COME TI PROIETTO IL DAVID DI DONATELLO

COME TI PROIETTO IL DAVID DI DONATELLO

Autore: Anita Orso

Martedì 3 maggio, su Rai Uno è andata in onda la premiazione del David di Donatello. A condurlo sono stati Carlo Conti con Drusilla Foer.

L’accoppiata artistica non è stata delle migliori, mi dispiace essere così tranchante, ma ho visto un Carlo Conti “inamidato” e un tantino noioso, mentre Drusilla Foer, che apprezzo per la spiccata ironia e la raffinata intelligenza artistica, non mi ha entusiasmato. Colpa dell’inesistente feeling tra i due. 

Sin da subito, nei primi minuti dell’anteprima, li ho visti interpretare un copione artificioso e tutt’altro che divertente con delle battute “recitate” meccanicamente senza alcuna reale intenzione e questa forzatura l’ho notata durante tutta la serata.

Conduzione a parte, ora mi concentrerei piuttosto sul vero protagonista, il Cinema italiano. Cinema, parola poco nominata negli ultimi due anni a causa della pandemia sars cov 2 che ha naturalmente bloccato le riprese filmiche e interrotto la frequentazione nelle sale dei cinema.

Ma fortunatamente con la sessantasettesima edizione del David di Donatello gli Studios di Cinecittà a Roma hanno riaperto i battenti al pubblico. Non posso non rievocare il ricordo del grande maestro del cinema italiano, Federico Fellini, a proposito di Cinecittà di via Tuscolana, 1055. 

La prima volta che ci mise piede fu in veste di giornalista per intervistare gli attori, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, del film di Alessandro Blasetti “La corona di ferro”. La sua prima impressione, appena sceso dal tram, fu di essere arrivato nel paese dei Balocchi di Pinocchio. Stupore, creatività e magia popolavano quel mondo affascinante, ma ritenuto irraggiungibile. Invece, da quella prima volta in cui ci mise piede, ne fece molti passi all’interno, tanto da farlo diventare “casa sua”.

Ora entriamo nel vivo della premiazione del David di Donatello con le attrici e gli attori, la scenografia, i registi esordienti, i costumi, le sceneggiature, la fotografia, la carriera, la canzone, l’acconciatura, il montaggio, la regia, i compositori, il trucco, i produttori, i cortometraggi, gli effetti visivi e il suono. 

Pensiamo a quante persone e a quanto lavoro ci siano dietro ad una pellicola che vediamo proiettata digitalmente sul grande schermo quando stiamo seduti nelle comode poltroncine al buio, con il naso all’insù, gli occhi ben aperti, le orecchie attive e il cuore che si muove al ritmo del suono, della musica e delle voci. 

Se noi spettatori amanti del cinema, proviamo delle emozioni quando guardiamo un film, il merito è di tutte le persone che sono riuscite a trasmetterle con il loro talento e professionalità e, alla premiazione del David di Donatello 2022, erano seduti in sala proprio loro, vestiti con abiti eleganti, in attesa di scoprire le assegnazioni dei premi. Vorrei condividere con voi un dettaglio che mi ha maggiormente colpito per ognuno dei cinque film candidati.

Inizierei subito con il miglior film vincitore del David 2022, contravvenendo così alla regola che vada tenuto per ultimo. “È stata la mano di Dio”, film autobiografico del regista Paolo Sorrentino. Attori principali, Toni Servillo, Luisa Ranieri, Teresa Saponangelo e Filippo Scotti. Vincitore di cinque premi: David Giovani, miglior regista a Paolo Sorrentino, migliore attrice non protagonista, migliore autore della fotografia e miglior film.

Teresa Saponangelo sul palco ritira il premio come miglior attrice non protagonista, commossa fa il suo discorso con i ringraziamenti e conclude nominando suo figlio: «grazie al mio bambino, mio ragazzo, che mi ha ispirato moltissimo per fare questo film e quando gli hanno chiesto ma ti è piaciuto il lavoro di mamma? Ha detto, Toni Servillo è più bravo». 

Ed io aggiungo che queste sono le soddisfazioni che contano per noi mamme!

Altro film “Freaks out”, regia di Gabriele Mainetti, attori principali Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini. Vincitore di sei premi: miglior acconciatura, miglior produttore, miglior scenografia, miglior trucco, miglior autore della fotografia e migliori effetti speciali visivi.  

A ritirare il premio per la miglior scenografia salgono sul palco Massimiliano Sturiale e Ilaria Fallacala, entrambi visibilmente emozionati. Il primo con la statua in mano dice: «ribadiamo l’amore incondizionato per il cinema perché ci ha fatto sognare quando eravamo giovani, ha ispirato i nostri sogni, ci ha fatto crescere e ci ha fatto prendere delle decisioni anche per quanto riguarda la nostra vita personale e lavorativa e alla fine ci ha portato fino a qua».

Insomma, direi che il “sogno” è il leitmotiv di questo frammento di discorso e anche secondo me sognare deve essere il motore delle nostre scelte di vita.  

Passiamo ora a “Qui rido io” regia di Mario Martone (incentrato sulla vita di Eduardo Scarpetta attore e autore del teatro napoletano tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, capostipite della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo). Attori principale Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo e Eduardo Scarpetta. Vincitore di due premi: miglior attore non protagonista e miglior costumi.

Sale sul palco a ritirare il premio per miglior attore non protagonista, Eduardo Scarpetta con la mano sul cuore come ad accertarsi che quel tuonare che sente nel petto sia normale: «allora Mario (regista) mi ha detto che tutto è nato perché ha ritrovato il manoscritto originale di “Qui rido io” che scrisse Eduardo Scarpetta e che mio padre Mario ha consegnato a lui venticinque anni fa. Quindi, oltre ad essere dedicato a Mario questo premio è dedicato ad un altro Mario che è mio padre che ho perso a undici anni e mezzo. A mia madre che è a casa che mi sta guardando e a mia sorella che è seduta lì».

Qui vi assicuro che mi sono commossa insieme a lui e non aggiungo altro se non che questo giovane uomo che ho visto pensare alla sua famiglia, discende da chi ha fatto un grande pezzo della storia del teatro e del cinema italiano.

Quarto film “Ariaferma” film di Leonardo di Costanzo. Attori principali Toni Servillo e Silvio Orlando. Vincitore di due premi: miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale.

Silvio Orlando incredulo sale sul palco, con la voce rotta dall’emozione e inizia dicendo: «voglio prima dire una cosa, dedicare questo premio a mia moglie (tremore della voce) no, no, sta bene, non è morta, è viva, lei è semplicemente Maria Laura, è sicuramente la persona migliore che abbia conosciuto in vita mia» applauso scrosciante tra il pubblico «Leonardo di Costanzo mi ha costretto a fare questo film, perché io non lo volevo fare, giuro, non mi sentivo all’altezza».

Aggiungo che un attore è prima di tutto un uomo e Orlando con il suo discorso sincero, condito da una vena di comicità, è stato semplicemente “spettacolare”.

Siamo arrivati al quinto film documentario “Ennio” diretto da Giuseppe Tornatore, incentrato sulla figura del compositore italiano Ennio Morricone che ci ha lasciato due anni fa. Vincitore di tre premi: miglior film documentario, miglior suono e miglior montaggio. 

Il primo premio naturalmente lo ritira Giuseppe Tornatore: «credo che il successo di questo film sia nel modo in cui Ennio si sia raccontato rivolgendosi al pubblico come ad un amico di cui ci si può fidare

Un discorso ben formulato da un grande del cinema che ha alle spalle ben undici David di Donatello. L’eleganza e la dialettica non hanno tradito alcuna emozione, ma pure lui alla fine, dedica il premio ad una persona speciale, alla mamma che lo starà guardando. 

La “proiezione” del David di Donatello che ho voluto fare per voi, è giunta alla conclusione e mi piace chiuderla così: per raggiungere un traguardo qualunque sia, bisogna volerlo seriamente, impegnarsi, non arrendersi alle prime sconfitte, ma proseguire dritti verso il proprio obiettivo. Come ha detto Silvio Orlando alla fine del suo discorso: «l’unica indicazione che posso dare, per poter continuare ad andare avanti è, muovere il culo!».