DISQUISIRE D’AMORE: LA PARABOLA DELLA RICCIA MALEFICA

DISQUISIRE D’AMORE: LA PARABOLA DELLA RICCIA MALEFICA

Autore: Antony Russo

Da che ho memoria, la mia mente è sempre stata sconquassata dai continui ragionamenti. Parrebbe quasi che si diverta a causarmi emicranie continue, facendo si che la mia attenzione si focalizzi su dubbi esistenziali di controversa natura. 

Devo ammetterlo: ci metto del mio, perché spesso alimento questi miei stati scegliendo di approfondire, attraverso letture persino accademiche, temi già di per sé ambigui o dibattuti, innescando un pericolosissimo circolo vizioso. 

Da qualche tempo mi sono dedicato ad emozioni e sentimenti, in particolare al binomio  innamoramento – amore (in ogni sua eccezione: ovvero partendo da quello per sé stessi ho spaziato tra amici, fidanzati e parenti), qualcosa che come è facile capire mi sta molto a cuore e che nell’ultimo anno e mezzo ho cercato di comprendere ad un livello talmente tanto profondo da scegliere libri accademici che discorressero della natura fisiologica ed ormonale del fenomeno. 

Risultato? Giornate intere a pormi domande filosofiche, così etichettate per darmi un po’ di tono, alle quali cerco di dare una risposta, che io stesso riesco a confutare, in un circolo senza fine. 

Parlano di amore incondizionato, concetto che richiama il donare senza che ci si debba preoccupare di quanto si riceve altrimenti esso è condizionato. Ci si troverebbe di fronte ad un rapporto commerciale, l’antitesi dell’amore. 

Per cui se il mio partner è un vampiro emotivo potrà continuare a succhiar via linfa vitale, mentre consacro me stesso a qualcuno che mi usa solo per nutrire i propri vuoti interiori? 

Consigliano di stare attenti di non esser finiti nella mani di un narcisista (etichetta ormai di moda), ma come potrei accorgermene se non devo preoccuparmi di quanto l’altra persona mi dona? 

Sostengono che l’amore è sinonimo di libertà, ci avvertono che è necessario amare (scusate la ripetizione) tutto dei propri partner, per quello che sono e non per quello che vorremmo fossero o con il presupposto di cambiarli. Del resto non si troverà mai una persona che possa combaciare perfettamente con le nostre ideologie (a volte ci ritroviamo a litigare con noi stessi, figurarsi con un “estraneo”. Dall’altra affermano sia necessario, ai fini della buona riuscita di una relazione, trovare compromessi.  

Ma questa parola non è l’antitesi della libertà? Questo termine, utilizzato in ambito contrattuale, indica, anche nel gergo comune  quell’accordo fondato su concessioni reciproche: un accomodamento nel quale ciascuna parte rinuncia a qualche pretesa. Quindi ci si deve limitare? 

Da qualche giorno ero immerso in tali pensieri, fino a che ieri, trovandomi a contemplare il musino dolce della mia riccia africana, ho riflettuto che dal nostro rapporto potessi trarre la mia personale parabola dell’amore. 

Non ho voluto utilizzare, per questa piccola tesi, animali convenzionali in quanto volevo proprio concentrarmi sul qualcosa di singolare e fuori dal comune. Ma non solo: se avessi utilizzato il cane, simbolo  per eccellenza dell’amore incondizionato, anche in assenza di amore da parte dell’Amico Umano, avrei portato avanti un rapporto in netto disequilibrio. 

La piccola (non lo è) riccia, dal nome Malefica (non avrei mai immaginato di poter azzeccare così bene il nome), è dolce, quanto malmostosa. 

Non potrò mai mettere in dubbio l’amore che nutre nei miei confronti, nato nell’esatto istante in cui ci siamo incontrati: nonostante fosse timida ed impaurita, si dischiuse, salì sulle mie mani e si arrampicò sulla maglietta. So che ella me lo dimostra a suo modo e solo a condizioni che è lei a dettare. Quando passo accanto alla sua gabbietta mi cerca annusando l’aria, ma se provo ad accarezzarla mi soffia senza chiudersi. 

Non si sente in pericolo altrimenti si sarebbe arricciata, ma piuttosto pare voglia dirmi: “lo si fa a modo mio”.  Basta, infatti, che io metta la mano per terra ed attenda che sia lei a salirci sopra ed è solo allora che posso permettermi di accarezzarla. 

A dimostrazione che non è timore, prenderà ad arrampicarsi sul mio corpo, giocosa, senza volersene allontanare. Non lo fa perché le porto cibo, anche mia madre lo fa e, paradossalmente, essendo un animale prevalentemente notturno, non vede nemmeno chi si appresta a riempire quella ciotola piena di leccornie. 

Non posso che amare quel dolce musino, esattamente per come è, anche nei reciproci difetti. Del resto lei lo fa e non ha mai smesso di farlo. Nemmeno nei momenti difficili: ha continuato a cercare il mio profumo, anche se per qualche tempo io non sia riuscito a badare a lei. Riprendendola in mano ho scoperto di essere ancora nelle sue grazie, perché percependo il mio profumo si è magicamente dischiusa e nascosta tra le mie dita. 

Entrambi ci godiamo la nostra libertà, senza sentirci oppressi da quei compromessi che abbiamo raggiunto, rimanendo comunque noi stessi: io l’umano e lei la riccia africana. Due esseri viventi con uguale diritto di essere felici e soddisfatti. 

Io continuo ad amarla, nonostante lei non si prendi cura di me, ma io di lei, come potrebbe farlo? voglio che lei stia bene e sia felice. Non mi interessa come voglia donarmi amore, so che lo fa. Non mi arrabbio quando si chiude, preferisco sorridere quando si nasconde tra le mie mani. 

È un amore incondizionato? Leggevo che amare incondizionatamente è come quando si dice un ti amo ad una persona senza che questa ci possa sentire. Bene. 

Dovreste vedere come sorrido quando la sento correre sulla ruota, nonostante il rumore mi faccia svegliare durante la notte. Lei del resto quella contentezza come potrebbe vederla?