Autore: Sabrina Fava
Viaggiare in aereo non sempre è un gioco da ragazzi e più gli anni passano più brividi ci corrono lungo la schiena. Ma facciamo ordine e cominciamo dall’inizio. La tecnologia riesce a diminuire drasticamente i tempi di acquisto e facilita il confronto dei biglietti. Possiamo scegliere, tramite cellulare, la compagnia aerea più economica, definire il tipo di valigia da trasportare e aggiungere, se si vuole, un po’ di pepe al viaggio prenotando dell’ottimo cibo confezionato a soli tre miliardi di carte. Ogni compagnia ha le proprie regole ma generalmente è una la preferita da tutti: l’aereo blu e giallo è il migliore. Costi bassi, elasticità, sedili minuscoli e gentilezza.
Una volta acquistato il biglietto non dovremo far altro che attendere la partenza. Tuttavia, è qualche giorno prima della data X che si accende la lampadina. Dato che non tutti siamo ricchissimi, la scelta della “borsa piccola” gratuita inclusa nel biglietto è, e sarà sempre, la migliore. Ed è a quel punto che prendiamo il metro e ci convinciamo che le misure siano minori di quelle reali. Lo zaino non deve superare le dimensioni consentite altrimenti saranno guai seri e tasche vuote. Come ogni italiano che si rispetti avremo farcito ben bene lo zaino, superando di gran lunga i limiti definiti dalla compagnia aerea. L’ansia irrancidisce le ascelle e la fronte è imperlata di sudore poco prima di raggiungere il gate dell’aeroporto.
Superiamo i controlli, buttiamo via ogni liquido per poi ricomprarlo dieci metri dopo aver superato la sicurezza. Gettiamo nel dimenticatoio ogni bottiglia di plastica, alla faccia del consumismo. Ci avviciniamo sempre di più all’imbarco e ancora nessuno ha controllato lo zaino. Ed ecco il paese delle meraviglie. Vestiti, libri, profumi, occhiali da sole. Un vero e proprio parco giochi per gli amanti dello shopping. Dopo ore passate nel duty free suona il cellulare. È la notifica della compagnia aerea che ci avverte dell’imminente chiusura del gate. Ci guardiamo attorno. Leggendo i cartelli ci rendiamo conto che per giungere al gate servono almeno dieci minuti di camminata e ne mancano meno della metà per imbarcarsi. E al sudore dell’ansia si aggiunge quello della corsa. Passo dopo passo, mentre lo zaino pesa sulle spalle come un macigno, raggiungiamo la meta. Ed è qui che arriva il colpo di scena: il gate è ancora chiuso.
La cosa positiva è che non siamo in ritardo, la negativa è che l’unica maglietta che ci eravamo portati dietro puzza come un caseificio. Dopo un’interminabile attesa iniziamo ad imbarcarci con le braccia ben strette contro il tronco. Passeggero dopo passeggero buttiamo l’occhio alle persone accanto e davanti a noi. Nessuno ha rispettato le misure dello zaino, alcuni hanno come “bagaglio gratuito” uno zaino che potrebbe andare bene per un viaggio on the road di un mese. Siamo più sereni, il nostro zaino è quasi piccolo rispetto a quello degli altri. Nessuno farà storie, perciò con l’ascella un po’ meno infradiciata siamo pronti ad intraprendere il viaggio con le tasche piene e stretti, come un arrosto nel filo da spago, fra gli strettissimi sedili della compagnia aerea.