L’ITALIA CHIAMO’

L’ITALIA CHIAMO’

Autore: Lorenzo Grazzi

Immagine di Darren Tiumalu

No, non scaldatevi, il riferimento all’inno nazionale non ha nulla a che vedere con il calcio (sì, ricerche scientifiche hanno dimostrato che si può usare l’inno d’Italia anche quando non gioca la nazionale).

Anche perché più che “chiamò” sarebbe il caso di dire “è chiamata”.

A dirlo è il 36° rapporto annuale dell’Eurispes, l’istituto di ricerca che ogni anno si occupa di tastare il polso del Belpaese e produrre riflessioni che, si spesa, possano aiutare la politica (ma non solo) a tracciare la rotta da seguire.

Se quello dello scorso anno era un rapporto incerto dovuto all’avvicinarsi delle guerre e a una certa incertezza economica (ormai endemica nel nostro Paese), quello di quest’anno è caratterizzato da una pressione crescente.

Sebbene la politica si stia concentrando ormai da diversi mesi sempre sugli stessi argomenti, gli italiani hanno problemi non risolti con i quali fare i conti.

Per il 55,5 % degli italiani la situazione economica italiana è peggiorata nell’ultimo anno, mentre solo 1 su 10 pensa che ci sia stato qualche segnale di miglioramento. 

Ma che ne sarà del futuro? Per il 33,2 % la prospettiva economica rimarrà stabile nei prossimi dodici mesi mentre per il 31,6 % c’è da aspettarsi il peggio. Non un dato irrilevante.

C’è poi un nucleo del 35,4 % di italiani che percepisce un peggioramento del proprio potere d’acquisto.

Questo clima di incertezza ha portato a fare rinunce come la baby sitter (per il 37,6 %), o della badante (24,3 %). C’è poi una fetta di persone che ha rinunciato alle cure: alle visite specialistiche (il 23,1 %), alle terapie e agli interventi medici (il 17,3%) o ai medicinali (il 15,9 %).

Sembrano solo numeri ma significa, per esempio, che nel nostro paese la disoccupazione del settore badanti è aumentata di quasi il venticinque per cento, ossia, una badante su quattro ora è a spasso. E non sono dati fini a sé stessi, perché è gente che avrà bisogno di sussidi per aver perso il lavoro, sono tasse in meno che rientrano nei forzieri dello Stato, sono persone che hanno bisogno di assistenza che non la riceveranno o della quale si dovranno far carico i famigliari (quando sono in grado di farlo).

Nessuno dei numeri sul rapporto di Eurispes è solo un dato.

Dovrebbe tenerlo ben in mente la classe politica che non è esattamente amica dei cittadini: solo il 33,6 % degli italiani ha fiducia nel Parlamento (mentre una larga maggioranza, il 58 %, dichiara di non fidarsi di questa istituzione). 

Il Presidente della Repubblica (che la riforma della Costituzione vorrebbe impoverire di poteri) è ad oggi la massima istituzione italiana nella quale oltre il 60% dei cittadini ripone la propria fiducia.

Ma se sull’economia e le istituzioni non andiamo benissimo, nella politica estera diamo il peggio.

Nella questione israelo-palestinese le opinioni sono discordanti ma il dato che (almeno a me), fa venire i brividi è quel 15,9 % degli italiani che sminuisce la portata della Shoah (che non avrebbe prodotto così tante vittime), seguita da quel 14,1 % che invece ne nega l’esistenza.

Fortuna che abbiamo un buon Governo… eh, no, nemmeno quello.

Il 72,6 % degli italiani pensa che questo Governo non sia in grado di risanare i conti pubblici, il 59,1 % crede che non sia in grado di tutelare la nazione dagli attacchi terroristici e il 61,8 % crede che non abbia un ruolo nel contrastare la microcriminalità.

Non problemi da poco visto che quasi il 40 % degli intervistati pensa che non sia ancora il caso di parlare di Terza guerra mondiale, ma la ritiene un rischio concreto.

Ne escono abbastanza male anche i Social (mi spiace Zuckerberg): alimentano il cyberbullismo (73,3 %), diffondono fake news (78,3 %), diffondono modelli sbagliati (72,3 %), danneggiano la vita sociale (66,1 %).

E poi ci sono quelli che riguardano la percezione della società, i cosiddetti temi etici, nei quali gli italiani dimostrano molta più lungimiranza della classe politica: il 66,7 % è favorevole all’eutanasia, il 78,4 % sostiene la necessità di aderire a un testamento biologico, e il 47,8 % è favorevole al suicidio assistito.

C’è poi un 64,5 % di persone favorevoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre il 69,3 % pensa che debbano avere maggiori tutele anche all’interno delle coppie di fatto.

Persino l’adozione da parte di coppie omogenitoriali ha sfondato il 54,5 % (registrando un +23,4 % rispetto al 2019).

Insomma, ci troviamo in un Paese che ormai avverte la necessità di prendere una decisione su cosa vuole fare da grande.

Vi lascio a riflettere su questi dati (che, ripetiamolo, non sono solo numeri) con le parole riportate nel rapporto Eurispes:

Fate uno sforzo di immaginazione e ponete di fronte ai vostri occhi una lunga strada. Una strada piena di buche: grandi e piccole, superficiali e profonde, regolari e non. Si presentano di fronte a voi due precise opzioni alternative: tappare le buche? Oppure rifare una strada nuova, magari orientandola diversamente da quella attuale, così da evitare gli ostacoli delle radici degli alberi e altri elementi naturali che alterano la sua superficie? Insomma, è preferibile l’adattamento o la trasformazione? È preferibile orientarsi verso una politica che tenta di porre un argine alle emergenze con interventi anche adatti, ma non risolutivi, oppure una riforma profonda, faticosa anche complessa, che ristrutturi in modo lungimirante e funzionale un intero sistema? 

Avremo il coraggio di essere coraggiosi?

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