IL PASSATO CHE UNISCE

IL PASSATO CHE UNISCE

Autore: Valentina Sorchetti

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È una mattinata domenicale nel momento più bello della primavera, il sole è alto con raggi così intensi da accecare i visitatori del Roseto Comunale di Roma. 

Il cielo è limpido, pulito e senza nubi, si respira nell’aria un dolce profumo di felicità e libertà. 

Dalle scale del punto più alto del Roseto si ammira una vista fantastica: in lontananza il Circo Massimo e ancora più in là, viaggiando con la mente, si può sognare di passeggiare nei pressi del Lungotevere. 

Proprio sugli scalini sono seduti una ragazza e un ragazzo, con gli sguardi persi l’uno nell’altro e con sorrisi incastonati sui loro volti, come se fossero scolpiti sul marmo. I due giovani assaporano la brezza primaverile di maggio e d’un tratto lui, Marco, prende la mano di lei, stringendola al petto e dicendole in modo dolce, come piace a lei “Sei la persona più vera che abbia mai conosciuto Viola”. Lei in quel momento scioccata pensa tra sé e sé Se solo sapessi, Marco, quante maschere ho dovuto indossare sul mio volto per proteggermi dalle cattiverie altrui. In realtà con un sorriso tirato gli risponde “Tu… tu” – balbettando leggermente – “Tu sei il regalo più bello che la vita mi ha donato, Marco, rappresenti una delle poche luci che illuminano la mia vita”. Lui la stringe a sé, non comprendendo a pieno ciò che lei intende e accarezzandole la nuca nota un luccichio diverso negli occhi di lei. Marco, nota tutto, nota i dettagli, è attento e comprensivo per questo non può evitare di porle la fatidica domanda “Viola, stai bene?” Lei si slaccia dall’abbraccio, come se questa domanda la ferisse più del dovuto, forse perché nessuno prima di quel momento l’aveva notata in quel modo. “Marco, sono anni che non sto bene”, risponde con lo sguardo basso. Marco si preoccupa più del dovuto e con fare protettivo, come se volesse allontanarla da tutti i mali, la abbraccia nuovamente. 

Marco è ignaro di tutto ciò che Viola negli anni passati ha dovuto attraversare, non immagina cosa significhi nascere nell’inferno e con tempo e pazienza superarlo. Passano alcuni minuti, in cui Viola rimane stretta in quell’abbraccio e finalmente dopo tanti anni può tirare un sospiro di sollievo, avvertendo dentro di sé per la prima volta quel senso di appartenenza, sentendosi a casa nelle braccia della persona che da poco è entrata nella sua vita, ma che probabilmente la cambierà per sempre.

***

Marco e Viola si erano incontrati in una giornata uggiosa nel cortile della loro università, scambiandosi inizialmente un sorriso e un gesto di mano per presentarsi. 

Marco era impacciato all’inizio, non sapeva esattamente come reagire alla bellezza lucente emanata da Viola. L’aspetto fisico di Viola era particolare come lei: aveva occhi profondi, a tratti malinconici, ma che mascherava bene, con un iride color nocciola, velato da tristezza, come se nascondesse un grande trauma. Aveva un corpo nella norma, leggermente curvy, non era bellissima, una “modella”, ma nemmeno così brutta da esser definita un “cesso”. Nonostante ciò a lei non importava attrarre attraverso il proprio corpo, piuttosto le interessava chi sapeva andare oltre la propria bellezza cogliendo le sfumature della propria anima.

Viola, quel giorno di inizio ottobre, nonostante le nuvole cariche di pioggia, emanava luce, sorridendo di tanto in tanto e parlando con tutti i suoi colleghi.

Dopo quel semplice gesto di presentazione, Viola e Marco iniziarono a seguire la lezione universitaria di Estetica, l’uno accanto all’altra, scambiandosi a tratti degli sguardi e intrecciando le loro iridi sorridenti.

Alla fine della lezione, Marco mostrò il proprio coraggio avvicinandosi a Viola chiedendole con sicurezza “Oi Viola, che ne pensi della lezione di oggi? Ti è sembrata interessante?” Ora le parti si erano scambiate, era Viola ad essere impacciata, non sapendo come rispondere dato che le iridi di Marco avevano già catturato la sua attenzione. “Marco ciao, è stata una lezione super interessante, so che siamo all’inizio dell’anno, ma amo già questo prof e le sue lezioni così attuali” aveva risposto in modo eloquente. Così lui aveva iniziato a ridere, fondamentalmente per il tono squillante di Viola, ma in realtà aveva già inquadrato in parte la ragazza che aveva di fronte, aveva già capito che Viola aveva una corazza, già abbassata in sua presenza. 

Avevano continuato a parlare, al riparo dalla pioggia sotto il portico della Facoltà di Piazzetta Borghese, non consapevoli che quella giornata sarebbe stata la prima di molte altre. 

Viola si sentiva a suo agio e così aveva chiesto a Marco se volesse fare una passeggiata sul Lungotevere per vedere la Mostra all’Ara Pacis. Marco, con un cenno del volto, le aveva fatto capire che ne sarebbe stato entusiasta: uscirono dalla Facoltà con un solo grande ombrello e affrontarono la pioggia pur di passare altro tempo insieme. 

Passeggiavano l’uno accanto all’altra e tra tante risate arrivarono al Museo dell’Ara Pacis. Sui loro volti spuntò un sorriso, erano entrambi appassionati all’arte e all’architettura: si emozionavano di fronte ad un’opera, la percepivano, la vivevano. 

Con un po’ di titubanza entrarono nel Museo, guardandosi intorno e riflettendo su ogni minimo dettaglio, come la scalinata d’accesso così semplice, ma adornata dalla cascata d’acqua culminante nello specchio d’acqua. Chiesero poi di poter acquistare un biglietto scontato per studenti di architettura. Una volta comprato il biglietto, i due ragazzi, mano nella mano per la prima volta entrarono nel museo. Viola rimase folgorata osservando la teca di vetro contenente i resti dell’Ara Pacis e con un grande sorriso esordì “Architetto, che ne pensi? Non è fantastica?”, Marco estasiato della felicità che notò nel volto di Viola le rispose calmo “Si, Viò, è stupenda, guarda i dettagli e i bassorilievi sulle facciate, gli omini non ti sembrano così piccoli in confronto a noi?” Lei scoppiò a ridere, distraendo gli altri visitatori e ricevendo molte occhiatacce e accennò “Ne parliamo in un’altra sala”. Così, continuarono a camminare tra le sale del museo, rimanendo stupiti di fronte alle installazioni di Albero Biasi. Di fronte ad una delle opere concentriche dell’artista, Marco le fece notare “Viola, guarda che bello, sembra uno dei tuoi occhi, il colore mi ricorda proprio la tua iride marrone?”. “Marco, attento, non vorrei che tu mi stia osservando troppo, non è che ti stai già affezionando a me?”, disse Viola, con una serietà che non le si addiceva, ma infine scoppiò a ridere esclamando “Scemo, ti sto prendendo in giro!” Marco per un secondo aveva temuto il peggio, non poteva rivelarle la verità, infondo si era già affezionato a quella giovane donna, dal carattere forte e sensibile, sicuro di sé, presuntuoso a tratti, ma comunque così sincero. 

***

È passata una settimana, da quel pomeriggio al Roseto, Marco pensa ancora alle parole della sua ragazza. Infatti riflette molto sulle situazioni, già da piccolo era il suo modo di scappare dalla realtà e dai drammi familiari. Ha una famiglia divisa, i genitori si erano separati già da alcuni anni, riappacificandosi anni dopo, nonostante il padre di lui mantenesse una relazione extraconiugale, dalla quale nacque anche un altro fratellino, Luca. 

Marco, perso nei pensieri e nei dubbi che gli aveva provocato la chiacchierata con Viola, decide di chiamarla e invitarla a casa sua per cena. Vuole saperne di più del suo passato e del suo dolore, non ha la minima idea dei problemi di Viola. 

Marco, dopo la telefonata a Viola, è molto emozionato, vorrebbe prepararle una cena semplice, ma adatta alla situazione da affrontare con lei. Dopo averci riflettuto un bel po’, decide di preparare la cena preferita di Viola: un delizioso antipasto di pesce fresco, un secondo leggermente più pesante composto da una porzione di parmigiana di melanzane e infine un tortino al cioccolato fondente. 

Arrivano le fatidiche otto di sera, tra mezz’ora circa Viola arriverà a casa sua. Marco da un’ultima sistemata alla casa dove vive da solo e si accarezza la nuca, con fare distratto e agitato. La casa di Marco è piccola, ma accogliente, è un monolocale con pareti grigie e verdi chiare, composto da una cucina open-space, un bagno e una camera da letto. Apparecchia il tavolo della cucina, rendendolo esteticamente gradevole e aggiungendo un centro tavola di candele profumate alla vaniglia e allo zenzero, la cui fragranza si mescolava a quella dei tortini al cioccolato.

Alle otto e mezza, Viola suona più volte al campanello. Lui apre la porta con un sorriso stampato sul volto che scompare non appena nota gli occhi gonfi della sua ragazza. Viola è a pezzi, si nota che ha pianto fino a qualche minuto prima.

La osserva bene, è preoccupato, non la abbraccia e inizia a tempestarla di domande, senza darle il tempo di rispondergli “Viola, amore, stai bene?” e poi “Viola, Viola che ti è successo? Parlami amore mio”.

Viola ricomincia a piangere, è distante e non ha nemmeno un briciolo di forza emotiva per rispondergli. Queste domande in realtà le ricordano solo quelle dei suoi genitori Lucia e Paolo che spesso nella sua adolescenza le riservavano in modo opprimente.

Viola continua a piangere, senza rispondergli, anzi lanciandogli occhiatacce. Pensa tra sé e sé Marco, lasciami piangere, mi hai sempre vista forte, ora lasciami sfogare, abbracciami anzi, ora ho bisogno solo di questo, continuando il suo mutismo selettivo. 

Lui è confuso, non ha mai visto Viola in questo stato, l’ha sempre considerata una donna resiliente e non sa proprio come reagire a questo flusso di lacrime. Così pensa bene di porle altre domande “Cosa è successo?” ripete in continuazione “Chi ti ha fatto così male?” e passandosi le mani tra i capelli “Oggi dovevi andare a prendere il diploma della Triennale, chi ti ha ridotto in queste condizioni?” Viola in lacrime continua a non rispondere, ora senza nemmeno guardarlo in faccia. Marco allora, spazientito, alza il tono della voce, odia vederla così “Viola ti prego, dammi una spiegazione, ti amo lo sai, ma se ti chiudi in questo modo io non so come aiutarti, cazzo!”

Viola a poco a poco smette di piangere, si ricompone, è colpita dalle ultime parole di Marco ed esplode in un attacco di rabbia “Marco, ma dai! Tu vuoi aiutarmi?!” esclama  “Nessuno mi ha mai aiutata davvero in questi venticinque anni, sono sempre stata sola a combattere i miei mostri e non sarai tu ora a dovermi obbligare ad aprirmi con te”. 

Marco continua a non capire nulla, prova a calmarla abbracciandola come fa di solito e accarezzandole la nuca. Il battito cardiaco di lei torna stabile e il respiro regolare, ma all’improvviso, ricordando le parole rabbiose di Marco, si stacca dall’abbraccio e si avvicina alla porta. “Voglio tornare a casa” afferma decisa. Lo lascia così nella casa tutta addobbata a festa, solo e senza risposte.

***

Erano passati quattro mesi dal primo incontro tra Marco e Viola, tra parole scambiate e sorrisi rubati, Viola dapprima così restia a fidarsi di Marco a poco a poco iniziò a legarsi a lui.

In una delle classiche mattinate universitarie, durante la pausa pranzo, Marco e Viola si isolarono dal gruppo di colleghi ed amici per andare a prendere un caffè. Ordinato il caffè e sedutosi sulle sedie vintage del bar vicino la facoltà, Marco, tra un sorso di caffè e un sorriso, affermò:

“Viola è così bello passare del tempo con te, mi sento pieno e pronto per parlarti di alcune questioni del mio passato”.

“Marco, io sono qui, se te la senti di parlarne ti ascolto volentieri” e finendo di bere il caffè concluse “È bello condividere le lezioni insieme, anche se temo che stiamo oltrepassando la fase dell’amicizia”.

“Anche io ho questo timore, ma al contrario lo percepisco come un arricchimento per una potenziale relazione sentimentale” e stringendole la mano, le sorrise rassicurandola. 

Lei arrossendo e con tono flebile continuò “Marco, torniamo al discorso precedente, parlami di te, apriti con me”.

Lui continuando a stringerle la mano con lo sguardo perso nel vuoto, a voce bassa e sicura, le raccontò della sua famiglia che fino alla fase dell’adolescenza era unita e serena. Marco aveva due fratelli più grandi di lui, uno dei quali più tranquillo e un altro con cui aveva un pessimo rapporto. Con il passare del tempo, il padre di Marco, Alfredo, era spesso fuori casa senza dare spiegazioni, Marco non se ne spiegava il motivo. Fin quando a Natale del 2011 Alfredo scomparve per alcuni mesi, lasciando Marco e la mamma Maria completamente soli, dato che i due fratelli maggiori convivevano già con le rispettive mogli. Marco e la madre passarono quel Natale e i mesi successivi soli in quella grande villa e, tra pianti e chiacchierate, Maria gli rivelò che il marito Alfredo la tradiva da anni e che stava per nascere un figlio da quella relazione extraconiugale, Luca.

Marco, concluso il suo racconto, aveva le lacrime che gli rigavano il volto, erano passati più di dieci anni da quel Natale, lui era cresciuto mantenendo comunque l’animo buono di allora. 

Viola lo ascoltò, senza provare pena, ma empatica, come faceva sempre. D’un tratto si alzò dalla sedia vintage e lo strinse in un abbraccio, mostrandogli tutto l’amore che in quei mesi aveva celato. 

Viola si staccò per prima dall’abbraccio e rimanendo vicina al volto di Marco, sussurrando gli chiese:

“Sogni mai una famiglia tutta tua?”

“Sì, ci penso continuamente e la immagino diversa da quella in cui sono cresciuto”

“Diversa in che senso?”

“Vorrei che ci fosse comunicazione, ascolto, fiducia e sono quasi certo che tutto ciò lo raggiungeremo insieme”

“Marco sono parole importanti che riempiono il mio cuore, sono due mesi che sogno questo momento”

Si avvicinò a Viola lentamente, mantenendo sempre il contatto visivo, era completamente sicuro che lei sarebbe stata la sua donna. Così passo dopo passo, entrambi si ritrovarono così vicini da congiungere quasi le loro labbra. E così fu. In un attimo si ritrovarono ad assaporarsi, scoprendo gli angoli più profondi delle loro bocche e forse anche delle loro anime. Si erano congiunti in un bacio, sigillando il loro amore, così puro da sembrare invincibile. Da quel momento in poi, i due ragazzi si appartenevano, erano l’una la casa dell’altro.

***

Sono trascorsi altri due giorni dalla litigata tra Marco e Viola, giorni terribili per Marco che pieno di dubbi inizia a pensare E se lei non mi amasse davvero? Se io fossi solo un passatempo per lei? Queste e altre domande frullano nella mente di Marco che senza vedere una via d’uscita attende un ultimo chiarimento.

Viola, dal canto suo, si trova sul letto da due giorni, con le urla dei genitori, Lucia e Paolo, che risuonano fino alla sua camera e con le immagini nella mente dei ragazzini che la insultavano alla Triennale. 

Viola è distrutta emotivamente, ma trova il coraggio di chiamare Marco, chiedendogli di uscire nel pomeriggio per raccontargli del suo passato.

Marco è titubante, non si fida più di lei dopo l’ultima litigata, tuttavia accetta l’incontro.

Alle sedici i due ragazzi si incontrano in Piazza del Popolo. Appena si avvicinano l’uno all’altra si percepisce nell’aria un’atmosfera tesa e, nonostante gli accenni di musica provenienti dagli artisti di strada, i loro occhi sono spenti e vuoti. 

Viola accenna un sorriso e prende la mano di Marco conducendolo verso il Pincio.

“Saliamo da qui, la vista quassù è fantastica ed io sono pronta ad aprirti completamente il mio cuore”

Arrivati alla Piazza del Pincio in Villa Borghese, conduce Marco su una panchina laterale indicandogli di sedersi. Passano attimi incerti di silenzio e tra gli schiamazzi dei turisti Viola alza il tono della voce per raccontare a Marco tutto ciò che fino a quel momento gli aveva nascosto.

“Marco, mi dispiace per la scorsa sera, per essere scappata così da casa tua”
“Dispiace anche a me, mi dispiace soprattutto del fatto che nelle ultime settimane non riesco più a capirti”

Viola, con uno sguardo mortificato, racconta una volta per tutte il suo passato doloroso. Gli racconta dei lunghi giorni durante la Laurea Triennale, in cui i suoi colleghi si erano rivelati dei bulli. Lei ricorda tutto, ricorda soprattutto le sensazioni di impotenza e inferiorità che provava e che tutt’ora prova al solo ripensarci. Ricorda le parole velenose che sentiva risuonare tutti i giorni, parole taglienti come “secchiona”, “inutile”, “strana”. Ma ricorda ancora di più una collega, Martina, che aveva finto di essere sua amica solo per superare gli esami e prenderla in giro alle spalle per la sua intelligenza spiccata. Voleva molto bene a Martina, la riteneva una vera amica, ma quando anche lei iniziò a prenderla in giro Viola perse la fiducia nelle persone, nascondendosi dietro una corazza protettiva. Si è sempre sentita diversa, particolare e incompresa. Lei cerca soltanto delle persone sensibili per raccontarsi e sentirsi capita, ma fino a quel momento non le ha trovate, tranne Marco. 

Lui ascolta paziente il suo racconto e nel momento in cui lei finisce di parlare le sorride abbracciandola.

“Viola, amore mio, io non avrei mai immaginato nulla di tutto ciò e solo ora capisco ora alcuni tuoi atteggiamenti”

“Amore scusami per non avertene parlato prima, avevo paura di essere giudicata e allontanata anche da te” gli risponde accarezzandolo e ricambiando il sorriso.

Marco la stringe nuovamente a sé e con poche significative parole la rassicura.

“Viola, io non sono come loro. Anche io ho sofferto tanto e lo sai, ma insieme siamo più forti, non dimenticarlo mai”

“Non lo dimenticherò Marco, sei il regalo più bello che la vita mi ha donato, ricordi?”

Ora si sente più tranquilla, si è tolta un macigno dal cuore e può continuare serenamente la storia con Marco. Lui, dal canto suo, ora ha gli strumenti per comprendere al meglio Viola e per proteggerla perfino da sé stessa. 

I due ragazzi continuano a stringersi e in quell’abbraccio si sono ritrovati con la certezza che i rispettivi passati non li avrebbero più divisi, ma al contrario li avrebbero uniti.