COME LA BARBIE DIVENTA INCLUSIVA

COME LA BARBIE DIVENTA INCLUSIVA

Autore: Anita Orso

COME LA BARBIE DIVENTA “INCLUSIVA”

Vi racconto una breve storia la cui protagonista è una bambina nata nel secolo scorso. 

Mattina di Natale, la bimba scende dal letto, a piedi scalzi esce dalla camera e attraversa il lungo corridoio correndo fino a raggiungere il salotto. Atterra bruscamente sulle ginocchia, fin sotto all’albero addobbato con le luci, rimaste accese tutta la notte.

Un pacco stretto e lungo, mamma dice che Babbo Natale l’ha portato per lei. La bimba lo afferra, strappa in due secondi la carta che lo avvolge e scopre il contenuto. Apre la scatola e tira fuori LEI. La bimba salta per la gioia, gira su sé stessa, corre nella stanza con LEI stretta tra le mani e urla “grazie!” al vecchio con la barba bianca, la pancia grossa e il giaccone rosso, che crede possa essere nascosto nei paraggi. Mamma e papà ripetono continuamente che per buona educazione si deve sempre ringraziare.

Ma LEI, chi è? Ovviamente, BARBIE, l’icona delle bambole per eccellenza!

Sì, una bambola i cui produttori non si sono limitati a lanciarla nel mercato come un giocattolo comune, ma le hanno tessuto una propria identità e costruito una biografia. Insomma, l’hanno umanizzata. Così sono nate le sorelle, la cugina inglese, il fidanzato Ken, con cui non si è mai sposata, il surfista australiano Blaine, la sorella di lui, Summer e innumerevoli amiche. 

Per la cronaca rosa: Barbie, dopo quarantatré anni di fidanzamento con Ken, lo lascia, ha un flirt con l’affascinante surfista Blaine, ma non c’è storia tra i due, e molla anche lui. Dopo un breve periodo da single ritorna con il fidanzato storico, Ken. Insomma, una sceneggiatura degna di una soap opera americana!

È inconfutabile che nel lontano 1959 l’americana, signora Ruth Handler, figlia di immigrati polacchi, moglie di Elliot Handler, socio in affari con Harold Matson, abbia avuto una grande intuizione imprenditoriale. L’ispirazione le fu data dalla figlia Barbara (da cui deriva poi il nome Barbie) quando la vide ritagliare le figure delle donne dalle riviste e preferirle al gioco con le bambole. Un viaggio in Europa, in cui scoprì per la prima volta una bambola, con le fattezze di una donna adulta, che si chiamava Bild Lilli e l’idea prese forma. Acquistò i diritti sulla bambola tedesca e propose al marito e al socio che avevano una piccola azienda, la “Mattel”, che produceva manufatti di legno, di modellare una donna adulta in una bambola. 

Torniamo alla storia. La bimba del Natale, felicissima, corre nella sua camera con la Barbie, si butta sopra al letto e inizia la fase dell’osservazione mossa dalla curiosità verso il nuovo giocattolo: è bionda, ha i capelli lunghi, gli occhi azzurri e… ha le due protuberanze che ha la mamma. Incuriosita, le tocca, sono dure, la spoglia dal vestito perché vuole vedere com’è fatta. Giro vita stretto, gambe magre e lunghe, mani affusolate e piedi in punta. È bella, ma è diversa dalle altre sue bambole. 

Le ci vorrà un pochino di tempo per capire come giocare, con Sophie, così decide di chiamarla, non può fare la mamma o la maestra perché pure essendo piccola di dimensioni non assomiglia ad una bambina. Così chiede di avere altre Barbie per farle giocare insieme e poi ad un certo momento chiede anche Ken ed il surfista Blaine!

La Barbie ha influenzato socialmente il gioco dei bambini, portandoli a simulare precocemente la vita degli adulti. Ma come ripetere le attività che fanno gli adulti, le relazioni amorose o amicali se si è piccoli e non si sono vissute in prima persona? Si prova a prendere il modello che si ha in famiglia o che si vede in televisione. Si osserva, dunque, un’altra dimensione con il rischio di non riuscire a capirla e d’incappare in un altro aspetto non ininfluente della Barbie, che le ha procurato, soprattutto in passato, delle opposizioni con tanto di campagne sociali. Basti pensare alla sua fisicità considerata un modello per molte bambine, tanto da portarle all’anoressia per essere magre quanto lei. Al pensare che la bellezza per eccellenza sia determinata dai capelli biondi e gli occhi azzurri e quindi non ritenersi belle se non si hanno questi colori. Considerazioni e prese di posizioni non irrilevanti, tanto che la Mattel, diventata un colosso nel settore dei giocattoli, si è dovuta adeguare all’evoluzione dei costumi e della società, modificando il format della Barbie, ad esempio creando una gamma di bambole con diversa corporatura. 

Inoltre, negli ultimi anni, ha adottato una politica di sensibilizzazione all’inclusione. Elemento importante se si pensa alla storia della Barbie e alla sua influenza ideologica. 

In effetti, qualche anno fa, è stata lanciata sul mercato la Barbie con una protesi alla gamba, sulla sedia a rotelle e munita di una rampa per abbattere le barriere architettoniche nella sua casa. Mentre, tra un paio di mesi dovrebbero uscire sul mercato la Barbie con gli apparecchi acustici e il Ken con la vitiligine. 

Concordo sull’idea di proporre ai bambini dei modelli con delle disabilità fisiche, soprattutto per chi se le riconosce. Ma è proprio necessario appartenere a dei modelli per sentirsi inclusi in una società che concretamente è costituita da una moltitudine di individui diversi sotto molti aspetti? Credo che sarebbe molto meglio riuscire a liberarci dal condizionamento dettato da un “modello” e focalizzarci piuttosto sull’originalità e l’unicità, valori molto più importanti per una convivenza rispettosa e civile.

Ma questo è solo un mio punto di vista, mentre probabilmente Barbie è molto più business woman e conosce le strategie commerciali! Io sono solo la bimba del Natale che ha giocato con lei fino a dodici anni!