Autore: Davide Libralato
Francesco Tricarico, a mio vedere uno dei cantautori italiani dalla mentalità meno “italiana”, e sottolineo il fatto che considero questa cosa più un pregio che un difetto. Cosa significa per te essere musicista al giorno d’oggi nel nostro bel paese? “L’italiano vero” nel mondo della musica, come hai cantato anche tu nel famoso brano del compianto Toto Cotugno, è più imbrigliato tra luoghi comuni, è più dentro un sistema (ahinoi) imposto o gode di corsie preferenziali che il resto del mondo ci invidia?
Beh, io adesso non so dirti bene come la vedano gli altri e quale siano i modi di scrivere musica, parole e canzoni rispetto ad un sistema discografico, radiofonico o comunque che sta attorno alla canzone e all’amplificazione della musica (e quindi tutti i Media). Io sono sempre stato molto libero e mi fa piacere che tu dica “poco italiano per certi aspetti”, nonostante la tradizione italiana sia molto bella, dall’opera ai madrigali, da tutto ciò che ci contraddistingue e caratterizza tipo il bel canto di cui vado fiero e che ho studiato al conservatorio. Trovo che in questo momento ci sia un grosso pensare su cosa piaccia alla gente e questo rende tutto molto omologato, molto banale, molto triste e apparentemente furbo ma in realtà di gran poca sostanza. C’è tutto un mondo autoreferenziale che ha svilito e appiattito la canzone. Questa realtà a me non è mai interessata perchè io continuo comunque a fare ciò che ritengo giusto… o meglio: mi interessa perchè ciò che faccio a volte ha meno amplificazione di quella che mi piacerebbe avesse, ma pazienza. Anzi credo che adesso più che mai, dove intorno ci sono queste grosse pressioni e banalità sia importante che ognuno continui a fare ciò che sente.
Non sei mai stato convenzionale e questo ti ha permesso di entrare nel cuore di chi riesce a cogliere anche la tua sensibilità. Quelle che racconti nelle tue canzoni sono sempre storie da te vissute o sono delle visioni che hai o che vorresti avere della vita?
Quelle che racconto sono sempre storie che ho vissuto o che ho immaginato rispetto a qualcosa che ho provato e cerco di raccontare ogni volta pensieri ed emozioni che ritengo importanti, come le idee che a volte sono frutto dell’esperienza e poi vengono così esposte. “Vita tranquilla” ad esempio è un pensiero che nasce da una constatazione, “io sono Francesco” era una storia molto più personale e altre canzoni ancora diversamente. Comunque, nascono tutte da pensieri autobiografici e anche ciò che non è autobiografico ha un aspetto immaginifico che lo me lo rende mio. In questo momento, ricollegandomi alla tua prima domanda, cerco di essere il più possibile onesto con me stesso, raccontando con i miei mezzi ciò che mi sembra spontaneo e penso sia la cosa più importante nell’arte in generale. Infatti, la musica, la canzone anche nella “canzonetta” è un’arte molto popolare, molto importante e capace di smuovere gli animi, le idee e le coscienze per cui ha un grande valore anche se purtroppo si è cercato di farglielo perdere in questi anni, rendendola intrattenimento. Credo per cui che passare in mezzo alle mode e alle correnti portando avanti le proprie visioni (a volte apparentemente strane) possa essere comunque un veicolo per arrivare agli altri laddove queste vedute comuni scatenano anche in loro un senso di onestà e sanità di principi.
Del tuo primo e famosissimo singolo “Io sono Francesco” tutti ricordano l’epiteto non proprio simpatico con il quale definivi la maestra della tua classe. Io adoro quel testo perchè ci ho sempre visto tra le più dolcissime esortazioni che un adulto possa fare ad un bimbo che sta vivendo il dolore unico che si prova nel perdere un genitore in tenera età. Cosa ti ha mosso a scriverci una canzone?
Fu il produttore col quale lavoravo, ora ti racconto tutto. Nel brano ricordo quel fatto molto personale del bambino orfano (che sono poi io), bambino al quale viene sottoposto un tema dove deve parlare del padre. Lui dice che non lo ricorda e la maestra sostiene che qualcosa deve ricordarsi e così questo bimbo va in crisi. Nel ritornello c’è un’apertura dove io descrivo i miei compagni di classe che mi vengono vicini e questa scena di conforto viene sublimata poi nel “venite bambini, venite bambini”… questo è il mio più bel ricordo. Il gesto che gli altri bambini dedicano allo sfortunato è stata la scintilla di momenti che si potrebbero perdere ma io li ho voluti sottolineare. La canzone è stata così un modo per presentarmi. E qui entra in gioco il mio produttore Mauro Tondini. Avevamo un contratto materiale che consisteva nell’uscita di due singoli e poi di un album. La poetica e la bellezza sono nate dopo. Ricorderò sempre questa frase, lui mi disse che è come se io mi stessi presentando, per cui il “buongiorno buongiorno” e poi la riflessione così personale mi sono sembrate qualcosa di molto importante da ricordare e da utilizzare come presentazione. Il tutto è nato quindi da una serie di coincidenze: io in quel periodo stavo mettendo a fuoco questa cosa che mi era accaduta e dovevo uscire con un brano in un mondo discografico dove c’erano già tante canzoni ma mancava qualcosa capace di attrarre, di raccontare una vicenda messa così a nudo. Negli anni mi sono reso conto che più racconti cose che sei convinto siano solo tue più ti accorgi che anche alcune cose intime riguardano in modo diverso un po’ tutti. Questo pezzo di (ormai) 20 anni fa ha dato la possibilità a me di continuare a scrivere e a dedicarmi alla cosa che più amo, cioè alla musica e alle parole.
La musica come àncora di salvezza per chi la crea e per chi la ascolta. Quando dici che la musica ti ha salvato cosa intendi? È riuscita a renderti la vita tranquilla come ti auspichi possa diventare citando un tuo brano?
Nella canzone “La musica mi ha salvato” intendo che la musica è stata un mezzo per esprimere cose, sentimenti ed emozioni che altrimenti avrei fatto fatica a raccontare. Magari se avessi fatto il cuoco invece di studiare musica o il meccanico in officina avrei trovato un altro modo di descrivere la stessa cosa, non posso saperlo. L’arte dà parola all’inesprimibile, a ciò che altrimenti resterebbe forse bloccato. Per fortuna del sottoscritto il mio mezzo è stato la musica, strumento con il quale ho imparato a comunicare alle scuole medie prima e al conservatorio poi. Per me stata un’ancora che mi ha permesso e mi permette di avere una voce; c’è un concetto che mi piace e che ripeto spesso anche ai miei figli: se tu gridi per strada ti danno del pazzo, se gridi su un palco puoi diventare un grande interprete. Il palco è la musica sono dei momenti magici di rappresentazione per cui è una grande fortuna poter cantare e stare sul palcoscenico con tutta la magia che esso rappresenta nel rapporto pubblico-musicista e viceversa.
Oltre a essere un raffinato musicista attento alle parole hai un’altra grande passione: la pittura. Di preciso quando hai cominciato a dipingere? A tuo parere c’è qualcosa che accomuni musica e arte visiva?
L’arte visiva e la musica sono due cose diverse anche se quelle che mi riguardano provengono dalla stessa persona e qualcosa che le accomuna ci sarà, sicuramente la necessità di vedere e fermare qualcosa cose che prima non c’era. Mi affascina una canzone nuova che scrivo, mi affascina vedere un quadro finito che prima non c’era, mi affascina la trasformazione nella musica, della sua aria e delle parole, come nella pittura i colori e quello che rappresentano. Il tutto è cominciato verso gli 11 anni quando ho iniziato a studiare musica e a disegnare e quei disegni che sono diventati poi tele. A differenza della musica che ho poi approfondito in maniera accademica al conservatorio la pittura è rimasta poi più libera. La cosa che altresì le accomuna è che entrambe sono state (come dicevi tu prima) due ancore di salvezza, di autorealizzazione ed espressione, di artigianato, perchè mi permettono fortunatamente di vivere ed è una grande fortuna per me averle incontrate e coltivate. Lo studio, il tempo dedicato a questa cosa (di cui spesso poco si parla) risulta fondamentale per imparare l’armonia, la melodia. Così nel dipingere è l’uso dei colori, perchè usiamo l’acrilico o altro, quali sono più lucidi o brillanti ecc. Io credo che più tu ti dedichi a un’arte più lei ti è riconoscente. Questo è affascinante per me.
L’ultima domanda, quella che si ripete in ogni mia intervista: “l’Artista per me può definirsi tale perchè vive sognando”. Qual è il tuo sogno Francesco?
Si, è vero che l’artista vive sognando però poi vive anche nel mondo. Credo non ci sia artista che poi non viva nel mondo in cui si trova. Un giorno al liceo stavamo ascoltando Bach e ricordo un mio professore al quale qualcuno chiese chissà da chi o da cosa questo musicista fu ispirato nella composizione delle proprie opere. Lui rispose che magari venne ispirato dalle bollette della luce, (anche se allora i problemi erano ben altri in realtà) questo per dire che a volte dalla necessità e dalla praticità, dall’oggettività della realtà può nascere quello che poi diventerà l’espressione stessa dell’artista. Vedo ora un periodo molto cupo e buio quindi probabilmente mi sta più a cuore un sogno collettivo. Viviamo un momento nel quale si cerca di rendere l’intelligenza umana più banale similmente a quella artificiale, laddove quest’ultima appunto non ha nulla a che vedere con la nostra. Vedo anche la Chiesa non parlare di Dio e di Spirito, cioè vedo tutto proiettato verso aspetti più banali e fisici e in una mediocrità di ragionamento, dove vengono trascurati gli aspetti più umani dello Spirito e dell’Amore. Amore inteso come mistero indicibile e inspiegabile della vita, mistero che ci rende umani. Il mio sogno è che si possa ritornare ad un nuovo umanesimo e che possa dare nuovamente valore all’uomo, valori che non siano solo di commercio di cose effimere. Vediamo ora Influencer salire in alto e poi cadere come pedine del domino di un sistema che sta disumanizzando tutto. Qualcuno diceva: “leggiti un libro, è gratis e ti arricchisce più di una Lamborghini”. Questi come tanti altri sono oggetti che oggi tra i trapper vanno di moda e fanno comodo per attirare quella fetta di consumatori ai quali vogliono arrivare. Il mio sogno è che si possa ritornare alla valorizzazione della poesia ormai resa ridicola da tutta questa triste realtà, e mi auspico quindi che possa avere ancora il valore che le spetta anche nella nostra quotidianità. Abbiamo sicuramente bisogno di momenti di intrattenimento, ma che questi non vengano scambiati per valori. I valori devono essere altri.