Aurore: Stefano Luigi Cantoni
Nell’ormai lontano 1997 fu emanato il Documento finale della Commissione dei quaranta saggi per la riforma dei cicli scolastici, all’interno del quale (tra gli argomenti del giorno) si poneva l’accento sull’importanza dell’educazione alla lettura.
Tema a me assai caro (come a molti, spero) che necessita qualche riga di riflessione in questo spazio che, della lettura, fa anche e soprattutto la propria ragion d’essere. Il Documento sopra citato si focalizza in particolare sull’approccio che i giovani devono avere con la lettura, definita come “pratica disinteressata, libera e avventurosa.”
Bello spunto, anche alla luce del grosso problema che affligge il nostro Paese (trasversalmente, dai giovani agli anziani): le persone che leggono sono sempre meno. Occorre dunque partire, come evidenziato dalla Commissione dei quaranta saggi, dalle emozioni che la pratica della lettura innesca: immediatezza, gioco e, nondimeno, bisogno-piacere inesauribile.
Leggere un libro è una scoperta che scatena una ricerca continua di altri volumi, sia per saziare la curiosità e la sete di sapere sia per far durare all’infinito quell’atto unico che è rappresentato dal perdersi tra le pagine scritte.
Ciò che va custodito è, soprattutto, ciò che si trova nei libri, come diceva Ray Bradbury in Fahreneit 451: i testi scritti sono un ricettacolo in cui tutti, prima o poi, ripongono le cose che temono di scordare o, forse, non considerare a pieno.
I libri, in fondo, sono questo: la memoria del mondo. La vera magia sta qui, in quello che le pagine comunicano, nel modo in cui legano tra loro passato, presente e futuro attraverso suture invisibili ed eterne, regalando a chi legge porti franchi e speranze tangibili.
Verba volant, scripta manent (le parole volano, gli scritti rimangono): i latini, oltre a fare guerre e strade, avevano capito (grazie ai loro innumerevoli poeti e letterati) che è nel testo impresso, nella “caducità stessa del verbo” (per dirla alla Cioran) che risiede la speranza di lasciare un senso nel cammino, sopravvivendo al divenire e alla corruzione fisica propria dello scorrere del tempo.
Una ricerca di immortalità che non può certo venire dal cicaleccio, dalle urla o dall’ostentazione di (presunte) capacità: è dalla sola pagina scritta che si evince la cifra di uno scrittore che, innanzitutto, è un uomo e, come tale, scrive per altri uomini, nella speranza di condividere con altri simili il viaggio, nell’illusione di scorgerlo meno patinato e più autentico.