Autore: Stefano Luigi Cantoni
Mi sono imbattuto di recente in un racconto di Natalia Ginzburg dal titolo Le piccole virtù che, tra l’altro, dà il titolo all’omonima raccolta uscita nel 1962, racconto in cui la scrittrice e drammaturga italiana si sofferma su cosa valga la pena insegnare ai propri figli.
Poche righe, a dire il vero, ma ammantate di una profondità disarmante e perciò degne di essere approfondite in questo spazio letterario, tanto per il contenuto quanto per la forma con cui la Ginzburg conferisce vita e attualità alle sue parole.
Ecco il passaggio in questione, tratto dall’incipit del racconto sopra citato:
“Per quanto riguarda l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità; non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere.”
Una netta distinzione viene posta dunque tra virtù “piccole” e virtù “grandi”: la prima grande contrapposizione che incontriamo è quella tra il risparmio e l’indifferenza al denaro, da intendersi il primo come attaccamento morboso e irrinunciabile ai soldi e la seconda come capacità di saper anche fare a meno di tale smania, facendosi bastare quanto necessario per vivere.
Come non rinvenire tracce stoiche di Seneca e del suo De tranquillitate animi in questo primo spunto! Attuale, disarmante e centratissimo il tema del denaro, così come quello della verità affrontato dalla Ginzburg poco dopo.
L’astuzia (intesa come volontà di circuire gli altri, stile Azzeccagarbugli manzoniano) fa da contraltare a una ben più nobile schiettezza (l’onestà intellettuale, mi vien da dire) e a un commovente e ormai rarissimo amore alla verità.
Proprio di verità oggi vi è fame, come forse mai prima, e in tal senso educare alla ricerca di ciò che non è fasullo o artefatto può rappresentare un volano di salvezza nei confronti di una mediocrità che, spesso, si riflette sull’agire.
Successo fa rima anche con decesso: più si sale, più la caduta rischia di essere dolorosa. Sul piedistallo, in fin dei conti, non si sta poi così sereni: una spintarella, un colpo di vento o un equilibrio instabile e tutto crolla, come un castello di carte o, meglio, di euro.
Dietro la facciata, a quel punto, cosa resterebbe?