Autore: Heiko H. Caimi
La vicenda di Ilaria Salis è tra quelle che più hanno colpito l’opinione pubblica nelle ultime settimane: vedere le sue foto in ceppi e manette ha scosso e indignato molte persone, sia di destra che di sinistra, sia italiane che europee.
Ma riassumiamo per chi non è al corrente: Ilaria Salis è una docente milanese di 39 anni nonché una militante antifascista, accusata di lesioni aggravate ai danni di due neonazisti in Ungheria, dove è detenuta da quasi un anno in condizioni disumane. La sua vicenda ha suscitato indignazione e preoccupazione a livello internazionale, poiché viola i principi fondamentali della dignità umana, il diritto a un processo equo e a misure alternative alla detenzione cautelare. Ilaria Salis rischia fino a 24 anni di detenzione, e il suo processo è stato nuovamente rinviato.
La vicenda è resa ancora più grave dal fatto che l’Ungheria è un Paese membro dell’Unione europea. Peraltro si tratta di una nazione che negli ultimi anni ha mostrato una deriva autoritaria e una violazione sistematica dei diritti umani, soprattutto nei confronti di migranti, rifugiati, minoranze, giornalisti e attivisti. Inoltre l’Hungarian Helsinki Commitee, un’organizzazione umanitaria che si occupa dei diritti dei detenuti, ha denunciato il sovraffollamento carcerario, la detenzione arbitraria e il trattamento inumano e degradante dei prigionieri. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato più volte l’Ungheria per le sue violazioni, ma il governo ungherese non ha rispettato le sentenze né ha adottato le riforme necessarie.
L’Italia, come Paese di origine di Ilaria Salis, dovrebbe sicuramente fare di più per garantire il rispetto dei suoi diritti e per chiedere il suo rilascio o il suo trasferimento in Italia, in base alle norme europee sulle misure alternative alla detenzione cautelare. Tuttavia, il governo italiano, come prevedibile, non ha mostrato particolare interesse per la sua situazione e non ha esercitato una forte pressione diplomatica sull’Ungheria. Del resto quando si tratta di compagni, e non di camerata, fare spallucce pare essere divenuto un atteggiamento d’obbligo, in mancanza di risposte convincenti.
La vicenda di Ilaria Salis, peraltro, è un caso emblematico che mette in luce la fragilità dei diritti umani in Europa e la necessità di vigilare e intervenire per proteggerli. È importante che l’opinione pubblica, i media e le organizzazioni internazionali continuino a seguire il suo processo e a denunciare le violazioni che subisce. È altrettanto importante che l’Italia si faccia carico della sua responsabilità e si impegni per garantire a Ilaria Salis una giustizia equa e un trattamento dignitoso, a prescindere dal sua aver compiuto o meno il fatto. Purtroppo, a parte qualche sparuta eccezione, pare essere un impegno poco popolare anche per la sedicente sinistra, molto più interessata a contendere il trono alla destra nelle prossime elezioni europee che alle questioni di principio; il che dimostra la scarsa considerazione che i diritti fondamentali dell’uomo godono, in generale, nella nostra nazione. Ma, come cantava De André in anni molto più fertili, “Anche se voi vi credete assolti / Siete lo stesso coinvolti”.