QUANDO MUORE UNA REGINA

QUANDO MUORE UNA REGINA

Autore: Lorenzo Grazzi

Oggi il mondo saluta la regina Elisabetta II attraverso i funerali di stato come si convengono. Un giorno triste che segna la fine di un’era, in perfetto allineamento con i cambiamenti epocali che questi anni stanno segnando.

L’ultimo legame con quel passato relativamente sicuro, incentrato su persone e tradizioni immutate per decenni è ormai spezzato.

Non sono un monarchico, sia chiaro, ma Elisabetta II ha rappresentato qualcosa che va oltre il governo di una Nazione; è stata un punto fermo della politica internazionale, mentre i governi si alternavano con poca continuità un po’ ovunque, mentre personaggetti di poco spessore salivano alla ribalta per qualche mese prima di tornare a occupare le file delle meteore politiche mondiali, la Regina è rimasta a guardia del mondo, un fulcro sempre presente ai suoi doveri attorno al quale è ruotato quasi un secolo, perché dal Novecento in poi i secoli sono sempre più brevi e settant’anni di regno sono stati davvero più di una vita.

Come si valuta un buon lavoratore? È puntale? Fa il suo dovere? Si impegna in quello che fa? Credo sia troppo facile giudicare dall’esterno, ma io preferirei concentrarmi più su Elisabetta che sulla Regina.

Ricordate il 1952? Probabilmente no, non eravate nemmeno nati… il mondo era ancora a pezzi dopo i disastri di due Guerre Mondiali che avevano spezzato più gli animi che le Nazioni.

In quell’Europa dal cuore rotto veniva incoronata Elisabetta che a 25 anni si trovava su un trono impegnativo e pesante da reggere.

Una donna, a raccogliere le macerie di un Paese bombardato. Oggi ci battiamo per la parità di genere (o almeno diciamo di batterci), negli anni Cinquanta non la si conosceva nemmeno, ma ci si aspettava da una sovrana con illustri precedenti che si comportasse non solo da uomo, ma anche da uomo retto, giusto, una guida maschile in gonnella.

Elisabetta non è mai venuta meno al suo dovere, non ha mai ceduto, non è mai stata fragile davanti agli obblighi verso il suo regno.

Questa rigidità nei confronti delle emozioni le è sempre costata cara, sopratutto quando a Palazzo è arrivata Diana, che invece le passioni le viveva fino in fondo. 

Ma cos’avrebbe dovuto fare? Ci raccontiamo che ci piacciono le persone vere, fatte di sentimenti, passiamo le serate a guardare la De Filippi che mostra buste attraverso le quali scorrono fiumi di lacrime. Ma quelle sono le persone comuni, il popolo che si può permettere il lusso di emozionarsi. Elisabetta non ha mai potuto cedere, come donna in un mondo di uomini, come madre in un mondo di figli, come regina in un mondo da reggere.

Con Elisabetta se ne va una donna che per settant’anni ha guardato il mondo da un punto di vista privilegiato, superiore, eppure solitario.

“Sua Maestà” l’hanno chiamata i nipoti per tutta la vita, mai “nonna” nemmeno per sbaglio, quella parola dolce che riempie la bocca e il cuore, perché la tenerezza non era prevista dall’etichetta toccatale in sorte. 

Lei, figlia dei Duchi di York, divenuta erede solo a causa dell’abdicazione dello zio che aveva lasciato il trono per seguire il cuore e sposare un’attrice americana.

Lei che a quattordici anni voleva arruolarsi per prestare soccorso ai soldati feriti perché “era suo dovere”, lei che guardava le passioni di corte (prima dello zio, poi Carlo e Diana, e ancora Harry e Meghan) senza potersi nemmeno avvicinare a quella sfera emotiva pericolosa per il compito che le era toccato in sorte.

Oggi il mondo saluta una donna che nella sua vita ha retto un ruolo e un Paese come pochi uomini hanno saputo fare. Oggi se ne va non solo una Regina, ma un modello di potere al quale tutti ambiscono ma per il quale nessuno è disposto a fare i sacrifici che ha fatto Elisabetta.

La donna sotto la corona è quello che dovremmo ricordare di lei, la sua abnegazione, accordandogli anche qualche errore, qualche scivolone. 

Ma voglio concludere dicendo che non sono molte le persone che hanno saputo stare al passo con i tempi attraversando settant’anni come quelli che ha attraversato Elisabetta. La nostra politica (e non solo la nostra), ha dimostrato spesso di non saper vivere nel presente e anche per questo, credo credo sia obbligatorio rispettare la regina Elisabetta II.