IL PRIMO LIVE NON SI SCORDA MAI

IL PRIMO LIVE NON SI SCORDA MAI

Autore: Davide Libralato

Se partiamo dal presupposto che ogni passione e quindi anche la musica sorga dalla ricerca di un benessere intenso, è facile capire perchè siamo portati a viverla come il sentimento più piacevole e incontrollabile per antonomasia (cioè l’amore). Per un musicista, infatti, amatore o professionista che sia, il primo live non si scorda mai. Dopo poco più di due anni di allenamento settimanale e condivisione di tempo con i miei compagni di avventura, la prima opportunità di portare fuori dalla sala prove il nostro repertorio è arrivata. Cosa significa arrivare a suonare davanti ad una platea? I parametri e i fattori da considerare quando parliamo di una qualsivoglia esibizione pubblica in realtà sono parecchi. Innanzitutto, bisogna mettere in preventivo che, e per qualcuno è condizione più necessaria che sufficiente, un impedimento o un qualsiasi tipo di ostacolo al quale si può incorrere durante la performance non deve provenire, e sottolineo “non”, da una mancanza di preparazione. In altre parole, è vero che il desiderio di rendere pubblico il prima possibile il frutto dei propri sforzi è una spinta più che legittima, ma questo a mio parere non deve fare da padrone a quelli che saranno poi i tempi fisiologici essenziali per rendere il debutto degno di nota. Degno di nota per chi esattamente? Accidenti, la carne al fuoco si fa tanta e rischio di esprimere concetti molto importanti in maniera disordinata e, guarda caso dato l’argomento, dissonante. Cerco quindi di fare ordine. Per arrivare al momento fatidico con una certa disinvoltura ci vuole di base un divertimento dai connotati primordiali, condito da un lavoro costante di crescita personale che ti possa far esprimere al meglio ciò che hai preparato e che devi conoscere molto bene. Ultimo parametro, ma probabilmente in termini di importanza uno tra i più decisivi, occorre una consapevole gestione delle emozioni con le quali inevitabilmente ti confronterai. Da pochi giorni posso dire di aver avuto la mia prima volta sopra un palco, anche se in realtà trattasi di un ritorno (dopo un breve periodo di assenza durato solamente 24 anni circa…) e seppur con un altro strumento, vi garantisco che poco è cambiato sia a livello emotivo sia a livello tecnico/operativo. Di certo c’è che oltre al mio consueto approccio (al quale fatico a rinunciare perchè mi appartiene) ovvero quel metodo “professionale” e più vicino possibile ad un razionale pragmatismo, ho fatto ben volentieri tesoro di consigli arrivati da persone che ne sanno più di me e ho cercato di farli miei inglobandoli nella mia emotività, spesso camuffata da apparente sicurezza. Ognuno di noi è chiamato a cercare il proprio equilibrio e di certo non voglio e non posso essere io a determinare quale sia il metodo giusto per farlo, anche perchè ciascuno di noi ha il proprio. Ad ogni modo posso dirvi che all’evento ci sono arrivato con una sicurezza abbastanza consolidata. Sicurezza raggiunta da numerose prove della scaletta (nel gergo tecnico la scaletta è la lista dei brani nel loro ordine di esecuzione) ma anche dalla consapevolezza che sapevo fare ciò che dovevo fare. Quindi, nessun problema apparente, pensate voi. Eh no! È qui che subentra quella variabile incontrollabile che io chiamo scossa emozionale. Ecco, questa cosa si è manifestata e quindi inserita in tutte quelle situazioni che normalmente verrebbero gestite senza particolari patemi. Per quanto mi riguarda, e ne sono state testimoni le persone che stavano con me, dal paio d’ore antecedenti fino al momento del concerto è stato per me molto difficile intavolare un dialogo esclusivo e dedicato. La mia presenza era solamente fisica perchè la testa inevitabilmente si trovava altrove. Lo stomaco praticamente chiuso, infatti il cibo era l’ultimo dei miei pensieri. Come accennato in precedenza devo riconoscere che un consiglio più degli altri mi è stato illuminante, e sembrava me lo sentissi perchè l’ho riportato anche a chi avrebbe condiviso da protagonista come me quel momento. Qualche manciata di minuti prima di salire sul palco ci siamo cambiati e siamo diventati i personaggi che dovevamo interpretare, entrando in scena separandoci dagli abiti “civili” del semplice ascoltatore. Questo mi ha permesso di tenere il livello di concentrazione molto alto e, a onor di cronaca e di riscontri generali, a rendere la performance qualcosa di molto superiore alla sufficienza. Di mio non sono una persona che si accontenta facilmente ma se devo ripercorrere con il pensiero l’intera esperienza, sono stato pienamente ripagato e indubbiamente diventato desideroso di replicare il tutto al più presto… con l’asticella perchè no più alta. Vivere l’amore anche nell’attesa del suo compimento, esattamente come qualsiasi emozione fortemente positiva, lo rende indimenticabile. E il primo amore… pardon live… non verrà scordato molto facilmente.