E’ TUTTA COLPA DELLA TRAP

E’ TUTTA COLPA DELLA TRAP

Autore: Elisabetta Gavetti

In Italia adoriamo polemiche e dibattiti, soprattutto quelli che si riverberano per giorni dalla TV  ai Social, possibilmente un po’ sterili, senza una base comprovata da dovizia di ricerca. 

A seguito del femminicidio di Giulia Cecchettin, si è creata l’ennesima ondata di opinioni non richieste e fuori luogo da parte di VIP e non, riassumibili in un unico assunto: violenza giovanile? È tutta colpa della trap. Banalizzazione, estremizzazione o provocazione? 

Potremmo dire che si tratti di tutti e tre i casi, in base alla fonte. 

C’è chi davvero ritiene Sfera Ebbasta, Shiva, e gli altri artisti della scena trapresponsabili della banalizzazione del male in ogni sua forma, da parte di GenZ e dintorni.

Chi scrive non ama la Trap, ha il solo intento di vederci più chiaro per estirpare preconcetti e pregiudizi. Gli stessi pregiudizi che in altre decadi hanno coinvolto generi come il punk. Il punk è stato a lungo considerato la causa primaria del male giovanile, mentre oggi è lacerato tra capitalizzazione del genere da parte delle etichette, e centri sociali in fase di sgombero. 

Analizziamo quindi il tema Trap e influenza sociale a partire due fronti coinvolti: chi accusa, e gli accusati

Chi incolpa la Trap

Premessa: in ogni evento comunicativo, non ci sono solo due interlocutori, ma c’è anche un contesto

Il contesto è stratificato su più livelli: comprende l’ambito spaziale e temporale in cui la comunicazione ha luogo; comprende anche un co-testo, con riferimento al sistema complesso di elementi socio-culturali che caratterizzano i partecipanti all’atto comunicativo, sia sul piano sociale (istruzione, nazionalità etc.) sia sul piano personale (stato emotivo, esperienze etc.).

Il contesto influisce profondamente sul messaggio che vogliamo esporre, e andrebbe sempre tenuto a mente in un momento storico in cui la comunicazione si avvale di estratti, citazioni, boutade. 

Chi su social media e canali TV privati ha accusato a spada sguainata la trap di essere causa primaria della violenza giovanile, in generale, ha commesso almeno tre peccati:

  1. Non si è prima informato rispetto al tema principale.
  2. Non si è fatto un esame di coscienza.
  3. Non si è chiesto se, oltre al dito, non ci fosse anche la luna.

Accusare una forma d’arte, che riguarda soprattutto la fascia giovanile, di condizionare in modo negativo il comportamento e il pensiero dei ragazzi, è un assunto davvero limitato.

È limitato soprattutto se ad esporre certe affermazioni sono adulti (dai Boomer alla Gen X e Y), con una gioventù segnata dai Beatles, Battiato, Pappalardo, o perché no, semplicemente Vasco Rossi. 

Che si tratti di artisti di rottura o in continuità con la tradizione melodica italiana, sono molti i brani che oggi consideriamo “classici”, ma che parlano delle stesse tematiche trattate nelle canzoni trap

Non si è mai sentito nessuno accusare Marco Ferradini di istigazione alla violenza sulle donne (Teorema, 1981), Luca Carboni di parlare troppo esplicitamente del dramma che vive chi si abusa di droghe (Silvia lo sai, 1987), o Vasco Rossi di incitare all’uso di benzoilmetilecgonina (Bollicine, 1983). 

Droga, soldi, abusi e soprusi verso le donne (sia materiali che mentali) sono narrati con una morbidezza armonica che li edulcora, come vuole la tradizione pop, prodotti in un periodo in cui il linguaggio musicale popolare richiedeva un codice diverso da quello che viene, invece, richiesto da generi che non sono riferibili al pop, e che hanno di conseguenza destinatari diversi

Ogni forma d’arte musicale riflette la società in cui viene prodotta

Ogni nuova forma musicale viene rifiutata dalle generazioni di adulti che non fanno lo sforzo di capirla a fondo

Entriamo qui in un tema fondamentale per inquadrare tutta la polemica sulla trap: quanto ci stiamo sforzando di ascoltare questi artisti, e i ragazzi che li ascoltano? 

Quanto pesano il nostro pregiudizio, le nostre preoccupazioni, i nostri preconcettirispetto alla realtà deifatti

Chi ascolta e produce la Trap

Per capirlo, ho chiesto un aiuto a chi vive la Trap nel proprio quotidiano, producendo artisti emergenti e promuovendo la diffusione del genere. 

Dennis Recanati è un giovane produttore di Cantina Studiohub bergamasca nella quale un’idea condivisa può trovare la forma artistica più adatta ad esprimerla. 

Una semplice chiacchierata con lui mi ha fatto comprendere quanto poco si sappia e si capisca della Trap, al di fuori del mondo Trap. 

Non voglio dilungarmi nei dettagli storici sulla nascita del genere (per i quali rimando ad un articolo di Wired, già esaustivo sul tema), ma riassumiamo dicendo che la Trap nasce come sottocultura Rap negli USA nei primi anni 2000, proprio nelle omonime “Trap House”, piazze di spaccio dalle quali il genere ha ripreso una visione marcia, cupa e cruda della realtà, svuotando il gesto artistico dal carattere di denuncia socio-politica che aveva dato la scintilla alla nascita del genere “padre” negli anni ‘70. 

Parliamo specificamente di sottocultura proprio per marcare un aspetto importante: la Trap non aveva la diffusione del pop, e non l’ha avuta nel nostro paese fino all’esplosione mediatica del capostipite per il genere in Italia, Bello Figo, seguito poi da Sfera Ebbasta che l’ha consacrato a genere mass-mediatico. Questo aspetto è importante perché stiamo parlando di un genere che partiva ed era rivolto ad un tipo di pubblico circoscritto, e che oggi invece è tra i generi più ascoltati nel nostro Paese, quindi andando ariverberarsi in contesti anche molto diversi rispetto a quelli delle “Trap House”. 

I Trapper italiani ci raccontano uno spaccato della vita di strada che non ci piace, che esiste e che li riguarda in prima persona, ma del quale essi non sono i demiurghi. La violenza e la realtà dove non esiste empatia, narrate nei loro testi, non sono certamente nate ad opera di uno Shiva o di un Baby Gang qualsiasi. Sono un problema sociale che ci viene sbattuto in faccia e che non sappiamo come gestire, e forse nemmeno vogliamo farlo, perché riguarda tutti noi. Un problema che esiste da prima della venuta di Bello Figo, e che come spesso accade, è rimasto inascoltato fino ad oggi. 

Armi, rapine, piazze di spaccio sono la quotidianità delle periferie di città come Milano. La violenza di genere è una quotidianità ovunque, perché la mercificazione della donna non è stata creata dai Trapper, ma da una società dove è sempre il patriarcato a gestire pesi e misure. 

Questi ragazzi hanno assorbito qualcosa che ci spaventa, e la stanno elaborando come meglio possono. Io non avrei saputo fare di meglio, con un peso così addosso. 

Pensiamo all’ultima boutade, vista da milioni di spettatori del mezzogiorno di Rai 1 a “La Prova del Cuoco”, dove lo chef Sergio Barzetti, da anni ospite fisso della trasmissione, ironicamente descrive come con il vino possa contribuire a “stordire la propria preda (la donna, n.d.a.)” così da poter favorire la conclusione dell’approccio in modo positivo. Leggerezza? No, qui non si tratta di battute infelici, quanto di un aspetto estremamente critico della nostra cultura. 

Un ultimo affondo, sui genitori preoccupati per il destino dei figli che ascoltano Trap.

Senza dubbio, questi artisti dovrebbero, consapevoli di raggiungere un pubblico così ampio, iniziare ad interrogarsi su che ruolo svolgano nel panorama culturale e musicale in Italia (siete potenti quanto la Ferragni, ragazzi, c’è poco da disquisire). 

Chi sta crescendo un adolescente è in apprensione per l’influenza che la Trap ha e avrà sulle menti dei propri figli, e vorrebbe vietare l’ingresso alla trap nella vita dei ragazzi. 

Ma riteniamo davvero che i ragazzi siano così malleabili e vuoti da prendere alla lettera, e voler imitare nella propria vita quotidiana qualsiasi canzone gli venga proposta su Spotify? 

Queste nuove generazioni stanno crescendo in un contesto drammatico e al tempo stesso effimero, veloce e immateriale come il mondo dei Socialdove svolgono gran parte della loro vita quotidiana. Sono ragazzi in grado di formulare una propria opinione esattamente come lo erano le generazioni precedenti

Proviamo a prenderci un momento per ascoltarli, quello che hanno da dire magari potrebbe stupirci, e aiutarci ad avere meno paura di ciò che oggi non capiamo

Fonti: