LA MEMORIA DELL’ACQUA

LA MEMORIA DELL’ACQUA

Autore: Lorenzo Grazzi

Oggi sconfiniamo nelle scienze, in particolare in quelle sperimentali, ma lo facciamo con un elemento antico quanto la vita: l’acqua.

Conoscete la “memoria dell’acqua”? Si tratta di una teoria secondo la quale questo elemento sarebbe in grado di registrare e mantenere un certo tipo di impronta, di energia, quando vi viene esposta.

La teoria della memoria dell’acqua venne sviluppata solo in tempi recenti, per dare una spiegazione a un fenomeno registrato nella storia e tutt’ora inspiegabile: l’evoluzione.

Gli storici, poveracci, passano la vita a cercare di dare un senso al passato e spesso si imbattono in fenomeni curiosi: molte delle invenzioni umane o delle teorie scientifiche o, ancora, delle filosofie religiose come delle scoperte umanistiche, sembrano essere scaturite in maniera pressoché simile in diverse parti del mondo, in ambienti che non avevano avuto contatti tra loro.

Parliamo, per esempio, della scoperta della corrente elettrica attribuita sia a Tesla che a Edison che la svilupparono nello stesso periodo, ma anche dei flussi migratori che spostarono dall’Africa immani quantità di individui che avrebbero poi colonizzato Europa e Asia pur appartenendo a ceppi molto diversi tra loro, oppure pensiamo alle Piramidi, enormi complessi che sono sorti in tutti i continenti in culture diametralmente opposte e che certamente non condividevano le foto sui social.

Insomma, leggendo la storia ci si trova davanti a momenti nei quali sembra che l’essere umano abbia compiuto un’evoluzione collettiva verso una direzione piuttosto che un’altra. Ma com’è stato possibile?

Ecco, qui arriva la memoria dell’acqua. Poiché questo è l’elemento più diffuso al mondo, è stato normale pensare che in qualche modo abbia svolto la funzione di fil rouge, “trasportando” l’informazione in ogni angolo del mondo e rendendola disponibile a chiunque.

Solo nel secondo Dopoguerra si pensò di cercare di dimostrare questa teoria, in particolare fu un giapponese, Masaru Emotu, a compiere ricerche ed esperimenti in merito.

Emotu raccoglieva campioni d’acqua, li congelava e ne osservava i cristalli. Non ci volle molto per scoprire che alcuni tipi di acqua formavano cristalli perfettamente formati e organizzati in modo armonico, mentre altri davano vita a frammenti di cristalli, mai del tutto completi e spesso organizzati in maniera caotica.

Durante i suoi esperimenti Emotu si rese conto anche che i cristalli cambiavano col tempo. Com’era possibile?

Le sue ricerche hanno dimostrato che l’acqua esposta a stimoli positivi creava cristalli perfetti, quella influenzata da stimoli negativi non era capace di dare vita a strutture ordinate.

Cosa si intende con stimoli positivi e negativi? Emotu mise tutta la sua creatività in campo: l’acqua veniva esposta alla luce del sole o al buio, veniva insultata o coccolata, parole differenti venivano scritte sui contenitori, diversi tipi di musica accompagnavano l’acqua verso il congelamento.

Il risultato in pratica? Parole come “amore”, “passione”, “felicità” davano vita a cristalli di straordinaria bellezza così come la musica classica e la luce del sole, al contrario l’heavy metal, il buio e parole come “odio”, “rabbia”, “violenza” generavano frammenti di cristalli.

L’acqua poteva poi essere scongelata, sottoposta a nuovi stimoli e ricongelata: occorreva circa una settimana di stimoli per “riprogrammare” l’acqua.

La scoperta venne subito usata nelle medicine olistiche e oggi sono molte le persone che imprimono una nota positiva all’acqua prima di berla (ad esempio scrivendo le parole “amore”, “pace” o “salute” sulle bottiglie), nella convinzione che possa essere usata “come medicinale”.

Al di là delle applicazioni pratiche la memoria dell’acqua diventa importante considerando che l’essere umano è per la maggior parte composto da questo elemento, vive su di un pianeta ricoperto d’acqua e sopravvive grazia ad essa.

Oggi si stanno conducendo studi che hanno lo scopo di dimostrare che alcuni tipi di malattie tumorali sono, se non causate, almeno supportate da ambienti malsani anche emotivamente. 

Le scoperte di Emotu non sono ancora del tutto supportate dalla scienza ufficiale che ne mette in dubbio il metodo, pur non prendendosi la responsabilità di screditare il risultato.

Applicare un’etichetta con la parola “amore” alla bottiglia dell’acqua (in qualunque lingua, Emotu ha dimostrato anche l’acqua sa leggere o, più probabilmente, recepisce l’intento di chi scrive la parola), potrebbe essere un esperimento divertente per vedere quale risultato ha sul nostro corpo.Al prossimo pranzo di Natale coi parenti potreste voler ringraziare la memoria dell’acqua per non essere saltati alla gola di nessuno