Autore: Sabrina Fava
Sono una ragazza romagnola e posso raccontarvi la mia storia per come l’ho vissuta.
Nell’attesa che lo scrosciare dell’acqua sulle strade terminasse la sua corsa, abbiamo vissuto con la consapevolezza della vita come mai prima.
Frasi come “L’acqua sta arrivando” e “Rifugiatevi ai piani alti” ci hanno avvelenato i timpani per giorni. Nessuno pensava che la situazione sarebbe stata così grave, nessuno pensava che l’Emilia-Romagna avrebbe dovuto fronteggiare una difficoltà tale. Tuttavia, quando alle sei meno un quarto di mattina del 17 maggio 2023 l’acqua ha cominciato a filtrare dalla rete del cancello di casa mia, ho compreso che l’emergenza era reale e non il solito “allarmismo innoquo”.
Non ha senso tuffarsi nuovamente nel ricordi dolorosi, dato che siamo usciti dal tunnel e abbiamo cominciato a vedere la luce. La luce si ritrova anche negli angoli più tenebrosi diceva il caro e vecchio Silente di Harry Potter. Noi non avevamo nemmeno quella. Niente luce, niente gas, niente acqua. Niente acqua, un paradosso interessante. E così la prima sera ci siamo ritrovati a cenare con un grande candelabro al centro della tavola manco fossimo nel 1800. Abbiamo mangiato ciò che abbiamo trovato in freezer e in frigo, senza la corrente c’era il pericolo che si deteriorasse il cibo. Dopo qualche giorno una persona a me cara mi ha detto che a causa della catastrofe naturale, dell’alluvione, per la prima volta dopo anni, si è ritrovata a cenare insieme alla sua famiglia a un unico orario a un solo tavolo. La quotidianità spezzetta vite e collimare gli impegni per trascorrere del tempo in compagnia sembra come giocare una partita a Tetris. Si è alla ricerca dell’incastro perfetto. Perciò, eccola lì, questa è la luce in fondo al tunnel. Una scomoda scusante per stare insieme, per la solidarietà, per amarsi, per abbracciarsi una volta in più.
Noi abitanti emiliano-romagnoli siamo un popolo dedito al lavoro, non ci lasciamo scoraggiare, l’unico ostacolo era l’impossibilità di agire, l’impotenza di fronte alla potenza dell’acqua. Il mondo che si blocca e il tempo che si ferma nell’attesa per poter fare qualcosa, per poter ricostruire ciò che ci veniva portato via, eroso, lentamente. Ho ricevuto chiamate da vecchie conoscenze che non sentivo da anni, messaggi sui social da persone che non ho nemmeno mai visto, non c’è stato un singolo istante in cui ho provato solitudine. Anche in quei giorni in cui la linea andava a singhiozzo sapevo di non essere isolata dal mondo, da lontano le persone stavano pensando a me, stavano pensando all’Emilia-Romagna.
Quando il sole ha cominciato a splendere e il rumore dell’acqua ha terminato di far da sottofondo è giunta la parte più difficile. Abbiamo dovuto valutare i danni ma finalmente abbiamo potuto riunirci e metterci al lavoro. Ore sotto il sole a spalare fango, eravamo tutti nella stessa “melma” (per non dire altro) e si è instaurato un legame di solidarietà e unione che non avevamo mai sentito prima. La calamità naturale non è stato un ostacolo, non ha permesso una corsa all’egoismo per chi riusciva a trovare più sotterfugi per salvare la propria casa. È stata una campagna per l’unione. Uomini, donne, bambini, ragazzi, adolescenti, eravamo tutti insieme a ricostruire la nostra Emilia Romagna.
Io ero insieme al mio paese, Solarolo, la “città del sole” per permettere che ricominciasse a valere tanto quanto il significato del suo nome.
NOTE DI REDAZIONE
Tutti possono partecipare alla raccolta fondi effettuando un versamento all’Iban IT69G0200802435000104428964 e riportando la causale “alluvione Emilia-Romagna”. È possibile donare anche dall’estero con il codice Bic Swift: UNCRITM1OM0.
Il conto corrente è intestato all’Agenzia per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile dell’Emilia Romagna.