Autore: Michele Larotonda
Essere nato in un luogo, ma poi essere cresciuto altrove può avere i suoi vantaggi e può essere la tua condanna a vita.
Può essere un vantaggio perché, in un certo qual modo, ti fa sentire speciale e non omologato al gregge. A scuola, soprattutto fino alle medie, tutti i tuoi compagno sono nati nello stesso luogo, nella stessa città, alcuni nello stesso ospedale, ma tu no! I tuoi genitori hanno scelto diversamente e quindi ti hanno fatto nascere in un’altra città, in un’altra realtà, in un’altra situazione. Quindi, quando lo dici in giro, è facile trovarsi di fronte a domanda del tipo: Perché? Come mai? E infine ci sono quelli che non hanno mai niente da dire se non: OOOHHH! UUUHHH!
Lo svantaggio dipende dal luogo dove sei nato. Ad esempio se tutti sono nati a Milano e tu a Castelnuovo Bariano, vi voglio vedere a spiegare dove diamine si trovi, spiegare la ragione sul perché i tuoi genitori si trovavano lì e infine spiegare o raccontare le bellezze artistiche e turistiche del luogo.
A proposito non me ne vogliano gli abitanti di Castelnuovo Bariano, era solo un esempio.
Io stesso sono cresciuto e vissuto a Milano e probabilmente ci vivrò tutta la vita finché il mio corpo avrò respiro, ma non sono nato qui, bensì a Potenza e questa è stata la mia condanna e la mia fortuna. Condanna e fortuna che ho superato forse negli ultimi anni.
Condanna perché, nel bene e nel male, Potenza non è mai stata una città conosciuta, ma non solo lei, direi tutta la Basilicata, tant’è vero che in un film di Rocco Papaleo si diceva che la Basilicata è fin po’ come il concetto di Dio, se ci credi esiste. Quindi quando pronunciavo la parola Potenza o Basilicata venivo spesso visto come un alieno sceso sulla penisola italica. E quanto me la prendevo! Mi arrabbiavo anche coi miei che mi avevano fatto nascere in un luogo dimenticato dai più. Diamine ero a Milano, conoscevo Milano, avevo amici a Milano, conoscevo strade, negozi, luoghi e in più non avevo alcuna cadenza dialettale, eppure ero quello di Potenza, ero quello della Basilicata, ero quello che pronunciava l’articolo GL con un suono che faceva ridere.
Fortuna perché, in fondo, la Basilicata aveva segreti storici, architettonici, culturali, flora e fauna sconosciuti ai più e quindi mi sentivo parte di un élite ideologica, perché era solo nella mia testa.
Potrei andare avanti per pagine con una storia del genere. Vi potrei raccontare quante volte la Basilicata, Potenza e Milano si sono incontrate sulla mia strada, a volte rendendomi la vita difficile e altre volte semplicemente orgogliosa. Come quella volta che un mio compagno mi raccontava che quando andava in vacanza in Sicilia, spesso capotava che la mattina in bagno non ci fosse l’acqua perché terminata nella cisterna e quindi bisognava aspettare che arrivasse il camion per riempirla. Rimanevo stupito, in Basilicata avevamo tanto di quell’acqua che non sapevamo bene cosa farci. Difficile perché sentivo i compagni che andavano in vacanza in giro per l’Europa, sui monti di Cortina, nella calette sarde della Maddalena e io? Io solo ed esclusivamente Basilicata. Tutto questo fino ai diciotto anni. Età che rappresenta da sempre, lo spartiacque dell’infanzia/adolescenza con una auspicata pretesa di maturità.
Eppure se ancora oggi penso alle estati trascorse lì, mi viene da sorridere. È stato il teatro di tante prime volte. La prima vera pedalata in bici in luoghi che non erano il semplice giardino pubblico, il primo motorino, i primi innamoramenti, i primi baci, la scoperta di un corpo femminile, la prima sigaretta, la prima sega e infine le prime separazioni con la morte dei nonni e con essi la fine di un epoca che non tornerà più.
Da allora ci sono tornato raramente, solo per qualche ricorrenza e soprattutto per presentare mia moglie quando mi sono sposato e poi mio figlio quando è nato otto anni fa orsono. Ecco, matrimonio e figlio sono di Milano.
Perché la mia vita è in questa città, ne ho parlato nei miei romanzi, ne scrivo sui giornali con cui lavoro, eppure c’è, sempre quella spina nel fianco che mi fa guardare in giro e sentire sempre quella voce: Uè Larotonda non sei mica un milanese eppure ti voglio bene.