Autore: Wilma Coero Borga
“La mente di un dislessico è diversa da quella degli altri. Ho impiegato gran parte della mia vita per capire che non era la stupidità l’origine dei miei problemi di elaborazione del linguaggio. Come ogni altra importante transazione della vita, non è stato facile abbandonare l’immagine negativa che avevo di me”, scrive Philip Schultz, dislessico e premio Pulitzer in: La mia dislessia. Ricordi di un premio Pulitzer che non sapeva né leggere né scrivere.
E prosegue: “Quello che i dislessici hanno in comune è una lotta fondamentale almeno quanto il diritto di ognuno di sentirsi membro legittimo della società. Per chi ha incontrato delle difficoltà a imparare a leggere, e ancora soffre della paura di imparare, la piena appartenenza non è sempre scontata né vista come un diritto”.
Sagge quanto vere le sue parole che rispecchiano una realtà ancora oggi poco e mal conosciuta, ma, soprattutto non sufficientemente affrontata dalle scuole di ogni ordine e grado con i giusti mezzi e le misure adeguate. Lo sforzo che ha fatto Philip Schultz è stato immenso: “Lo strumento che ho usato per sfuggire al terrore dell’emarginazione per non essere in grado di imparare alcunché è diventato il mio punto di forza e la porta d’accesso al successo: la mia immaginazione”.
Oltre che scrittore e poeta, Schultz è diventato insegnante e come insegnante afferma “sono stato io il mio studente più importante e più difficile, un rapporto con cui continuo a lottare”.
A differenza del tempo in cui è nato questo eccezionale dislessico, oggi tale disabilità è diagnosticata sin da bambini ma, è anche vero che c’è una schiera di adulti che sa o addirittura non sa di esserlo. Il nostro poeta lo ha scoperto all’età di cinquantotto anni, quando fu diagnosticata al figlio che frequentava la seconda elementare, perché dalla relazione del neuropsicologo si rese conto che avevano molti sintomi in comune, come il ritardo nell’elaborazione delle informazioni, una grafia orribile, la confusione sui nomi delle cose, un senso di frustrazione verso la lettura e quasi tutti i compiti che la prevedevano. Soffriva in modo esagerato della maniera in cui la sua mente riceveva e provava a elaborare l’informazione. Da adulto e insegnante di scrittura creativa, quando gli è stato chiesto di rievocare la propria disabilità per parlarne agli studenti di una scuola speciale, che stavano attraversando il suo stesso disagio, ha ricordato la sensazione di non capire perché andasse così male a scuola da dover ripetere la terza elementare e addirittura di doverla lasciare su richiesta della scuola stessa, considerando che la dislessia non gli era mai stata ufficialmente diagnosticata, per passare poi da colui che era stato messo nella Classe dei Cretini a legittimatore di quegli studenti che pendevano dalle sue labbra e dalla sua esperienza. Uno come loro che ce l’aveva fatta! “Forse ero degno dell’ammirazione degli altri, forse ero qualcosa di più di un membro permanente della Classe dei Cretini”.
Simboli misteriosi
Allora cerchiamo di capire perché per una persona affetta da DSA la lettura è la traduzione di simboli misteriosi della comunicazione in comprensione reale.
Molti non sanno con precisione che cosa sia la dislessia che, insieme alla disortografia, disgrafia e discalculia, è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), che consiste nella difficoltà a leggere e a scrivere in modo corretto e fluente. È un disturbo che si manifesta con l’inizio della scolarizzazione. Ma è bene precisare, a scanso di equivoci, che questi disturbi non sono causati né da deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o deficit sensoriali. Per cui, il dislessico non ha problemi nella comprensione del testo, ma solo nel seguire le “righe”.
La DSA dipende dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo. Il bambino dislessico può imparare a leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità ed energie. Per questo si stanca rapidamente e commette errori e, spesso, viene valutato da insegnanti e genitori come “intelligente che non si applica”. Riassumendo è un disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà a decodificare il testo.
Come si vede in figura i punti rossi indicano la differenza nel movimento dell’occhio tra un normolettore e un dislessico.
In figura la differenza di lettura tra un normolettore e un dislessico che scompone le parole in pezzi più piccoli
In presenza di dislessia, il processo di lettura tarda a diventare automatico. I dislessici hanno maggiori difficoltà a leggere le parole nella loro globalità, e tendono sempre a scomporle in pezzi più piccoli.
Gli errori di lettura che compie, sono simili, ma più frequenti, rispetto a quelli che possono presentarsi in ogni bambino che comincia a leggere e scrivere.
Ruota i glifi (segni) che hanno la stessa forma ma rotazione differente, confondendo:
b per d | d per q | q per p
Inverte alcune lettere modificando la sequenza propria di lettere e parole
come ad esempio: esduto per seduto.
Fa confusione scambiando una lettera per un’altra di fonetica simile
m e n | b e d | b e p
o per un’altra visivamente simile, ma orientata diversamente:
d–b | p–q | u–n | m–n;
oppure per un’altra che ha un suono simile:
v–f | g–c | b–p | d–t
Omette una o più lettere:
se per sedia e tavo per tavolo.
Aggrega e aggiunge lettere o combinazioni di lettere o ripetizione di lettere o sillabe come: maemma per mamma.
E poi si passa alle contaminazioni, ovvero quando una parola o sillaba scritta si confonde con essa dando come risultato una mescolanza di entrambe: quella pareteeverde per quella parete è verde; e alle dissociazioni, vale a dire frammentazione sbagliata delle sillabe oppure associazione equivoca di parole: mam-mea-ma per mamma mi ama.
Ritornando allo scambio percettivo, è una alterazione dell’organizzazione spazio-temporale per la quale il dislessico ha difficoltà nell’orientamento destra-sinistra, nel riprodurre le strutture ritmiche. Gli errori nella confusione delle lettere riguardano quelle con la stessa forma ma invertite nello spazio, come la lettera “d” che, a seconda di come viene inserita nello spazio, assume quattro differenti significati che rallentano e complicano la decodifica da parte del cervello e quindi la comprensione del testo stesso.
Da quanto sopra specificato si comprende come la scelta del carattere di stampa, l’impaginazione e persino la carta per facilitare la lettura ai bambini, e non solo, dovrebbero divenire regole fondamentali per l’editoria scolastica e per i libri con marchio AL “Alta Leggibilità”.
Esiste una gamma di caratteri lineari che sono presenti di default nei software di impaginazione e di elaborazione testi, che possono essere utilizzati per l’Alta Leggibilità.
Si tratta dei font lineari, detti anche “bastoni”, ovvero senza grazie, come il Lucida Sans, l’Arial, il Tahoma, il Trebuchet, l’Helvetica, il Calibri, utilizzati solo nella serie del tondo, evitando il neretto e il corsivo.
Ma esiste anche un carattere speciale, chiamato SocialFont. Stefano Pallis è il creatore del SocialFont, un font inclusivo ad Alta Leggibilità che azzera lo scambio percettivo delle lettere che si differenziano solo per il ribaltamento dell’asse, evitando di creare confusione in quelle speculari come b,d,p,q. I glifi, o segni, si differenziano per la forma della pancia o la sporgenza dell’asta, una minima differenza che fa la differenza. Però, per i grafici e gli editori è a pagamento. Un altro deterrente, o meglio una scusa, alla diffusione dell’Alta Leggibilità. È fornito gratuitamente solo alle scuole e ai genitori per motivi connessi all’insegnamento agli studenti con DSA. Ma, ricordiamoci che, una volta acquistato, rimane per sempre!
Per impaginare al meglio il testo e renderlo ad Alta Leggibilità, oltre al font, l’interlinea deve essere più ampia del normale, il corpo del carattere non deve scendere sotto i 12 punti, l’allineamento del testo va impostato a sinistra e non giustificato, non deve comparire il trattino di divisione sillabica in fin di riga, e la doppia interlinea sostituisce la rientranza del capoverso.
Sono tutte tecniche per non affaticare la lettura, insieme all’utilizzo della carta non riflettente e, dove possibile, di color avorio.
Non giustificare un testo significa non alterare lo spazio tra le parole e avere le righe di lunghezza differente e senza trattini di divisione sillabica in fin di linea; tutti accorgimenti che permettono di seguire meglio la lettura, legando più efficacemente una parola alla successiva.
Un’altra accortezza riguarda le illustrazioni che non devono interferire con il testo, quindi vanno posizionate in modo da non disturbare l’occhio durante la lettura. Le immagini ci possono e devono essere ma in uno spazio a sé stante, sopra o sotto o di fianco al testo, mai dentro.
In pratica
Sono autrice di libri e, prima ancora grafica editoriale, e impaginare e costruire libri è il mio mestiere. Con il libro Rinaldo e il mistero del calice avvelenato, uscito prima di Natale, grazie anche alla sensibilità di PAV Edizioni, ho voluto pensare a un progetto di inclusione richiedendo l’impaginazione ad Alta Leggibilità, grazie alle preziose indicazioni del signor Pallis, perché la lettura deve essere un piacere e un diritto per tutti, e questo è uno spiraglio di luce che si intravede aprendo la porta verso una realtà che non va tralasciata solo perché diversa e implica qualche applicazione in più rispetto alla norma.
La mia speranza è quella di interagire con le scuole e le biblioteche per contribuire a sensibilizzare e a far conoscere meglio il problema che, purtroppo, al momento attuale sembra relegato a un ristretto gruppo di persone. Ma sappiamo che così non è. Auspico che in un futuro prossimo le scuole si dotino di libri adatti e le librerie non creino l’angolo dei reietti con quei pochi testi AL che non vengono evidenziati. Bisogna chiedere se esistono tra gli scaffali come se si trattasse di libri rari e introvabili. E gli editori, in primis, calino lo sguardo verso la dislessia che potrebbe essere anche un loro problema!
E concludo con un pensiero di Philip Schultz, consigliando caldamente la lettura del suo libro, in cui afferma: “La vita di un artista è per molti versi simile a quella di un dislessico. È nella natura di entrambi rendere il creatore una vittima, facendone un escluso e un disadattato. Se non fosse stato per la mia lotta contro la dislessia, dubito che sarei mai diventato scrittore o che avrei mai saputo insegnare agli altri a scrivere.”
Rimando alla live di presentazione del mio libro sul canale Youtube Scambievolmente
https://www.youtube.com/live/knM6A_szauE?feature=share
e all’intervista: La dislessia: come progettare un libro ad Alta Leggibilità, uscita sulla rivista online MetaprintArt di Marco F. Picasso