DIMMI CHE IMMONDIZIA PRODUCI E TI DIRO’ CHI SEI

DIMMI CHE IMMONDIZIA PRODUCI E TI DIRO’ CHI SEI

Autore: Lorenzo Grazzi

Viviamo in un’epoca di idoli, di persone e personaggi che fanno di tutto per lasciare un segno nella storia, per essere riconosciuti e amati da un pubblico anche e ben oltre la morte.

Non vi preoccupate di questo, il solo fatto di avere una vita lascerà una testimonianza di voi per almeno 500 anni, un periodo che possiamo definire di tutto rispetto.

Andare a fare la spesa può rendervi immortali. Proprio così. Avete presente i vostri rifiuti? Ecco, se non sono eterni poco ci manca. Ma guardate il lato positivo: gli archeologi del 3000 vi saranno eternamente grati.

Ogni essere vivente produce “scarti” attraverso le attività basilari, nel caso degli animali questi scarti sono di origine organica, quindi, a meno che non si fossilizzino difficilmente ossa, deiezioni e denti resisteranno troppo a lungo. Ma noi, che pur sempre animali siamo, abbiamo inventato i rifiuti, e lo abbiamo fatto migliaia di anni fa.

Ovviamente tutti conosciamo le piramidi di Giza, quelle Maya, i resti della città di Angkor Wat. Chi non ricorda il faraone Keope? Che poi è bastato recuperare la Stele di Rosetta ed ecco scoperti i segreti dei geroglifici e giù a leggere delle gesta di faraoni e regine, dei e guerrieri. Certo, allora come oggi era questione di soldi.

Conoscere le abitudini dei nobili del passato è relativamente facile per gli archeologi, quei ricconi facevano di tutto per tramandare ai posteri la loro versione di sé stessi scolpando obelischi e realizzando tombe dove tracciare maniacalmente la loro vita e la loro quotidianità.

Ma i poveracci? Come scoprire come viveva il popolino che certamente non poteva permettersi altro che di essere interrato alla meno peggio quando gli dei chiamavano?

I rifiuti. Gli archeologi, in particolare per popoli che hanno lasciate scarse testimonianze scritte, sono riusciti nel tempo a ricostruire gli usi e i costumi attraverso l’immondizia lasciata dalla gente comune.

Grazie ai residui conservati, per esempio, nelle asciutte terre dell’Egitto, oggi sappiamo che al tempo dei Faraoni gli alimenti più consumati erano cipolle, aglio e cereali. Viene da chiedersi come portassero avanti i rapporti sociali, ma questa è un’altra storia.

Non solo, sappiamo che il ceto medio poteva permettersi (a volte) la carne e siamo persino in grado di sapere attraverso le incisioni ritrovate sulle ossa, il tipo di taglio che erano soliti praticare. Vi dico che non erano particolarmente attenti… un colpo di ascia qui, due tagli là, un giro di sega ed ecco fatto. Altro che filetto e controfiletto.

Sappiamo anche che consumavano litri e litri di birra durante i pasti. Aspettate a eleggerli popolo del cuore. La loro birra aveva una gradazione molto bassa e veniva realizzata con acqua e residui di pane fermentati al sole fino a quando non diventavano una poltiglia densa che veniva filtrata. La parte solida poi era usata per produrre altro pane. Insomma, non proprio una Ale, ma un sistema molto accorto dal punto di vista dello spreco. E poi qui non mettevano aglio.

I nostri rifiuti sono molto diversi e anche molto più duraturi. Cosa diranno del nostro tempo gli archeologi del 3000?

Intanto le testimonianze non mancheranno perché, esclusi i rifiuti organici, carta, legno e tessuti naturali capaci di scomparire nel giro di una ventina d’anni (cinquanta se parliamo di legno verniciato), vetro, alluminio e plastica possono arrivare fino a 500 anni. 

Si tratta di una stima, ovviamente, non abbiamo idea di quanto realmente occorra alla plastica per scomparire e nemmeno di quali molecole possa liberare nell’ambiente. Per il vetro… basta pensare che è ritenuto il materiale più durevole e che ancora oggi vengono rinvenute coppe e vasi in vetro appartenenti a popoli estinti da secoli. Ma in questo caso siamo abbastanza certi che almeno non rilasci sostanze tossiche.

I rifiuti peggiori che possiamo gettare nell’ambiente, però, rimangono le batterie. Esatto, le pile del nostro telecomando. Piombo, cloruro di zinco, cadmio e mercurio sono infatti altamente tossici e scarsamente biodegradabili. Resisteranno nel tempo e ben più di un paio di generazioni, arrivando persino – si stima – a 900 anni.

Per assurdo oggi potremmo ritrovare una pila lasciata dal nonno di Dante mentre a Gerusalemme veniva fondato l’Ordine dei Templari.

Ora, io non so che genere di mondo avremo nel 3000, ma credo che valga la pena di riflettere quando si fa la spesa e si scelgono prodotti ad alto contenuto di packaging soprattutto se di plastica. Se pensiamo che sia disdicevole per gli Egizi essere ricordati come consumatori seriali di aglio, proviamo a immaginare come ci sentiremmo se per i posteri fossimo i distruttori degli ecosistemi.