Autore: Gianluigi Chiaserotti
«La Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive».
Fu con questa frase che Fulvia Colombo, storica annunciatrice RAI, il 3 gennaio 1954, alle ore 11,00, dagli studi di Milano, fece dare il via ufficialmente alle trasmissioni della televisione italiana.
Questa è la cronaca che conosciamo, ma, in effetti non fu così.
Infatti, erroneamente si è sempre pensato che il primo annuncio televisivo fu quello della Colombo invece esso fu la mattina, e da Roma, da parte di Nicoletta Orsomando.
La Colombo, infatti, annunciò esclusivamente i programmi della sera.
Questo annuncio, che troviamo in rete (YouTube), fu ripetuto dalla Colombo il 3 gennaio 1964, nel decennale della Tv, in un programma di Ugo Zatterin proprio perché nel ‘54 non fu possibile la registrazione, in quanto non c’era.
Ma, senza dubbio, lo strumento “nazional popolare” ebbe finalmente il suo battesimo.
Ma nel nostro Paese i primi studi e le prime trasmissioni televisive erano stati effettuati già a partire dal 1934, nell’antica Capitale, Torino, città che già ospitava il Centro di Direzione dell’E. I. A. R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), organismo storico concessionario delle trasmissioni radiofoniche italiane, presso i locali del Teatro di Torino, attiguo alla sede di Via Verdi. Successivamente l’E. I. A. R. stabilì una sede a Roma, nel quartiere Della Vittoria, dove sarà realizzato l’edificio di Via Asiago 10, tuttora sede della radiofonia RAI.
Le prime trasmissioni sperimentali iniziano quindi nel 1939 a Torino a cura appunto dell’E. I. A. R. ed il 22 luglio dello stesso anno viene avviata la sperimentazione.
Il primo giorno di tv fu caratterizzato da “Arrivi e partenze”, condotto da un giovanissimo Mike Bongiorno, quindi dal telegiornale e dalla commedia “L’osteria della posta” interpretata da Eduardo de Filippo.
Concludeva questa giornata storica la “Domenica Sportiva”, il programma più longevo della nostra televisione.
Quel 3 gennaio 1954 gli abbonati RAI erano appena 90. Diventarono 24 mila in un mese e raggiunsero, nel giro di un anno, quota 88 mila.
Alla fine del 1954, quindi, la tv era in grado di raggiungere il 58 per cento della popolazione e, a quattro anni dall’esordio, un milione di abbonati.
Il televisore, per chi poteva permetterselo [all’esordio costava circa £ 450.000 (quasi € 7.000 euro di oggi), era senza dubbio un oggetto molto popolare. Infatti, intorno ad esso, anche nei bar, si radunavano famiglie, amici, colleghi per assistere a trasmissioni entrate nella storia della televisione come “Lascia o raddoppia” o una partita di calcio.
Nei primissimi tempi i programmi duravano quasi quattro ore: iniziavano alle 17:30 con la tv dei ragazzi, interrompendosi, per poi riprendere con il telegiornale alle 20:45, fino alla chiusura delle 23:00.
E non c’era la pubblicità, introdotta nel 1957 con “Carosello”, che ci avrebbe accompagnati fino al 1977.
Il 4 novembre 1961 avrebbe poi visto la luce anche il Secondo Programma (oggi Rai 2), seguito il 15 dicembre 1979 dalla Terza Rete (oggi Rai 3).
Nel frattempo, era già arrivato il colore.
La mia generazione, come precisato giustamente su questo nostro giornale dalla collega Silvia Vercesi, cioè quella dei “Boomer” (nati tra il 1946 ed il 1964), è praticamente cresciuta con la “Tv dei ragazzi”, con lo “Zecchino d’Oro” e con il già menzionato “Carosello” (ai bambini i genitori dicevano «dopo Carosello si va a letto»).
Il sottoscritto, per esempio, ha visto un solo canale RAI fino al 1968 e gli era più che sufficiente.
La RAI ha prodotto sicuramente programmi, intrattenimento, sceneggiati, documentari, commedie, eventi, talk show [uno per tutti il più antico, cioè l’antesignano, “L’Ospite delle Due” (1975) di un grande come Luciano Rispoli] veramente intramontabili, cosa che sicuramente non produce attualmente la TV commerciale.
Ma la Tv è e resta più che popolare.
Chi non guarda qualcosa che lo interessa?
Basti vedere ora cosa offrono le piattaforme.
E tutte le tv, le piattaforme vivono essenzialmente di pubblicità, e le interruzioni disturbano non poco la visione.
Ormai, dopo settanta anni, siamo giunti a questa considerazione (impensabile nel ’54): «non si riescono a vedere 10 minuti consecutivi di pubblicità, che ci inseriscono in mezzo un programma».
Bando alle battute, la Tv c’è e gode di buona salute.