Autore: Davide Libralato
La struttura di un brano quando la sua composizione è ultimata può essere “schematizzata” sottoforma di organizzazione matematica cosicché l’interprete possa ripeterlo in maniera inequivocabile. Negli anni i pezzi degli ” A Void Dance ” sono cambiati insieme ai loro interpreti, questo ha comportato dei cambiamenti sostanziali anche alla loro natura strutturale?
Si, i pezzi negli anni sono cambiati perchè per noi è sempre stato importante che i musicisti all’interno della band di fronte ad una canzone già pronta e “finita” potessero mettere un loro contributo dando un timbro personale al brano. Questo ha permesso di rivedere alcune canzoni e di trasformarle in quello che meglio si adatta al nuovo spirito e alle nuove idee che abbiamo come “A Void Dance”.
A livello stilistico siete una band di musicisti ben spartiti e questa cosa influenza non poco il vostro sound. La scelta dei componenti è stata fatta consapevolmente e con il fine di ottenere un orientamento sonoro ben preciso o fa parte di qualcosa di non calcolato?
La risposta risulta un pò ambigua perchè sicuramente fa parte si di qualcosa di calcolato benché prima di tutto sia importante avere un feeling con le persone con le quali suoni e con cui poi si diventa amici; adesso ovviamente io (Alessio/basso) e Michele (voce) siamo amici da più di 25 anni e suoniamo insieme praticamente da quando eravamo ragazzini, perciò, per forza di cose abbiamo un legame diverso. Il batterista (Mauro) lo abbiamo conosciuto in diverse fasi della nostra vita collaborando con lui e ora abbiamo ripreso a pieno regime a lavorare insieme. Luca (chitarra), che è l’ultimo arrivato, all’inizio ha dovuto trovare il suo spazio ma quando ha capito che si trovava in un contesto amichevole la cosa si è evoluta da sola. Adesso siamo quattro amici, anche se da momenti diversi. È chiaro che il sound cominci a cambiare quando c’è più intimità, quando si capisce un po’ tutti dove si vuole andare a parare. Il nostro scopo è sempre stato quello di avere un’apertura mentale a 360° pur non uscendo da quelli che sono i canoni musicali a noi congeniali e dalle contaminazioni ed influenze; i possibili stravolgimenti sono sempre stati per noi da non escludere. L’importante è che il risultato finale piaccia prima a noi e poi (si spera) anche al pubblico.
” A Void Dance ” significa letteralmente “una danza del vuoto”. All’interno del panorama musicale attuale non trovate che esprimersi nella scena underground con musica poco “commerciale” come la vostra sia esattamente una danza nel vuoto?
Si, è una danza nel vuoto, che è poi quello che abbiamo sempre cercato di provare prima di tutto per noi, non tanto per donarlo agli altri quindi. Quando avevamo cominciato a suonare non avevamo nessun obiettivo, non è che volessimo diventare delle Rockstar. Noi ci trovavamo a suonare perché era la cosa che più ci piaceva fare e spesso lasciavamo feste organizzate, la compagnia e altri impegni per rinchiuderci nella nostra sala prove dispersa tra le campagne, perchè la musica e la composizione hanno sempre fatto parte del nostro Dna. Non avevamo velleità artistiche anche perchè comunque siamo dei musicisti che onestamente parlando hanno un livello medio, senza nulla togliere a nessuno ovviamente. Si, una danza nel vuoto è quello che vogliamo continuare a fare anche dopo tanti anni nonostante l’età che avanza, perchè non abbiamo nessuna pretesa nei confronti di quello che facciamo se non il puro divertimento e la pura ricerca di emozioni. Fare questo è un momento di libertà impagabile del quale non possiamo fare a meno.
Voce, basso, batteria e chitarra. Quattro strumenti che anche dal vivo suonano “pieni” come fossero molti di più. Qual è il segreto (o i segreti) per ottenere questo risultato? Affinità, coesione, esperienza, affiatamento o altro ancora?
All’inizio suonavamo in due e ci esercitavamo con tutto quello che avevamo, tipo un basso, una batteria ed una chitarra acustica. Usavamo inoltre ogni espediente possibile, qualsiasi strumento o suono campionato per cercare di creare la nostra musica. Adesso, con musicisti più professionisti, riempire non è un problema però abbiamo sempre cercato di dare l’idea che anche quando c’è un solo strumento che suona la struttura del brano non risulti mai vuota. Quindi come dici tu affinità coesione ed esperienza sono sicuramente tutti ingredienti importantissimi. Di fondo c’è però la ricerca di un risultato che non necessariamente si basa sul riempimento, in quanto anche gli spazi “vuoti” e i silenzi per noi sono pieni di qualcosa.
So che avete registrato da poco un Ep. Com’è maturata la decisione di “fermare” i vostri brani con questa formazione?
La decisione di fermare i nostri brani con un Ep è maturata come logica conseguenza del lavoro della sala prove prima e dello studio poi. Il fatto di incidere dei brani per dargli una dimensione definitiva è un po’ la chiusura del cerchio che ti permette di finire un percorso per cominciarne un altro. In quanto band, per noi è fondamentale riuscire a presentare un lavoro finito in modo che in primis noi e poi l’ascoltatore stesso possano identificarsi in esso.
L’ultima domanda, quella che si ripete in tutte le mie interviste: “l’Artista per me può definirsi tale perchè vive sognando”. Come Artisti, qual è il sogno degli A Void Dance?
Anche se questa domanda meriterebbe quattro risposte diverse, ovvero una per ogni componente del gruppo, credo di poter affermare che il desiderio di tutti noi sia continuare a sognare e provare emozioni facendo musica e farlo suonando i nostri pezzi. Attaccando un jack e settando gli strumenti c’è un momento di libertà assoluta che non ha eguali. Continuare a fare questo è il nostro vero ed unico sogno.