Autore: Lorenzo Grazzi
Che fastidio i bulli. Le prepotenze, quei galletti impettiti che ci rovinano la vita solo perché sono nella condizione di poterlo fare.
Gli psicologi ci dicono che spesso di tratta di persone insicure che hanno bisogno di affermare sé stessi attraverso la forza o l’annientamento degli altri.
Ci hanno massacrato a scuola, forse anche al lavoro. Loro, gli elementi alfa circondati da gregari, un gruppetto di individui mediocri che hanno popolato i nostri incubi e l’hanno sempre fatta franca perché gli insegnanti si voltavano dall’altra parte, perché i genitori non capivano, perché “sono cose da ragazzi”, perché nella vita bisogna imparare a difendersi, perché “stai esagerando”… c’era sempre un perché che ci impediva di chiedere aiuto e quando lo facevamo, quando finalmente prendevamo il coraggio a quattro mani e alzavamo la cresta, ecco che diventavamo gli infami, gli spioni, quelli che creano casini.
Quanto ci sarebbe piaciuto vedere quei bulletti schiacciati. Almeno una volta saperli sconfitti, annientati, costretti in una situazione senza via di scampo che li mettesse davvero davanti alle loro paure più oscure. Una di quelle situazioni che non si possono risolvere con una scusa biascicata e non sentita.
Vedere il bulletto perdere l’appoggio dei gregari, vederlo umiliato, sì… umiliato è il termine esatto perché portargli via la dignità sarebbe stato molto peggio che vederli morti. Riportarli nel branco invece che vederli svettare sopra gli altri avrebbe cancellato la loro vita molto di più di qualsiasi punizione, di qualunque castigo.
Ed ecco che il bullo viene bullizzato, ed ecco che il bullo ci guarda dallo specchio.
Eh, sì. La peggior vittoria di un bullo è quello di renderci come lui, smaniosi di umiliarlo, con la bocca piena di quel sapore acre che ha la vendetta. Che soddisfazione.
Eppure, quella è la vittoria del bullo, averci reso uguali a lui, averci fatto diventare insensibili e pronti a tutto pur di dire “questa volta ho vinto io e non mi accontento”. Il bullismo si trasmette come un’epidemia, attraversa la barriera cellulare come il covid avrebbe solo immaginato nei suoi sogni più reconditi.
Il bullismo non alberga in nessun corpo, è parte della società come lo è l’aria e quando trova la voglia di vendetta allora attecchisce e fa sbocciare fiori malati.
La famiglia non è il vaccino contro questa malattia, non è nemmeno la scuola anche se sarebbe la scusa perfetta… i genitori delegano all’istituzione, il professore se ne lava le mani perché non è compito suo… in mezzo ci sono i ragazzi, un vasto prato pronto per essere seminato di discordia.
Il vaccino a questo virus sono le persone stesse, le loro singole azioni, le loro singole scelte.
Se un genitore (o un insegnate) stabilisce che una cosa non si fa è educazione, se il ragazzo capisce e apprende che quel comportamento è sbagliato allora diventerà parte della sua morale e non lo abbandonerà mai.
Pisa. Decine di ragazzi manganellati dagli agenti di polizia. L’indignazione regna. I figli di dodici agenti di polizia della città vengono poi bullizzati a scuola.
Questo aiuterà le indagini? Aiuterà la società? Aiuterà le vittime delle manganellate? Aiuterà la giustizia a fare chiarezza? Aiuterà a distendere gli animi?