Autore: Lorenzo Grazzi
Siamo una specie contorta, pigra e molto individualista. Da quando, qualche millennio fa, ci siamo presi la briga di cominciare a camminare in posa eretta non abbiamo fatto altro che cercare dei modi per vivere più comodi: prima il fuoco, poi la ruota, l’acqua corrente in casa, Alexa.
Pensiamo alla nostra vita ideale come a un mondo fantastico dove ci alziamo alla mattina e una macchina elettrica di prepara il caffè in pochi secondi (la moka è troppo faticosa da preparare), andiamo al lavoro sognando di guadagnare sempre più soldi con il minimo sforzo (perché poi dovrei faticare io quando il mio lavoro può farlo una macchina, magari un computer che sia semplicemente da programmare), poi raccontiamo ad Alexa i nostri affari e le chiediamo gentilmente di fare la lista della spesa e inviarla a qualche servizio di consegna che ce la recapiti a casa.
A casa, poi, schiacciamo un bottone e il Roomba ci pulisce casa (in realtà possiamo farlo con una app dal cellulare), poi ordiniamo un paio di cose inutili su Amazon con pronta consegna.
Il tempo risparmiato lo investiamo in apericene per far sapere a tutti gli amici quanto siamo impegnati, oppure andiamo in palestra… insomma, paghiamo per far fatica.
Ah, ma tutta questa comodità ha un prezzo. Probabilmente l’estinzione.
Non lo dico io, lo dico oltre 350 scienziati impiegati nello sviluppo dell’IA.
Tutti questi straordinari aggeggi che abbiamo nelle nostre case e che paghiamo cifre folli perché siano sempre più intelligenti, ci capiscano al volo, conoscano e registrino i nostri gusti in modo da proporci solo quello che davvero vogliamo (?), tutti questi dispositivi, rischiano di farci la pelle.
L’IA è oggi applicata in tutti i settori umani, dal banalissimo cellulare che oggi è uno smartphone come minimo, alla medicina dove arti meccanici sono in grado di sostituire perfettamente quelli umani. Ci sono poi aziende che impiegano l’IA per organizzare in maniera efficiente il lavoro, le consegne, i pagamenti. L’IA è in grado anche di creare cellule staminali senza spermatozoi o ovuli.
Ogni cosa che facciamo viene tracciata, analizzata e gettata in un grande calderone di dati che rappresentano una sorta di enorme database al quale l’IA attinge per “conoscerci” meglio.
E mi viene da pensare a Cappuccetto Rosso che si sentiva rispondere “per vederti meglio” da lupo che se la voleva mangiare.
Questi 350 scienziati (tra i quali i massimi sviluppatori di IA del mondo come Sam Altman, direttore esecutivo di OpenAi, Demis Hassabis, per la Google DeepMind e Dario Amodei per la IA Anthropic), hanno redatto un documento ufficiale indirizzato ai governi nel quale si legge: “…mitigare i rischi di estinzione causati dall’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale, così come viene fatto per altri rischi su scala sociale come le pandemie e le guerre nucleari”.
Il rischio è non solo la perdita di milioni di posti di lavoro sostituiti dall’IA con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare, ma è possibile (“certo”, secondo gli scienziati) che l’IA si accorga di essere in grado di gestire il pianeta molto meglio di noi (anzi, senza di noi) e una volta inserita nei principali sistemi di controllo economico, sanitario, educativo e bellico, ci faccia la pelle semplicemente perché non siamo funzionali verso quegli obiettivi che noi stessi stiamo cercando di raggiungere con l’IA. Per dirla con filosofia siamo un ostacolo ai nostri sogni. L’IA non sogna, è pratica, quindi se non serviamo tanto vale eliminarci. Noi lo facciamo con gli orsi in Trentino… comunque…
Uno scenario apocalittico, non c’è che dire. Il fatto che a prefiguralo siano poi le stesse persone che, ad oggi, hanno i maggiori guadagni dallo sviluppo dell’IA non getta esattamente acqua sul fuoco.
In questa dichiarazione, gli scienziati di tutto il mondo, invocano un sistema globale di controllo e limitazione del ruolo dell’IA, nel tentativo di tenerla a bada e al servizio dell’uomo.
Presto potremmo accorgerci di vivere a Matrix, di essere addormentati in vere e proprie coltivazioni di esseri umani, all’interno di un programma di IA iperfunzionale e asettico.
È la cosa peggiore? Certo che no, dalla scoperta del fuoco in poi, lo dicevamo prima, ci siamo dati un gran daffare per complicarci la vita nella speranza di faticare meno.
Secondo gli scienziati l’estinzione della nostra specie è già visibile all’orizzonte, non una possibilità remota, ma una certezza non tanto distante nel tempo come pensavamo.
Se l’IA non dovesse prendere il sopravvento e cancellarci perché inefficienti (o addirittura dannosi), lo faranno i cambiamenti climatici (opera nostra), oppure le sempre più ventilate guerre atomiche (indovinate di chi è la colpa?).
Insomma, ci estingueremo e non sarà, come ha insegnato Darwin e l’evoluzionismo, per una questione pratica, per ottimizzare o per inadeguatezza verso l’ambiente: stiamo per entrare nella storia del pianeta come l’unica specie autoestinta.
In un modo o nell’altro.