Autore: Michele Larotonda
I Depeche Mode sono tornati! E l’hanno fatto con un concerto epico, monumentale, insomma in una sola parola: perfetto.
La giornata non era cominciata nel modo migliore, perché, nonostante le previsioni del meteo dessero sole, nella mattinata è comparsa una nuvola che ha bagnato Milano per un paio d’ore. Poco male, perché dato le temperature elevate di questi giorni, un po’ di acqua rinfrescante ci stava proprio bene. Poi, al di là delle dicerie che ciò che è bagnato è fortunato, un concerto sotto l’acqua è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita.
La magia dei Depeche Mode ha fatto il resto. La nuvola e la pioggia sono passate e sessantamila persone si sono riversate a San Siro per assistere al ritorno della band inglese capitanata da Martin Gore e soprattutto da Dave Gahan.
Si spengono le luci e lo stadio viene riempito dalle note cupe, al limite del dark, di My cosmos is mine, i musicisti fanno capire che la band è in ottima forma e la voce di Gahan è più evocativa che mai. Pare di assistere all’inizio di una cerimonia salvifica, massonica, insomma una celebrazione in chiave requiem rock.
Sempre dal nuovissimo lavoro (uno splendido Memento Mori) si prosegue con Wagging Tongue e a questo punto il pubblico è conquistato. La magia di San Siro appare in tutto il suo splendore, perché è risaputo che nel tempio meneghino del rock il calore e l’unicità sono di casa. Anche la band se ne accorge, lo si capisce dai continui sorrisi tra Gahan e Gore ed è a quel punto che si parte con i pezzi storici che fanno alzare il pubblico, seduto sulle gradinate, in piedi per scatenarsi sulle note di Walking in my shoes, It’s no good, Everything Counts, Precious…
Anche Martin Gore si concede al pubblico prendendo in mano la scena con due canzoni, mentre Gahan è dietro le quinte per “probabilmente” preparare il quasi finale dopo un’ora di show davvero infuocato, questo grazie anche alla scenografia minimale, essenziale, ma d’effetto.
Toccanti i momenti più intimi con i brani lenti e da brividi il momento in cui compare sugli schermi un immagine in time lapse rallentato di Andy Fletcher. La scomparsa recente del tastierista, co fondatore del gruppo è stato un duro colpo improvviso e lo si intuisce quando la voce di Gahan si fa leggermente strozzata quando pronuncia il nome dell’amico.
Enjoy the Silence chiude il concerto, ma è il classico falso finale. Dopo qualche minuto, la band torna e Gahan mostra tutto il suo carisma da vero frontman trasformando San Siro in una “discoteca” sulle note di Just Can’t get Enough, Gioca, ammalia. trascina e conquista. Il tutto si compie con la sempre bellissima Personal Jesus che pochi sanno essere stata registrata a Milano in via Mecenate.
Le luci si spengono, ma l’adrenalina è a mille e l’emozione è ancora tanta. Si è consapevoli di aver assistito a qualcosa di unico e di storico dove i Depeche Mode hanno dimostrato, per l’ennesima volta, di essere ancora vivi e attuali.
Non è da tutti, dopo quarant’anni di carriera, realizzare un album come Momento Mori che è uno tra i migliori della loro carriera.
Non è da tutti mettere in piedi uno show come quello visto venerdì scorso e sarà curioso vedere cosa proporranno in autunno, quando si esibiranno al chiuso dei palazzetti. (al Forum d’Assago è già sold out nda)
I Depeche Mode sono tornati e ci hanno ricordato che il loro stile, la loro storia, il loro ruolo ha influenzato tutto ciò che è venuto dopo. E scusate se è poco.