FACCIA A FACCIA CON LA MUSICA TORMENTO

FACCIA A FACCIA CON LA MUSICA TORMENTO

Autore: Davide Libralato

Caro Massimiliano, tu suoni un Rap che proviene dalla vecchia scuola, sei un vero esponente di uno stile in parte “superato”. È difficile sopravvivere (e vivere) oggi mantenendo alta la propria identità artistica?
Devo dire che l’esperienza fa tanto, nel senso che ci vogliono davvero molti anni per capire come cavarsela e sopravvivere tra le grinfie di quel “mostro” di nome SIAE, anche se ora abbiamo questo sindacato che si chiama Nuovo IMAIE che è un grande aiuto per gli artisti. Essere capaci di capire da dove arrivi l’economia in questo mestiere è sicuramente la cosa più difficile e molto spesso è il primo aspetto dal quale parto quando un ragazzo mi si avvicina e mi dice che vuole fare musica per lavoro, perchè c’è sempre uno spirito artistico fortissimo nel volersi esprimere ma poi è molto importante conoscere anche i contratti che vai a firmare. Sapere di cosa parlano, quali sono tutti i parametri che devono essere al loro posto perchè questo sia corretto anche se di fatto un contratto non sarà mai pienamente a tuo favore, questo purtroppo bisogna dirlo. Da piccolo ho aperto un’etichetta discografica, l’ “Area cronica” e pian piano ci sbatti la faccia e le cose le impari così, letteralmente a mazzate. Infatti ai giovani di questo ne parlo ma a loro il più delle volte non interessa niente. Per avere invece la possibilità di una carriera lunga come dicevi anche tu, magari mantenendo più inalterato possibile il proprio stile si passa anche da queste conoscenze. Cambiano i periodi storici, cambiano le società e la musica di conseguenza. Credo comunque sia giusto che chi ha più esperienza e competenze rimanga maggiormente in gioco nonostante ci si accorga in seguito che il gioco stesso è fatto apposta per sfruttare i ragazzi più giovani e quelli un pò più adulti lasciati invece in disparte, sperando proprio che piano piano spariscano. Io ad esempio, spinto da una voglia troppo forte di esprimermi e contemporaneamente accompagnato dalla mia esperienza… sono fortunatamente ancora qui.
Tra Hip-Hop statunitense, R&B e Soul, le tue origini musicali sono ben note. Oggi però, che dagli esordi con i Sottotono di anni ne sono passati un bel po’, che musica ascolta Tormento?
In realtà oggi ascolto proprio di tutto, poi ho comunque la mia collezione di vinili interamente black, anche i miei tatuaggi sono un chiaro segnale di questa passione per gli artisti black. La mia vita è stata un pò dedicata a questa ricerca anche se in verità ho adorato ad esempio i Napoli centrale, Pino Daniele e Tullio D’Episcopo, insomma la storia di un certo tipo di jazz-rock italiana. Del resto la musica nostrana degli anni ’60/’70 è stata fatta coverizzando successi americani o comunque anglofoni. Oggi mi piace scoprire nuove cose tipo Pop sopratutto straniero, ma perchè è quello che secondo me racconta un pò la società del momento. Quindi anche la Trap, che sicuramente per i numeri che fa è quasi un fenomeno Pop, racconta esattamente gli adolescenti, cosa pensano e come lo pensano. Loro si sentono rappresentati da questi artisti quindi noi che siamo più adulti abbiamo il dovere di capire il perchè sono così ansiosi, arrabbiati, depressi… insomma un pò tutto l’insieme. Perchè questo sicuramente è anche causa nostra e della società che tutti noi abbiamo contribuito a creare. Poi dall’altro lato mi piace un sacco (ed ho ritrovato) la musica indiana dalle forti radici spirituali, dato anche l’utilizzo di strumenti che smuovono a livello di frequenze così importanti: vedi le campane tibetane. Sai, con il tempo studiando la musica e l’effetto che ha nel nostro corpo alla fine arrivi a quegli strumenti, quelli davvero ancestrali che hanno molto più effetto della musica che oggi ascoltiamo la quale molto spesso su di noi non ha l’effetto che di base dovrebbe invece avere, ovverosia positivo.

Essere ricordati per quei pezzi che sono passati un milione di volte in radio (mi riferisco ovviamente a “Solo lei ha quel che voglio”, “Dimmi di sbagliato che c’è ” e “Coccinella”) per te è più una “condanna” o un valore aggiunto?

E’ un pò la maledizione dell’avere successo, perchè parlando ancora dei musicisti indiani, proprio loro dicono che ogni sera devi fare musica diversa perchè stai raccontando un momento diverso. Questo è molto Hip-Hop, è cosa del Free Style se ci pensi, ma dall’altra parte giustamente il pubblico è legato a dei clichè che appartengono alla società di oggi, che cento anni fa forse non erano nemmeno così. Oggi invece diamo per scontato che un Artista salga sul paco e faccia le canzoni che il pubblico conosce, come le conosce ed esattamente con l’arrangiamento nel quale le conosce. Invece io da musicista comprendo e apprezzo chi un pò le stravolge, ma capisco assolutamente l’ascoltatore. Infatti io allo stesso tempo adoro il pubblico che è così tanto legato ad una canzone mia: a me ricorda delle cose, a loro altre della propria vita… per me è una benedizione. Quindi cantarle risulta assolutamente un piacere.

Ricordo con particolare affetto il tuo brano con i Sottotono  “Amor de mi vida” perché mi è sempre piaciuta questa tua volontà di sottolineare l’Amore per un genitore, cosa che nella musica non si vede tutti i giorni. Questa cosa io la  condivido e la apprezzo da figlio e (da un bel po’) anche da genitore. Che figlio sei stato e che genitore vuoi essere? 

Beh, Tormento (il mio nome d’arte) nasce dalla mia famiglia, me l’ha appioppato mio fratello da piccolo, perchè ho fatto letteralmente impazzire (poveri!) i miei genitori con la scuola e via così, i disastri che facevo erano proprio da persona inconsapevole quale ero. Combinavo guai uno dietro l’altro senza neanche rendermene conto e sono stato terribile, quindi anche per questo “Amor de mi vida” è stato un modo per farmi perdonare in particolare da mia mamma. Tutti mi hanno dato del mammone per questo pezzo sai, però molta della mia sensibilità son sicuro che arrivi da mia madre: a lei assomiglio maggiormente sia fisicamente che caratterialmente. Invece come genitore un pò sicuramente sto sbagliando perchè sono molto amico di mio figlio, ma per fortuna c’è mia moglie che è il poliziotto cattivo ed io sono il poliziotto buono ahahahahah. Questo sicuramente mi aiuta a farmi raccontare da lui cose che magari alla mamma non dice, e quindi è uno spiraglio sul suo mondo e per assurdo è interessantissimo anche dal punto di vista professionale (per riprendere poi in parte il discorso della domanda iniziale). Chi ha 12 anni oggi fa il mercato musicale maggiormente di quanto magari lo facesse una volta e io ho un motivo in più per provare a capirli questi giovani; poi succede che se gli artisti non “sbigliettano” o comunque non hanno il riscontro che si apettano si chiedono il perchè. Ti assicuro che la musica per i ragazzi dai 25 anni in su purtroppo non ha l’importanza che aveva negli anni nostri, gli ascolti a quell’ età sono veramente bassi (e questo oltretutto secondo me è un bel disastro). Siccome la musica è ascoltata e fatta maggiormente da giovanissimi questo modo di essere genitore mi aiuta a capire il loro linguaggio e di riflesso poi la società vista come la vedono loro, ovvero senza quei filtri che noi ci siamo fatti per proteggerci da tutto quello che c’è intorno. Invece loro ne vengono influenzati e comunque colpiti senza avere nulla che li protegga. Per questo poi reagiscono così forte.

La musica che proponi (Rap) si presta molto bene alle collaborazioni o anche meglio dette “Featuring”. Questa pratica in altri generi non si vede in egual misura… come mai secondo te? È una questione di attitudine alla cooperazione tra questo tipo di musicisti o è semplicemente una forma stilisticamente rodata?

In realtà per quanto mi riguarda nell’ Hip-Hop il feat nasce nelle prime jamming in cui siamo cresciuti assieme. Era proprio un genere che apparteneva ai giovani come oggi appartiene loro la Trap. E siccome era tanta l’inesperienza, e se ti avvicini al Rap solitamente non avevi studiato musica, nessun strumento e tantomeno canto, allora quel fatto di essere assieme a noi ci serviva. Le collaborazioni ci arricchivano a vicenda e nel Rap questa cosa non si è persa perché se ci pensi un gruppo rock si chiude in saletta e magari prova giorno e notte. Non vede il resto del mondo. 

Ora per carità è diventato sicuramente un business, perchè purtroppo si scelgono solo i featuring migliori per portare numeri, invece non si sceglie molto spesso una collaborazione reale e costruttiva. Ormai la musica vive questo problema gigante. Alla fine il denaro ha sempre comandato però ai miei tempi c’era in ogni caso un pò più di cuore quando si faceva arte.

L’ultima domanda, quella che si ripete in tutte le mie interviste: “l’Artista per me può definirsi tale perché vive sognando”. Qual’è il sogno di Massimiliano Cellamaro?

Secondo me tutto quello che viviamo all’esterno, tutta la realtà che ci fa così paura, tutta la violenza, la rabbia comprese le guerre che ci sono in tutto il mondo in realtà sono poi da riportare nella propria vita. A me quello che piacerebbe è che ognuno di noi mettesse pace nel proprio universo, portasse armonia principalmente nel proprio di universo. Nel mio live ne parlo, in diversi momenti del mio concerto lo faccio. Solo in questo modo poi un riflesso esterno potrà far prendere una piega positiva alla nostra vita personale. Se ci ragioniamo ci rendiamo conto di essere costantemente più arrabbiati che innamorati, siamo molto spesso più frustrati che gioiosi, e quindi si tratta di emozioni che decidiamo di coltivare. Più che un mondo idilliaco invece spero che pian piano ognuno di noi faccia un minimo di crescita per portare nel proprio orto questo equilibrio che sono sicuro si rifletterà poi anche all’esterno.