Autore: Lorenzo Grazzi
La Cultura è libertà, ma è davvero libera? Oggi si parla sempre più spesso dell’abbattimento delle barriere (soprattutto mentali), della libertà degli individui di accedere a maggiori conoscenze, digitare una parola su internet e ritrovarsi catapultati in un mondo di informazioni (non sempre attendibili, in realtà).
I libri sono, ancora una volta un mondo a sé; scrivere un libro è un segno distintivo, un marchio che ti permette di entrare nel ristretto gruppo dei saggi per l’immaginario collettivo. Sebbene siamo in un Paese che legge sempre meno (e i risultati sono sotto gli occhi di tutti), avere al proprio attivo almeno un libricino di poche pagine è la svolta della vita.
Chiunque voglia essere Qualcuno deve avere un libro con il suo nome stampato sopra: sono un ghostwriter, lo so benissimo. Non c’è personaggio televisivo, politico, cantante, influencer, calciatore, letterina o showman che possa dirsi tale senza aver in libreria una copertina con la sua faccia. Che importa se non ha nemmeno idea di cosa ci sia scritto tanto, come detto, in Italia si legge sempre meno. Apparire in libreria è più che sufficiente.
Ci sono però persone che leggono e che scrivono con impegno, storie, racconti, saggi, un mondo di creatività sorprendente che non sempre le case editrici hanno il tempo o la fortuna di scovare e che, a volte, non sono in grado di capire fino a quando qualcuno non gli frega l’idea e la trasforma in un successo da mangiarsi le mani.
J. K. Rowling ha girato mezza Inghilterra prima di trovare qualcuno disposto a pubblicare Harry Potter, segno che forse non sempre le case editrici sono rette da personale qualificato, imprigionate nelle loro certezze che gli impediscono di valutare lucidamente qualcosa di diverso.
Se un libro vende, tanto vale riproporre lo stesso format decine di volte fino a quando il mercato non è saturo e si può trovare altro. Accade in tv, accade in libreria.
È qui che entra in campo la nuova frontiera della conoscenza, un trionfo di libertà culturale, in due parole il self publishing, ossia la possibilità per chiunque di pubblicare la propria opera aggirando le case editrici. A chi si lamenta che in questo modo si perde la qualità viene solitamente risposto che poi sono i lettori a decretare i successi, a rendere immortali i libri o a condannarli nel dimenticatoio.
La Cultura è finalmente libera dal giogo degli editori, un filo diretto tra autori e lettori, un sublimarsi di pagine che fluiscono tra le idee dello scrittore e le dita del lettore. O no?
In Italia, repetita iuvant, si legge pochissimo, ma possiamo vantare fiere dedicate al settore nelle quali i lettori si riversano a fiumi. Il Salone del Libro di Torino che aprirà i battenti tra poche settimane è senza dubbio la più importante manifestazione italiana in tema di editoria. A testimonianza dell’importanza del crescente mercato del self publishing, da quest’anno verrà ospitata una zona dedicata a questa nicchia settoriale dove i lettori potranno trovare libri liberi dalle logiche del mercato. Finalmente la Cultura allo stato puro, idee e basta.
Ma non è ancora il momento per il lieto fine; per partecipare coma autori a questo splendore culturale è richiesta la modica cifra di 350 € per due giorni (domenica e lunedì) e la vendita di non più di 30 copie della propria opera.
Credo non sia difficile intuire un po’ di malizia. Ovviamente un selfer non dispone di capitali elevati e questa è già una scrematura da associare al limite massimo di copie vendute che è la definitiva pietra tombare della cosa. Per rientrare delle spese di due giorni di fiera, pernotto e viaggio, con 30 copie occorre vendere la propria opera a non meno di 20 €, ma siamo onesti, chi spenderebbe quei soldi per uno scrittore esordiente sconosciuto quando un paio di stand più avanti c’è Joël Dicker che firma autografi?
Quindi ecco che la libertà culturale viene meno, sbandierata e poi imbrigliata, umiliata, sacrificata per dare spazio ai baroni dell’editoria che non vedono di buon occhio questa possibilità ma che sono costretti a fronteggiare.
Venite, venite pure ai nostri eventi sarà nostra premura occuparci di voi liberi pensatori per selezionare i libri da proporre ai lettori. Noi editori vi racconteremo la favola della Cultura libera, ma trameremo perché ciò non accada. Il mercato è nostro, così come le scelte dei lettori. Che ne sarebbe di noi se la gente scoprisse che è più avvincente la novella di uno sconosciuto che l’ultimo libro dell’ultimo influencer?