IN MEMORIA DI RYAN WHITE

IN MEMORIA DI RYAN WHITE

Autore: Davide Seidita

Ryan White fu un giovane ragazzo esattamente come molti altri che guardava al futuro come una speranza. Di sicuro, voi vi starete chiedendo il motivo.

Ryan White era emofiliaco. Nel 1984, a seguito di una trasfusione di sangue infetto, il ragazzo risultò positivo all’HIV. I medici gli prognosticarono sei mesi di vita.

In un’epoca in cui ancora non si conosceva nulla sull’HIV, a Ryan White non fu concesso di frequentare la scuola. Gli insegnanti e i genitori degli studenti manifestarono contro di lui.

In poco tempo, iniziò una lunga disputa giudiziaria contro il sistema scolastico, che ebbe l’attenzione dei media di tutto il mondo. In breve, Ryan White divenne il simbolo alla lotta contro l’AIDS.

La vita di Ryan divenne un vero calvario. Mentre lui lottava per sopravvivere, molti lo hanno escluso per qualcosa che lui non aveva scelto. Eppure, nonostante tutto, lui non si fermò. E neanche il suo nome. 

Molti artisti, tra i quali Michael Jackson ed Elton John, sostennero la sua causa. Nessuno lo abbandonò. Ryan White non fu mai solo. E forse fu questo sostegno che il virus gli concesse sei anni di vita, anziché sei mesi, come avevano detto i medici.

“Liberami dalle tue mani, lasciami volare verso terre lontane”.

Queste furono le prole della canzone che Elton John recitò al pianoforte, durante il suo funerale. Ryan White aveva preso il volo e aveva portato con sé una ventata di cambiamento.

Negli anni successivi, la ricerca scientifica non si fermò.

Il virus HIV attacca una particolare proteina denominata CD4, che sono particolari linfociti importanti nel processo di difese immunitarie. Senza una terapia, col tempo, il virus provoca un’infezione sistemica (AIDS) che porterà il soggetto infettato alla morte. La prima terapia, a tempo di record nella storia della medicina, fu approvato il primo farmaco, la molecola AZT, che non dava risultati pienamente soddisfacenti, ma prolungava il decorso della sindrome. La svolta avvenne nel 1996, con la terapia HAART.

Ad oggi, con le terapie scoperte, una persona sieropositiva ha la stessa aspettativa di vita simile ad una persona normale. E non solo: un sieropositivo che assume costantemente la terapia, ha una carica virale soppressa a tal punto da non poter trasmettere il virus.

Nonostante non sia stato eradicato del tutto, possiamo dire che abbiamo raggiunto veri e propri traguardi dal punto di vista scientifico.

Dal punto di vista sociale, invece, essere sieropositivo è ancora considerato uno stigma. Chi è sieropositivo è vittima di discriminazioni, di esclusione. Il punto è che se ne parla poco e quel poco, purtroppo, non basta.

Bisogna sensibilizzare questo tema ovunque. Nei social, nelle serie tv, a scuola. Bisogna far conoscere alle nuove generazioni che essere sieropositivi è diventata una condizione, una caratteristica. Nessuno deve escludere un sieropositivo, come hanno fatto gli insegnanti e i genitori a Ryan White.

Nessuno deve dimenticare la sua storia.