Autore: Lorenzo Grazzi
Dal 1959 la Mattel ha iniziato a produrre una bambola rappresentante un modello femminile che avrebbe complessato milioni di bambine nei decenni successivi: se non eri alta, bionda, magra e con un guardaroba infinito non eri nessuno. Che poi non si è mai capito cosa facesse Barbie per permettersi tutto quel lusso… il cavallo, la casa con piscina, le feste con gli amici… non ci vedo chiaro in questa cosa…
Comunque non è di Barbie che vi voglio parlare ma di una ricerca di queste settimane: pare che gli scienziati abbiano scoperto che i laghi del Nord America sono pieni di micropastiche, così pieni da mettere a repentaglio la vita non solo dei pesci che li popolano, ma anche più a valle nella catena alimentare fino ad arrivare all’uomo.
– Anche voi avete notato come gli scienziati siano bravissimi a scoprire cose già note? –
Qualche mese fa altri studiosi avevano già certificato un accumulo di microplastica all’interno del corpo umano: secondo gli studi sarebbe da attribuire in parte alle bevande e in parte al cibo.
Per quanto riguarda quest’ultimo l’accumulo deriva dalla catena alimentare che citavamo poco fa: microplatica in mare, pesce che mangia la microplastica, pesce più grosso che mangia tanti pesci che hanno mangiato la microplastica, uomo che mangia tanti pesci che hanno mangiato tanti pesci che hanno mangiato tanta microplastica.
Se non bastasse il Giappone ha iniziato le attività di smaltimento dell’acqua usata per raffreddare i reattori di Fukushima dopo il disastroso tzunami che ha colpito la centrale nucleare… ovviamente lo sversamento, che pare durerà almeno 30 anni, avviene in mare dove sperano che la vastità dell’oceano sia sufficiente per tenere sotto controllo la carica radioattiva… che è un po’ come mettere la polvere sotto il tappeto.
Quindi se vi dicono che il pesce contiene mercurio, ringraziate e pregate che contenga solo quello.
Non è che vada meglio sulla terra: le microplastiche raggiungono sia le falde acquifere che i campi, entrano nell’alimentazione degli animali da allevamento e tramite loro giungono felici fino a noi.
E qui si fermano… o meglio… si accumulano nei nostri organi, in particolare nei reni e nel cuore (organo per altro di poco conto).
Allo stato attuale NON esiste nessuna legge, nessuna certificazione, nessuna speranza che il vostro ultimo pasto non sia stato a base di plastica.
Tradotto: ogni volta che mangiate vi avvelenate.
Non c’è nulla che impedisca alle microplastiche di andarsene a zonzo. La loro dimensione microscopica gli consente di passare attraverso qualunque barriera meccanica, tessuti compresi, quindi è solo questione di tempo prima che la loro presenza sul pianeta diventi una questione clinica cronica per chiunque.
Presto potremmo essere ridotti come quelle foto che girano sui social con balene o altri animali marini morti sulla spiaggia con lo stomaco pieno di plastica (la differenza rimane che non sono stati loro a gettarla).
L’uomo del futuro sarà esattamente come Barbie: pieno di plastica.