SIAMO SICURI CHE NONOSTANTE SIAMO FOTTUTI CI SIA ANCORA UNA SPERANZA?

SIAMO SICURI CHE NONOSTANTE SIAMO FOTTUTI CI SIA ANCORA UNA SPERANZA?

Autore: Sabrina Fava

L’imprenditore e scrittore Mark Manson noto per il bestseller “La sottile arte di fare quello che c***o ti pare” (di cui ho fatto una recensione qui sul Barnabò qualche mese fa, perciò, recuperatela se vi va. E se non vi va fatelo lo stesso) ha portato sul mercato un altro prodotto interessante.

“Siamo fottuti ma forse c’è ancora una speranza” (ed. Newton Compton Editori, 2019) inizia con un preambolo che fa dubitare di questa medesima agognata speranza.

“Questa però non è una storia di speranza. In questa storia va tutto a puttane”.

Ed è il momento in cui il lettore si ritrova con le sopracciglia aggrottate e riguardando la copertina si domanda se ha fatto bene ad acquistare il libro di Manson. Ciò che desiderava era ritrovare la speranza, un saggio sull’auto aiuto in cui l’autore era in grado di dare dei consigli così efficaci da risolvere in quattro e quattr’otto ogni problema.

Spoiler: è impossibile e lo conferma il nostro caro Mark.

Proprio per questo focalizzando l’attenzione nuovamente sul titolo si evidenzia la parola “forse”. 

“La speranza è l’ultima a morire” ma al tempo stesso “Chi vive sperando, muore cagando”. Perciò, a che cosa serve la lettura di questo libro?

Il saggio di Mark Manson ci fa comprendere come il cambiamento del mondo possa influire sulla mentalità delle persone. Il paradosso del progresso è il fulcro.

“Meglio vanno le cose, più ci disperiamo. È il paradosso del progresso. E forse il fenomeno è sintetizzabile in un dato sconvolgente: più il Paese in cui vivi è ricco e sicuro, più alte sono le probabilità che tu ti tolga la vita”.

Il benessere non è certamente la quotidianità di ogni essere presente sul pianeta Terra, ma lo è per molti. Una volta che sono state contrastate le necessità primordiali, tali dormire, mangiare, riprodursi (evitiamo di usare il colorito linguaggio alla Mason), il cervello ha libero accesso alla lunga maratona verso la soddisfazione dei desideri secondari. Ed è quello il momento in cui giunge l’insoddisfazione. La costante ricerca del benessere è avvelenata da una distorta visione della sopravvivenza che è oramai data per scontata. 

“Perché più il mondo migliora, più cose abbiamo da perdere. E più cose abbiamo da perdere, più ci pare di non avere nulla in cui sperare”.

Perciò serve la speranza? Sì, la speranza serve ma è una pura e mera utopia. Manson proclama a gran voce che uno dei più grandi esempi di “speranza” nella storia dell’essere umano sia la religione. Un compromesso per accettare la vita e la morte, un motivo per comportarci bene in vita così da avere un epilogo piacevole nella speranza di sventare le fiamme infernali.

L’accettazione della realtà è la soluzione. E la soluzione è rendersi conto per cosa vale veramente la pena vivere per la propria serenità.

“L’unico modo per salvarci è accettarci: accettare le nostre emozioni e collaborarci invece di ostacolarle”.