QUELLA PAURA…

QUELLA PAURA…

Autore: Sabrina Fava

Ogni bambino ha avuto timore di quella casa, di quella porta, di quella scala. Un riverbero di terrore che riecheggia nelle notti in cui si è da soli, nello scricchiolio di un’asse del pavimento, nel gocciare del lavandino del bagno buio.

La maggior parte delle storie horror che circolano su carta e pellicola si basano sulle paure nascoste sotto il velo della razionalità. Pietre miliari come It di Stephen King e Harry Potter di J.K. Rowling hanno come fondamento questo principio: riportare alla luce ciò che si nasconde nell’irrazionalità. Il pagliaccio ballerino, mostro ideato dalla mente del grande Re, si trasforma nelle peggiori paure degli umani che si ritrova davanti. Uno zombie, un lebbroso, un licantropo. Lo stesso vale per la creatura senza forma, il molliccio, inventato dalla donna tanto discussa negli ultimi anni. Una luna piena, un ambiguo professore, un serpente.

La mente dei bambini è estremamente più semplice di quella degli adulti e, molto spesso, accoglie l’inspiegabile a braccia aperte. Tutti hanno temuto una vecchia casa diroccata alla fine della via o dispersa nella campagna, una di quelle case con i licheni a imbrattare la facciata e un pozzo vuoto al centro del giardino. Tutti hanno creduto alle vecchie storie di paura che gli venivano raccontate dagli anziani. Tutti hanno avuto timore nel momento in cui Mamma si chiudeva la porta alle spalle. Tutti hanno creduto alle dicerie che riguardavano quella strana persona.

Nonostante possano essere passati anni, certe sensazioni primordiali persistono. L’innesco è ancora lì, all’apice della struttura ad albero dei ricordi. Si manifesta con un brivido lungo la schiena, l’istinto di volgere lo sguardo alle proprie spalle, sbirciare, con la coda dell’occhio, gli angoli bui. Un machiavellico meccanismo mentale che porta a desiderare di rivivere quei momenti con le iridi di qualcun altro. Un’antica teoria filosofica sostiene che l’essere umano goda nel prendere visione  di tragedie, in questo caso libri o lungometraggi, in cui prova paura. Non per uno slancio masochista ma per semplice desiderio di provare pietà e misericordia.

Una teoria alquanto particolare ma, pensando alla complessità del cervello umano, nemmeno troppo lontana da ciò che può essere verità. Così pare che gli amanti dell’horror possano avere un cuore tenero al centro del petto.