Autore: Sabrina Fava
L’amore dei nonni è quel tipo di amore che nessun altro vi darà mai nella vita. Spesso mi sono domandata il perché e forse ora ho compreso. I nonni sono persone che già sanno cosa vuol dire essere genitori, già sanno il significato della parola “amore”, e che se tutto andrà bene, seguendo l’ordine naturale, saranno i primi a lasciarci ed è per questo che ci ameranno come mai nessun altro. Perché hanno la consapevolezza di non avere abbastanza tempo.
Io penso sempre ai miei, la mia nonna sprint “Baggia” l’ho sempre chiamata così e solo Dio sa che diavolo voglia dire, me lo sono inventato, l’ho resa unica con una sola parola. Una donna fuori dall’ordinario, una di quelle che brucia qualsiasi cosa che lascia sul fuoco e che non sa fare i cappelletti. Pensate che una volta ha avuto l’ottima idea di cucinare il pollo per cena. L’ha afferrato e inserito ancora congelato dentro una vecchia ciotola, probabilmente in bachelite (no scherzo, lei è nata quando la plastica infestava già le nostre vite e la seconda guerra mondiale cominciava a divenire un ricordo) poi l’ha inserita nel forno per scongelarlo. Ma… colpo di scena ha combinato un disastro e invece di impostare il programma dello scongelamento ha deciso di cucinare un profumatissimo pollo in crosta di plastica. E mio nonno, quanto la sgridò, o almeno questo è ciò che mi pare di ricordare. Non me la sento di farle ripercorrere il viale dei ricordi e non voglio chiederle come sono andati realmente i fatti, preferisco farli riaffiorare a modo mio.
Tuttavia penso che siano accadute determinate cose. Forse mio nonno l’ha aiutata a pulire dopo aver inveito per qualche millesimo di secondo contro di lei, poi l’ha presa in giro, mia nonna deve essersi offesa, senza ombra di dubbio. Perché, sapete, in quarant’anni non è mai stata in grado di capire la sua ironia, e questa cosa lo faceva impazzire. Impazzire sì, ma di gioia.
Probabilmente ha fatto fatto il broncio, o come lo chiamiamo noi in Romagna “il pippio”, dicendo qualcosa come: «Ma insomma, io non l’ho fatto apposta» e sono certa che dopo lui ha riso, le ha stampato un bacio sulle labbra e se n’è andato canticchiando una vecchia canzone dei Nomadi. E ora che ci penso intonava sempre Io Vagabondo e nel momento in cui la canzone diceva: “Soldi in tasca non ne ho” faceva quel movimento con indice e pollice come a indicare che non aveva un becco di un quattrino. Per dare sostegno alla frase, capite?
Ma ritorniamo al bacio, doveva essere stato uno di quelli che mi faceva venire voglia di cacciarmi due dita in gola da bambina e andare a vomitare arcobaleni. Ma ora ci ripenso, e diamine pagherei oro per vederlo ancora.
Mio nonno se n’è andato qualche anno fa, ma scorgo il riverbero della sua anima pura ogni giorno nelle persone che mi circondano. Nella bontà, in quel gesto inaspettato.
Era uno di quegli uomini che aveva sempre una scatola di uova sotto l’ascella e quando mi veniva a prendere da casa delle amiche, mi diceva: «Sabry, aspetta, porta le uova».
Quindi amiamo i nostri nonni, facciamolo mentre sono ancora al nostro fianco perché quell’amore non lo vedremo mai più e se lo faremo noteremo i riflessi che hanno lasciato, i segni indelebili. Per sempre.