MONNA LISA: MITO O LEGGENDA?

MONNA LISA: MITO O LEGGENDA?

Autore: Gianluigi Chiaserotti

Un punto fermo di un soggiorno parigino è sicuramente la visita ad una delle tante sue “Grandeur”:

il museo del Louvre e quindi a quel capolavoro che lì è conservato.

Mi riferisco a “La Gioconda” di Leonardo da Vinci.  

È l’unico ritratto del nostro genio di cui non sia stata messa in dubbio la paternità. 

La si conosce con due tradizionali denominazioni: “Monna Lisa” (usata soprattutto nel mondo anglosassone) e “Gioconda. La prima risale al Vasari, pittore, architetto e storico dell’arte italiano, mentre la seconda a Cassiano dal Pozzo, intellettuale, mercante e collezionista d’arte. 

Leonardo dal marzo al giugno 1503 si trova a Firenze e, stando al Vasari, inizia a dipingere quest’opera.

Molte ipotesi sono state fatte sull’identità della donna ritratta.

All’inizio del Novecento alcuni critici sostennero che la donna non fosse mai esistita o addirittura che il quadro fosse un ambiguo autoritratto di Leonardo stesso. Oggi si è ritornati ad accogliere le indicazioni di Vasari che aveva identificato l’effigiata in Lisa Gherardini, nata nel 1479 e sposa nel 1495 del ricco setaiolo fiorentino Francesco del Giocondo, fornitore dei Medici e cliente di Ser Piero, notaro, padre di Leonardo. L’artista continuò a lavorare al dipinto per ben quattro anni. Nel 1507 lo portò con sé a Milano e continuò a perfezionarlo fino al 1513. Quindi il dipinto non venne mai consegnato ai due coniugi e seguì il suo autore in Francia. Leonardo, infatti, lo portò con sé quando accettò, nel 1517, l’ospitalità offertagli da Francesco I nel castello di Cloux presso Amboise, dove morirà il 2 maggio del 1519. 

Così giudica il quadro il predetto Cassiano del Pozzo: «Un ritratto della grandezza del vero, in tavola, incorniciato di noce intagliato, è mezza figura ed è ritratto di una tal Gioconda. Questa è la più completa opera che da questo autore si veda, perché dalla parola in poi altro non gli manca». 

Nel 1800, Napoleone Bonaparte la fece trasferire nel Palazzo delle Tuileries, nella camera di sua moglie Josephine di Beauharnais; nel 1805, l’anno successivo alla sua incoronazione a imperatore, ne dispose il ritorno al Louvre, nel “Salon Carrè”. 

Qui rimarrà fino al 21 agosto 1911, data del furto a cui d’Annunzio dedica un saggio. 

Ma chi era Monna Lisa nella realtà?

È il Vasari che lo scrive nel suo monumentale trattato “Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori e scultori da Cimabue insino a’ tempi nostri”, ricco di notizie e precisamente la prima vera e propria storia dell’arte italiana, dove l’Autore dice che Leonardo inizia a fare, per il mercante Francesco del Giocondo, il ritratto della moglie Lisa Gherardini e lo inquadra tra il 1501-1506.

Ma Leonardo si portò il ritratto prima a Milano, poi in Francia, in quanto amava dipingere lentamente, con continui ripensamenti: era un perfezionista e per questa ragione molte delle sue opere sono rimaste incompiute. Sembra inoltre che il quadro non sia mai stato consegnato al suo committente. 

È il ritratto di una donna seduta, con il busto girato verso sinistra mentre il volto è quasi frontale, con una leggera torsione tra la testa e le spalle. 

La mano sinistra poggia sul bracciolo di una poltroncina di legno e lo stringe delicatamente e la mano destra è appoggiata sul dorso della sinistra. 

I capelli ricadono arricciati in piccoli boccoli, sul capo porta un velo nero trasparente. Ai due lati si intravede una balaustra, come quella di un balcone e sullo sfondo vi è uno splendido paesaggio. 

Gli occhi sono castani e sembrano guardare lo spettatore. 

L’espressione da mito o leggenda della Gioconda nasce dagli occhi e dal sorriso appena abbozzato; il risultato è dovuto alla tecnica dello sfumato, applicato agli angoli degli occhi e della bocca, i punti in cui si concentra l’espressione del volto, la tecnica conferisce al dipinto la sua espressione indecifrabile. 

Nello sfondo si vedono rocce, acque, le anse di un fiume, ma nessun albero, e neppure animali e uomini.

Secondo alcuni studiosi Leonardo non dipinge il paesaggio contemporaneamente alla figura (tra il 1501 e il 1506), ma circa dieci anni dopo; che sia reale o interpretato, il luogo è identificato con la valle dell’Arno, nei pressi della gola di Pratantico. Sulla sinistra del dipinto si scorge un ponte con più arcate, si tratta di un ponte romanico sull’Arno, costruito verso la metà del Duecento e dove, ancora oggi, passa l’antica via Cassia. 

Particolarità di questo e di altri dipinti del pittore è la prospettiva aerea, un’invenzione di Leonardo, che fu il primo a teorizzarla e a metterla in pratica.

Il quadro ha diverse vicissitudini, prima di essere esposto definitivamente al Louvre.

Si torna a parlare di questo quadro, che è e resta un mito, dopo che nel 1911 fu rubato da Vincenzo Peruggia, ex operaio del Museo parigino. 

Il furto della Gioconda ha indubbiamente contribuito a renderla immortale in epoca moderna, anche se in Francia il ritratto era molto apprezzato già a partire dal 1850: in alcuni decenni ne fiorirono molte copie, destinate ad acquirenti di ceti colti e agiati. 

Nel frattempo “Monna Lisa” diventa anche un mito letterario.

Nel secolo XX inizia la tendenza opposta; le avanguardie la vedono come un simbolo del passato, i futuristi arrivano persino a rallegrarsi del furto.

Nel 1963 Andy Warhol con l’opera “Trenta sono meglio di una” ne fa una riproduzione seriale equiparandola alle icone di massa che sono tema della sua poetica. 

Ma più si indaga sul dipinto e più domande ed enigmi sorgono. 

Secondo il Vasari Leonardo ritrasse Lisa Gherardini nei primi anni del 1500, ma qualcosa nella descrizione del quadro non torna: ad esempio il Vasari elogia la perfetta riproduzione della peluria delle sopracciglia, ma il volto esposto al Louvre non ha sopracciglia: il Vasari può essersi sbagliato? Oppure Leonardo può aver ritoccato in seguito il dipinto? 

Nel corso degli anni sono nati molti dubbi sulla vera identità della donna ritratta: Francesco del Giocondo era benestante ma non certo appartenente a una delle grandi famiglie fiorentine, per questa ragione alcuni storici l’hanno identificata di volta in volta con diverse donne: Costanza d’Avalos, Isabella d’Este, Isabella d’Aragona, Cecilia Gallerani, Isabella Gualanda, o Caterina, la madre di Leonardo, in un ritratto postumo.

Varie sono quindi le interpretazioni di chi fosse questa donna dietro il suo sorriso unico.

Ecco che questo ritratto è stato realizzato tra il mito, una donna bellissima, ritratta dal da Vinci, su ordinazione, ma anche la leggenda, cioè una donna (il pittore avrebbe voluto essere cosi?) del tutto creata ed inventata.

Ciò potrebbe spiegare perché Leonardo da Vinci portò con se il ritratto e, alla sua morte, lo lasciò al suo allievo Salai. 

Quest’ultima conclusione però non è condivisa in modo unanime. 

Molti autorevoli studiosi continuano a ritenere vera la prima ricostruzione, quella risalente al testo del Vasari. 

La Gioconda resta ancora un ritratto colmo di enigmi e non solo per il suo sorriso, ma noi continueremo ad ammirarla nella sala ad essa dedicata al Louvre.