Autore: Stefano Luigi Cantoni
Rientrato da un recente viaggio in Repubblica Ceca, mi sorprendo a ripercorrere con la mente ogni anfratto di uno dei luoghi più affascinanti e misteriosi dell’intero continente, vale a dire il quartiere ebraico di Praga.
Famoso ai più per la casa-museo di Franz Kafka, per l’antico cimitero ebraico e per le numerosissime sinagoghe, questo crocevia di stradine semibuie e falsipiani cela, tra le pieghe umide delle pietre di cui si compone, leggende misteriose e antichissime, su tutte quella legata al Golem.
La tradizione vuole infatti che, nella soffitta della sinagoga Vecchia-nuova (Starnova Synagoga), la più antica d’Europa, sul finire del XVI secolo il pensatore e scrittore ebreo Rabbi Low plasmò una creatura con della semplice argilla e, grazie ai poteri magici per i quali era conosciuto, gli conferì la vita.
Purtroppo, però, il “nuovo arrivato” prese confidenza con l’esistenza a tal punto da ribellarsi al suo stesso creatore, minacciandolo: al rabbino non restò dunque che distruggere ciò che lui stesso aveva creato.
Ripreso in più modi e divenuto spunto letterario e artistico per diversi secoli, il mito del Golem (che ancora affascina e impaurisce non solo i bimbi praghesi) ci offre lo spunto per indagare il complicato e attuale rapporto tra l’uomo e ciò che da esso proviene.
Come Rabbi Low fu costretto a porre rimedio a qualcosa a cui lui stesso aveva dato forma e vita, così anche i moderni scienziati, presto, potrebbero incappare in fastidi non da meno (se già non ci sono dentro fino al collo…)
Certo, al posto di un mostro d’argilla senza volto né numero di serie potrebbe esserci un robot dotato di intelligenza artificiale e codice a barre, ma il concetto di base è grossomodo lo stesso. Porre rimedio alle conseguenze di gesti in apparenza controllabili sta divenendo il tema fondante delle ansie moderne: se in passato la magia cabalistica del rabbino, dedito agli studi della Torah, fu in grado di creare il Golem, le conoscenze avanzate del terzo millennio stanno permettendo forse di peggio.
Il limite tra pensare e agire diviene così fumoso, labile, proprio come le vie del quartiere ebraico di Praga in quel tramonto di fine novembre, illuminato solo dalle sparute candele stipate nelle finestre delle sinagoghe mute, immobili nell’ignara attesa del “miracolo della vita.”
Ma quale vita ci può aspettare, chiedo io tra il sognante e lo scettico, se le creature figlie dell’hi-tech si alzassero un giorno col piede sbagliato, incapaci di controllare i loro più reconditi impulsi alla stregua del Golem? Chi si prenderebbe la briga, come Rabbi Low, di distruggere ciò che con investimenti di talenti e denari ha creato?
Interrogativi profondi e provocatori sfilano leggeri nel vento che batte sulle persiane, proprio mentre richiudo il libro della Cabala che tengo sul comodino. Il passato va letto, studiato e interpretato: spesso, dietro una leggenda, si celano fantasmi ammantati di ineluttabile contemporaneità.
Un brivido mi sfiora, sordo e gelido sotto le coperte, obbligandomi a una necessaria riflessione: sta davvero volgendo al termine la stagione dell’uomo?