FACCIA A FACCIA CON LA MUSICA: LELE (BULLO) RUMATERA E CATARRHAL NOISE

FACCIA A FACCIA CON LA MUSICA: LELE (BULLO) RUMATERA E CATARRHAL NOISE

Autore: Davide Libralato

Caro Lele (o Bullo come preferisci!) dai tempi dei pub di paese dove ti esibivi con i Catarrhal Noise ad oggi di tempo ne è passato. I Rumatera hanno poi consolidato il percorso che ti ha portato ad essere uno dei veneti di riferimento in ambito musicale. Riusciresti ora a vederti lontano da questo personaggio?
In questo momento qui sarebbe molto difficile. Negli anni il Bullo ha acquistato la propria dimensione, nonostante il rapporto con lui non sia stato sempre semplice. Lo scambio tra Lele e il Bullo è qualcosa di costante, anche di amore e odio a volte. Come tutti gli alter ego artistici nasce perchè deve dar sfogo a parti che non potrebbero emergere. In questo lungo periodo di attività ha fatto sicuramente il suo e mi ha permesso di stare in un determinato equilibrio mentale. Ci sono stati dei momenti dove ci siamo confusi le vite uno con l’altro però adesso sembrerebbe che abbiamo trovato un buon equilibrio; è importante cercare il più possibile di integrarsi con le varie parti della propria personalità senza rischiare appunto che tra le due ci sia conflitto. Ultimamente cerco di essere un po’ più Bullo nella mia vita quotidiana e un pò più Lele quando sono in scena. Rispondendo alla tua domanda sul riuscire a vedermi lontano dal mio personaggio ti dico quindi che dovrei rinunciare proprio ad una parte di me… perciò no. 

A livello artistico provieni dal mondo del Rock e del Metal ma oggi hai ampliato alla grande i generi nei quali ti cimenti. Ci sono difficoltà nell’essere così poliedrici? Se si, quali?
Si una difficoltà c’è sempre, nel senso che ogni volta che ci si cimenta in un genere diverso si deve, almeno per come sono fatto io, cercare di capire quale sia la propria interpretazione di quella cosa. Non riesco a prendere qualcosa e farla come l’hanno fatta gli altri. Ad esempio, quella volta che volevamo fare i Limp Bizkit è uscita “Me son cagà dosso”. Un pezzo quindi che rappresentandoti a livello artistico riesca a riflettere delle cose che hai dentro, che ti divertono e che ti identificano. Per quanto riguarda la differenza di generi sia io che i miei compagni di avventura abbiamo ascolti molteplici, quindi, è naturale attingere da ciascuno di essi. Parlando di me, passata la fase dell’adolescenza ovvero quel periodo nel quale si prendono posizioni estreme e hai bisogno di sviluppare un’identità vera e propria (dove nel caso mio si ascoltava solo Metal e Punk rigorosamente non commerciale) ho ampliato i miei ascolti in maniera decisamente più matura e consapevole,  apprezzando così diversi tipi di musica.

Quando con i Rumatera hai affrontato la tua esperienza negli U.S.A. avrai vissuto sicuramente situazioni particolari, o perlomeno avrai visto realtà differenti rispetto al paesetto di campagna dal quale provieni. Cos’è invece la cosa che ti ha fatto pensare almeno una volta: ” … cazzo, ma tutto il mondo è paese! 
La prima e la più esilarante che mi viene in mente è una volta in cui stavamo praticamente vagando per Los Angeles e passando davanti all’Hollywood Bowl, ci siamo fermati dopo aver visto tantissimi Pick-up e persone vestite da Cowboys. Alcuni di questi mezzi erano muniti di barbecue e le persone si stavano organizzando per fare una grigliata prima dell’esibizione serale di un artista grosso del country. Questa cosa per me è stata significativa, mi ha riportato a quanto possa essere universale e unificante (in qualsiasi posto del pianeta) condividere un fuoco acceso, una griglia e delle birre. Mi sono detto: festa è festa in tutto il mondo!

Sappiamo bene che rispetto ad altri dialetti, il nostro (veneto per chi non lo sapesse) non è così amato e ben considerato all’interno del nostro bel paese. Che tipo di sensazione/soddisfazione si ha quando proprio attraverso l’orgoglio della propria regione si riesce ad avere il proprio spazio in realtà come, ad esempio, Radio Dj dove sai che ti ascolta tutta Italia?
Intanto quando succedono queste cose sono sempre una sorpresa perchè come dicevi tu non le si aspetta dato anche dialetto così poco sdoganato. È sicuramente sorprendente che delle realtà nazionali si interessino a qualcosa in dialetto veneto. Poi devo dire che è divertente, a dirti la verità abbiamo avuto sempre degli ottimi feedback da parte degli ascoltatori non veneti. Ad esempio, quando più di dieci anni fa siamo andati a suonare all’Alpheus a Roma per la festa che faceva il Trio Medusa alla fine delle loro trasmissioni, siamo stati accolti in maniera molto calorosa. Ovviamente in situazioni del genere ciò che si crea è incentrato molto nell’autoironia e ci si aggrappa volontariamente a luoghi comuni come, ad esempio, i veneti e il loro rapporto con l’alcool… è normale. Una cosa che invece nell’immaginario comune con i Rumatera siamo riusciti un pò a cambiare è quell’idea che i veneti pensino e siano esclusivamente dediti al lavoro. Che poi per assurdo le nostre origini ci hanno aiutato eccome ad affrontare gli impegni con seria professionalità, ma ci siamo altrettanto impegnati a far uscire quella parte festaiola e divertente. E la gente questo l’ha capito, è fantastico

Ti faccio una domanda un po’ particolare. Per molte persone l’uso di un linguaggio scurrile e i riferimenti al sesso o all’alcol non sono fonte di lode e elogi. Soprattutto nei confronti del pubblico (prevalentemente) giovane al quale la tua musica è diretta.
Quali sono invece per te i messaggi negativi nella musica di oggi?

Partiamo dalla prima parte della domanda, argomento con il quale ci troviamo spesso a fare i conti. Bisognerebbe sempre contestualizzare le cose e non dico questo in mia discolpa sia chiaro, ma proprio perchè quando si capisce cosa succede in certe circostanze tutto viene vissuto in modo diverso. Per come (ahinoi) funziona il mondo oggi siamo abituati ad accumulare stress e tensione (è proprio lì che nasce anche “il Bullo”) e quello che noi facciamo soprattutto durante i concerti ha un valore altresì liberatorio. Sdrammatizzando su questa cosa, che è poi quello che cerchiamo di fare sempre e quello che voglio fare anche adesso, per esperienza personale posso affermare che poche circostanze risultano così catartiche quanto lo sia urlare delle parolacce davanti alla gente. Gente che tra l’altro poi te le ritorna tutte con la leggerezza che si porta con sé. È veramente una sorta di pratica direi necessaria per chi come noi vive una situazione di accumulo e sfogo. Dopo per carità, è vero che l’ideale sarebbe uscire da questa situazione, ma finché ce ne sarà bisogno, infatti anche ai nostri live è presente un pubblico prevalentemente circoscritto ad un’età giovanile, risulta importante la presenza di circostanze che permettano questo. Come è altrettanto importante avere dei luoghi dove coltivare la propria interiorità in maniera più profonda. Sono cose che lavorano tutte per lo stesso obiettivo, non c’è una cosa bella e una brutta. Allo stesso modo al tempo noi stessi avevamo bisogno di manifestare questi contenuti, infatti, i testi adesso si stanno molto addolcendo, siamo cresciuti anche noi insomma. La voglia di far festa e tutto il resto sono rimasti ma magari la esprimiamo in maniera leggermente più pacata. Il problema consiste nel mantenere forzatamente e in tutte le circostanze il tabù su determinati argomenti senza permettersi poi di esprimerli liberamente. Per dirtene una, ora che stiamo preparando lo show dei trent’anni dei Catarrhal Noise stiamo riesumando pezzi così vecchi che il viaggio appare a volte anche infero. Scavare nei ricordi fa riemergere piacevolmente e non l’adolescente che ha composto quei brani e la cosa crea un mix di emozioni non indifferente.
Rispondendo alla parte riguardante i messaggi negativi nella musica di oggi ti dirò che finché uno esprime nell’arte ciò che sente non c’è niente di negativo. Non c’è niente di sbagliato se si riesce a capire che chi esprime delle cose non proprio costruttive non deve esser preso come un modello. In qualche modo se vengono palesati degli argomenti tipo l’uso di psicofarmaci o cose del genere significa che il disagio per certe persone esiste e in un modo o nell’altro viene fuori. La sensazione che tu senti quando sei esposto ad uno stimolo corrisponde al rapporto che tu stesso hai con questa cosa. Forse chi fa i danni più grandi sono quelli che portano avanti un messaggio di omologazione a tutti i costi, e questo non solo nella musica ma un po’ in generale.

L’ultima domanda, quella che si ripete in tutte le mie interviste: “l’Artista per me può definirsi tale perché vive sognando”. Qual è il sogno di Lele detto “il Bullo”
Wow, bella domanda questa… perché io ne ho un pò che convivono insieme. Fondamentalmente quello che ho sempre ricercato è essere una persona libera, e in diversi modi sto lavorando per diventarlo sempre di più anche se vedo che la realizzazione di ciò si protrae un po’ troppo nel tempo. Nel frattempo, inseguendo questo sogno sono successe tante cose, in primis la trasformazione delle mie passioni in qualcosa di pratico e riconosciuto, tipo la musica e quei riti collettivi di congregazione creati nei nostri concerti. Poi ecco, sto approfondendo delle cose a livello personale per conoscere e gestire certi aspetti che mi riguardano. Questo con l’Aikido, per esempio, arte marziale che pratico da vent’anni e che mi porta ad approcciarmi all’interiore in maniera diversa, è interessantissima. La cosa ha attinenza con il desiderio cardine che ho nella mia eterna (speriamo di no) ricerca di libertà.