Autore: Lorenzo Grazzi
L’essere umano moderno è mediamente molto più pigro dei suoi antenati. Fino a mezzo secolo fa c’erano le ore incessanti nella campagna o nelle fabbriche, con pochi diritti e molti doveri, mentre ora viviamo di smart, di spesa online e fast life. Non ci pesa nemmeno un po’ pagare un servizio che ci permetta di adattare la nostra pigrizia alla vita.
Diventiamo però furenti quando ci chiedono di pagare l’informazione. Avete fatto caso che i giornali non si vendono quasi più e le testate online sono costrette a proporre brevi notizie gratuite per cercare poi di convincere i lettori a sottoscrivere un abbonamento per poter approfondire?
Ma noi non cederemo a questo ricatto, vero? L’informazione è di tutti e deve essere libera e gratuita!
Sì, va bene, ma i giornalisti di cosa scampano?
I giornali hanno tutti delle spese e devono avere delle entrate perché i giornalisti si pagano, e si pagano ancora di più se gli si chiede di fare inchieste e non limitarsi ad articoletti raffazzonati che mettano in luce il loro punto di vista sugli eventi del mondo.
Ma possono farlo se sono tenuti a galla dagli sponsor (pronti a sfilarsi appena cambia il vento)?
I giornali devono vendere (anche quelli online) e per farlo hanno due strade: riempirsi di pubblicità o proporre articoli ad alto livello di clic. Sì, perché ogni clic fa guadagnare le testate e più sono i clic più aumentano i marchi che decidono di pubblicizzare i loro prodotti su quel giornale.
Facciamo semplice: se siete un imprenditore e avete un prodotto da pubblicizzare è altamente probabile che scegliate di farlo su un giornale che ha 1.000.000 di clic al giorno piuttosto che su uno che ne ha 1.000, che dite?
La soluzione è aumentare i clic e per farlo c’è un solo modo: dare al pubblico qualcosa di goloso.
Ecco spiegati titoloni altisonanti e provocatori (seguiti da articoli di dubbia integrità e contenuti irrilevanti), ecco perché casi di nullità atomica come la separazione del cantante dall’influencer o della velina dal calciatore riempiono le pagine di tutti i quotidiani.
Articoli futili, semplici, morbosi sulla quotidianità dei VIP (ma chi sono poi questi VIP?) attirano il pubblico come falene, portano clic e quindi entrate.
Ma a farne le spese sono i lettori che, invece di ritrovarsi servizi di inchiesta o notizie attestate da fonti e ricerche, si ritrovano con del mero gossip fine a sé stesso.
Mentre il mondo va a fuoco la disinformazione dilaga annegata dal gusto pettegolo del popolino che rimane poi spiazzato, non capisce e annaspa quando la realtà bussa prepotente alla porta e impone il suo passo.
Mentre le guerre scoppiano scagli la prima pietra chi conosce davvero a fondo la questione palestinese, la storia di Gaza o del perché la Russia abbia posto le basi per una guerra che ha davvero ripercussioni nel nostro quotidiano.
Mentre sedicenti star dello spettacolo raschiano notorietà per la loro normalità noi rischiamo di essere culturalmente impreparati ad affrontare il futuro.
Ma, fermi tutti, l’informazione dev’essere di tutti (e il più superficiale possibile).