirico.

Ma sognare è, anche, resistere: qui la summa concettuale raggiunge l’apice, alleggerendoci le membra, rendendoci il respiro meno affannoso, concedendoci riposi finalmente sereni. Un mondo vaporoso ma consapevole, alternativo ma inclusivo, ambizioso ma non supponente: in una parola, libero.