Autore: Anita Orso
Dal 1983 al 1989 ho guardato sulla RAI, tutte le puntate e sottolineo tutte, della serie tv statunitense Saranno Famosi, ideata da Christopher Gore.
Accidenti a me! Così scrivendo ho appena spoilerato che la mia data di nascita è precedente agli anni Novanta!!! Pazienza! Speravo di riuscire ad ingannarvi ancora un pochino sulla mia età, visto il mio Avatar nella biografia pubblicata nel sito, per il quale, tra l’altro, ringrazio quotidianamente il nostro direttore Michele Larotonda per avermi ringiovanito di almeno vent’anni!
Comunque, tornando alla serie tv di grande successo (ha vinto agli Oscar, ai Golden Globe e agli Award) vi racconto perché rimanevo incollata allo schermo a guardarla. Ero un’adolescente e fino ad allora avevo ignorato l’esistenza di una scuola di Arte in cui si imparasse a ballare, cantare e recitare. Fu proprio la “New York School of the Performing Arts” a catturare la mia attenzione. Ero affascinata da quei giovani ragazzi che avevano pressappoco la mia età e che andavano tutti i giorni a scuola per divertirsi, mentre io ci andavo per sedermi al banco, per studiare le solite materie e per giunta senza divertirmi. Confrontavo la mia quotidianità con la loro che appariva molto più stimolante e più bella. In quegli anni, già affascinata dal mondo dello spettacolo, non avevo però realizzato che definirlo “divertente” derivasse da una valutazione alquanto superficiale.
L’Arte e lo Spettacolo sono il frutto di un impegno costante, di uno studio approfondito, di sacrificio, di passione e di dedizione. Saper cantare, recitare e ballare non sono capacità improvvisate, certo il talento è necessario, ma non è assolutamente sufficiente. Ci sono moltissime persone che sognano di diventare famose nel mondo dello spettacolo. Soprattutto nell’ultimo decennio la rincorsa alla fama, alla notorietà sembra essere fondamentale per la propria realizzazione sia personale sia economica. Offuscare la vera Arte, camuffandola con una attitudine più incline al mero esibizionismo senza alcuna sostanza è il rischio concreto in cui si può incorrere.
Negli ultimi vent’anni sono approdati nella TV italiana dei format chiamati talent show che richiamano alla memoria la serie Saranno famosi. Per partecipare a questi programmi ci sono dei giudici e degli insegnanti che provinano migliaia di aspiranti artisti e li eliminano qualora non rientrino nello standard del programma dal punto di vista tecnico e/o espressivo. Con una selezione da parte di professionisti nell’ambito artistico, fortunatamente non si rischia di vedere o ascoltare casi umani disperati che pur di apparire in video farebbero di tutto, vedasi certi cosiddetti “influencer” della rete, che si improvvisano cantanti o ballerini se non addirittura scrittori, ma su questo argomento ci sarebbe molto da disquisire!
Io personalmente seguo questi talent perché mi piace molto lo spettacolo; la musica, le coreografie le luci, le scenografie, insomma tutta la macchina che fa funzionare una messa in scena capace di fare emozionare.
Ci sono diversi format, quelli esclusivi sul canto come XFactor, The Voice e Amici che è quello più longevo, con vent’anni di messa in onda, in cui oltre al canto c’è la categoria del ballo; nelle primissime edizioni c’era anche la recitazione.
Quando inizia una edizione di Amici, che è il talent che preferisco perché ci sono entrambe le categorie, assisto con curiosità alla scelta degli alunni della scuola. Non mi limito a conoscere il nome e la specialità del fortunato o fortunata ad essere piaciuto/a all’insegnante del caso, ma osservo da subito la sua attitudine, la cosiddetta prima impressione per me è molto significativa e puntualmente comincio a simpatizzare. Che cosa osservo da davanti ad uno schermo piatto che mi proietta un’immagine bidimensionale? Niente di così trascendentale, ma guardo le espressioni del volto, ascolto le parole dette e pur non essendo un tecnico del canto o della danza ho un gusto personale e so dare un giudizio sulla bravura se dopo l’esibizione mi rimane qualcosa, altrimenti, se mi sovrasta l’indifferenza vorrà dire che mi riserverò di vedere le successive esibizioni; tutto sommato non sono così tranchante da subito!
Il mondo dello spettacolo è incredibile, è composto da una moltitudine di persone che lavorano dietro le quinte e senza di loro la performance dell’artista sul palco non sarebbe la stessa. Purtroppo, con la pandemia, negli ultimi due anni, lo spettacolo e la cultura sono stati maggiormente ignorati, sono stati definiti attività superflue di cui si poteva farne a meno. L’emergenza ha costretto a delle scelte a tutela della salute pubblica, ma definire il teatro, la musica, la danza, i concerti i cinema, attività superflue e non essenziali è come riconoscerne l’inutilità e a questo punto voglio riportare un frammento del discorso di uno scrittore e drammaturgo italiano che proprio in questi ultimi giorni ha ricevuto a New York ben cinque Tony Awards (premio paragonabile agli Oscar per il teatro) confermando così la sua bravura oltre oceano, con l’opera teatrale “Lehman Trilogy”. Parlo di Stefano Massini, che due anni fa in un intervento ad un programma di approfondimento politico disse che se l’arte e la cultura sono inutili, perché allora durante il lockdown, gli inutili film e le inutili canzoni alla TV o negli Ipad sono riusciti a tenere compagnia agli italiani? Senza inoltrarmi oltre, voglio semplicemente dire che sono d’accordo con Massini quando dice che lui non è “inutile” in quanto artista, perché ricordo proprio l’edizione del 2020 di Amici in cui lo studio era vuoto, privo di pubblico, tutti mantenevano le distanze e nell’aria si percepiva la paura del contagio. Tuttavia, gli autori decisero di tenere compagnia agli spettatori come me, e proseguirono con lo show, offrendo l’arte e lo spettacolo, in un momento in cui tutti i media erano tempestati da pessime notizie.
Da questi programmi televisivi sono usciti molti artisti promettenti ed alcuni di loro hanno fatto carriera nel mondo discografico, coreografico e teatrale. È sufficiente citare i cantanti Emma Marrone, Alessandra Amoroso e Marco Mengoni che cavalcano l’onda del successo da più di dieci anni e poi ce ne sono tanti altri che hanno saputo cogliere la grande opportunità che offre il programma e hanno trasformato quella che era una passione in un mestiere.
Quando parlo di opportunità lo faccio con un fine preciso, perché molte sono le persone dotate delle qualità per affermarsi nello spettacolo, ma non tutte ci riescono, poiché non è facile emergere nel mondo dell’Arte; spesso mancano le due G: essere nel posto Giusto e nel momento Giusto.
Tuttavia, lo dico io che con l’Arte non ho spiccato il volo verso l’alto, ma sono rimasta a planare a quota media, che non bisogna mai atterrare sconsolati, ma persistere perché le buone occasioni possono sempre capitare e allora in quel caso come si dice? «Prendi l’occasione al volo!»