Autore: Lorenzo Grazzi
Viviamo in un mondo di social, ma anche in un mondo di persone e l’età m’insegna che spesso le persone se ne vanno in giro con un social carico tra le mani e senza paura di usarlo.
Ecco, credo che “discriminazione” sia solo una maschera, una parola vuota dietro la quale si nasconde proprio la Paura, quell’emozione ancestrale, quel terrore del mondo che è la prima sensazione che ci accoglie quando arriviamo su questa terra. Non abbiamo fame nei nostri primi istanti, non abbiamo sete, non dobbiamo nemmeno andare in bagno. Abbiamo paura. Nasciamo piangendo e non sono lacrime di felicità.
Quando cresciamo poi impariamo chi siamo e cosa siamo sul metro del paragone: io sono bianco perché quel bambino che è nero è diverso da me. Io sono maschio perché quel bambino diverso da me è femmina. Io sono biondo perché quel bambino diverso da me è castano e così via. Ci definiamo in base a ciò che abbiamo o non abbiamo in comune con chi ci circonda.
Ma quella paura è sempre lì, la conosciamo da sempre, è stato il nostro approccio a questa dimensione e per noi è normale coccolarla un po’: si è persino dimostrata utile in diverse occasioni, ci ha difeso quando necessario costringendoci a una maggiore attenzione, a non andare di sera in posti isolati, a non giocare con una pistola o semplicemente a non accettare caramelle dagli sconosciuti. Alcuni di noi hanno avuto brillanti esisti negli studi per paura di fare figuracce nelle interrogazioni.
Ma poi ci sfugge di mano, e allora la Paura diventa passa dall’essere il mezzo a essere la padrona e tutto ciò che è diverso da noi ci spaventa, ci obbliga a ridimensionare il nostro mondo, a chiuderci nel nostro straordinario guscio protettivo.
Oggi parliamo spesso di discriminazione razziale perché il diverso è anche ignoto, non lo conosciamo, ci spaventa proprio come quegli sconosciuti con le tasche piene di caramelle. Discriminiamo le donne perché, in un mondo che per secoli ha favorito gli uomini, l’idea di essere esclusi dal potere è peggio di qualunque scenario. Discriminiamo gli omosessuali perché la loro sensibilità è drammatica per il maschio alfa… se lui è uomo e può amare un altro uomo, allora c’è la possibilità che accada anche a me? Terrore!
Ma c’è poi una discriminazione più sottile.
Apro i social e leggo di un ragazzo, studente universitario in scienze motorie che in Ungheria (terra che ha davvero molta paura), si reca in una palestra e viene cacciato dopo le continue lamentele dei clienti abituali. Il motivo? Il ragazzo indossa una tuta molto aderente che non nasconde la sua dotazione.
Immaginate i maschi alfa del quartiere che se potessero marcherebbero il territorio facendo pipì negli angoli delle strade, vedere uno straniero tra di loro che ne umilia e sminuisce le gioie! Sacrilegio!
Anche perché nella stessa palestra è pieno di ragazze, ragazze in tenuta succinta, che non nascondono il loro corpo che con tute attillate che aderiscono al corpo come un preservativo accendendo gli ormoni ungheresi!
Ecco, da una ragazza ci si aspetta che, se frequenta la palestra sia in qualche modo disponibile, esibizionista, vogliosa di scoprirsi per i re leoni dei paraggi e più succinti sono gli indumenti, meglio è per la libido repressa dal testosterone.
Ma un ragazzo? Com’è possibile accettare che un corpo maschile non si copra? Non scompaia per lasciare spazio a chi ha già lasciato la propria impronta nella zona di caccia?
La discriminazione è una cosa orribile, terrificante, proprio perché nasce dalla Paura incontrollata di perdere qualcosa, di essere ridotti al secondo posto, di non avere gli strumenti (che altro è il pene?!) per poter gareggiare ad armi pari.
Dovremmo educare la società in maniera radicale, dovremmo avere un mondo pieno di genitori che non vivono di paura e che non crescano figli spaventati, ma per farlo dovremmo essere noi ad affrontare la svolta (terrificante, lo ammetto) e pensare che forse, è la nostra generazione quella che deve cedere, che deve abbandonarsi alla Paura e combatterla. Solo così potremo avere speranze di sopravvivere come individui e come specie perché dalla paura nascono i diverbi, gli scontri e poi le guerre.
Nonostante l’alta opinione che abbiamo di noi al pianeta non importa proprio nulla della nostra innata gara al pene più lungo, e se non riusciamo a evolvere velocemente (e non intendo usare il pollice opponibile o usare la ruota), difficilmente sopravviveremo ai prossimi cinquant’anni.