Autore: Gianluigi Chiaserotti
Cadono quest’anno i 450 anni della morte di Giorgio Vasari (1511-1574), pittore, architetto e storico dell’arte.
Ho quindi pensato di ricordare questo grande della pittura e della storia dell’arte, proponendo alla vostra attenzione il quadro raffigurante “Sei letterati toscani”, conservato al “Minneapolis Institute of Arts” (una copia si trova all’Oriel College di Oxford).
Questo dipinto è sicuramente celebrativo dell’età aurea della letteratura italiana nei secoli XIV e XV ed il ruolo dei letterati raffigurati è quello di elevarla, ma soprattutto di nobilitare la lingua.
In primo piano ed in bella mostra siede Dante Alighieri (1265-1321), sicuramente il più celebre dell’epoca ed autore di quel capolavoro letterario che è la “Divina Commedia”. A sinistra c’è Francesco Petrarca (1304-1374), che regge un volume verde con la copertina del libro decorata con un cammeo formato da ritratto di una donna di profilo, che molto probabilmente è Laura, la musa del Poeta. Tra loro c’è Giovanni Boccaccio (1313-1375), autore del “Decameron”, libro iniziato nel 1348 in seguito allo scoppio della peste nera in Firenze. All’estremo del quadro, ma sulla destra, è ritratto Guido Cavalcanti (1255ca. -1300), poeta famoso per i suoi sonetti d’amore, anche se qui Dante, tenendo aperto davanti a sé un libro di Virgilio (70-19 a. C.), sembra volergli suggerire che trarrebbe beneficio dallo studio dell’opera dell’antico scrittore latino (al riguardo Dante lo precisa anche nella “Divina Commedia”).
I quattro poeti del XIII secolo indossano naturalmente le corone di alloro, e ciò a simboleggiare i loro successi letterari.
Dietro di loro, ma sulla sinistra, si intravedono altri due letterati, raffigurati con berretti tipici del XV secolo e ciò al posto delle corone d’alloro.
Codesti vissero un secolo dopo e sono quindi raffigurati mentre sembra che osservino il dibattito dei grandi della letteratura. Cristoforo Landino (1424-1498/1504), a sinistra, fu un influente filosofo neoplatonico, nonché studioso fiorentino, il quale pubblicò (nel 1481) un’edizione definitiva della “Commedia” dantesca, completa di un ampio commento e di illustrazioni.
Infine, accanto a lui è ritratto il filosofo ed umanista Marsilio Ficino (1433-1499), figura chiave che fece far rivivere nel Rinascimento, con una precisa ed attenta traduzione, la letteratura antica greca e latina.
Tutti gli oggetti collocati sul tavolo stanno a rappresentare le varie discipline accademiche.
Il quadrante solare ed il globo celeste denotano le scienze astronomiche ed astrologiche; la bussola ed il globo terrestre la geometria e la geografia, mentre naturalmente i libri rappresentano la grammatica e la retorica.
Questo quadro fu realizzato dal Vasari tra il 1543 ed il 1544, commissionatogli da Luca Martini (1507-1561) [nipote dell’umanista e storiografo Poggio Bracciolini (1380-1459)], componente illustre della corte di Cosimo I de’ Medici (1519-1574).
Nel fondo antico della Biblioteca Vaticana c’è un’incisione a bulino (mm 330 x 295; 1548-1570), pubblicata dal pittore Hieronymus Cock (1510-1570) tra il 1548 e il 1570 (Riggs, “Hieronymus Cock”, nr. 195; Gregory, “Vasari and the Renaissance Print”, pp. 300-302), che riproduce in controparte il dipinto in oggetto.
Fa appunto parte del cosiddetto fondo antico della detta Biblioteca, che è il nucleo più antico e prezioso di incisioni conservate in 344 volumi suddivisi per artisti e per scuole, ed è inserita nel tomo Stampe V, 8.
Qui Dante è raffigurato in posizione centrale circondato da insigni colleghi letterati: è l’unico che siede su una sedia finemente decorata e nonostante ciò appare alto quanto gli altri, ed è colto nell’atto di mostrare a Guido Cavalcanti, in piedi alle sue spalle, un libro di Virgilio trascurando momentaneamente Francesco Petrarca postogli di fianco, il quale si protende per osservare più da vicino il volume; tra i due, in posizione arretrata, vi è Giovanni Boccaccio, anch’egli raffigurato con il capo cinto di alloro, mentre sullo sfondo chiudono il gruppo gli umanisti quattrocenteschi indicati nella didascalia in alto, e precisamente Angelo Poliziano (1454-1494) e Marsilio Ficino che partecipano come semplici uditori.
A Luca Martini va probabilmente attribuita l’impostazione figurativa del dipinto vasariano.
Lui, ingegnere, letterato, membro di varie accademie e fine mecenate di artisti, fu un grande estimatore ed ammiratore di Dante.
Alcuni studiosi hanno inoltre attribuito al Martini l’allestimento degli oggetti sul tavolo.
È un richiamo ad una lezione tenuta nel 1543 all’Accademia Fiorentina, della quale Martini fu fondatore, dal suo grande amico Benedetto Varchi (1503-1565) sugli ultimi versi del XXII canto del “Paradiso”:
«[…] L’aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendom’ io con li etterni Gemelli,
tutta m’apparve da’ colli a le foci;
poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.»
Versi in cui Dante, giunto all’ottavo cielo, nella zona della propria costellazione, i Gemelli, è invitato da Beatrice a guardare in giù, e ciò al fine di osservare il cammino percorso e scorge così i vari pianeti, tra cui la terra ormai distante.
Scrive Novella Macola nelle sue “Dotte Conversazioni” (pp. 57-59): «Il globo terrestre e quello celeste con la costellazione dei Gemelli in evidenza – simboleggiata da due figure abbracciate – materializzano questa visione; gli strumenti come la sesta e il quadrante, i libri e il calamaio evocano non solo le dottrine dei Sei letterati toscani, ma anche l’impegno di Varchi nel verificare i riferimenti danteschi».