Autore: Anita Orso
COME CALCARE IL PALCOSCENICO DI SHAKESPEARE
William Shakespeare! Chi ha sentito, almeno una volta, nominare o letto da qualche parte questo nome? Tutti noi e non potrebbe essere diversamente se pensate che nell’era digitale, nel millennio in cui la cultura veicola in tempo reale sia sufficiente navigare su internet per imbattersi in una frase scritta da lui! Persino un giovanissimo nativo digitale, sebbene non lo abbia ancora studiato a scuola e non sappia chi sia in realtà il Bardo di Avon, utilizzerà uno dei suoi scritti come citazione perché è decisamente l’autore più “gettonato” nel web!
La popolarità di quest’uomo vissuto a cavallo tra il 1500 e il 1600 in Gran Bretagna non ha tempo, è conosciuto in tutto il mondo ed è studiato come modello teatrale. Si può dire che ha fatto la storia, una gran bella responsabilità! Mi chiedo se durante la sua vita avesse mai immaginato che le sue opere sarebbero diventate così tanto famose nei secoli a venire.
A proposito della sua vita ci sono molti lati oscuri e lacunosi, anche se nei secoli la letteratura critica che lo riguarda ha fatto delle minuziose ricostruzioni dalle fonti più disparate. Ma è forse proprio quell’alone di mistero che lo circonda ad intrigare maggiormente le menti umane e a tenerlo sempre così tanto “vivo” e moderno.
È un paradosso che sulla sua lapide tombale abbia fatto incidere le seguenti parole, (c’era allora la brutta abitudine di profanare le tombe): “buon amico, per amor di Cristo, non cavar fuori la polvere qui racchiusa! Benedetto chi rispetta queste pietre e maledetto colui che rimuove le mie ossa” perché, se vogliamo dare a questa epigrafe un significato metaforico, potremmo dire, con grande rispetto e senza oltraggio, che il suo “riposo eterno” da sempre è stato, e lo è tuttora, “disturbato”. Non cessiamo di studiarlo, di analizzarlo, di interpretarlo e di prenderlo a modello per il teatro.
In effetti Shakespeare è indubbiamente un autore moderno. Dalle sue opere sono usciti non semplicemente dei personaggi, ma dei veri prototipi umani. Ha scritto molte opere sulla guerra e forse gli uomini dovrebbero studiarle per capire come evitarle. Inoltre, la lotta di potere, che contraddistingue alcune delle sue opere, è sempre attuale.
Shakespeare è immenso nella produzione letteraria e teatrale e non è mia intenzione trattare le sue opere, ma piuttosto vorrei condurvi con il Bardo nel mondo de Teatro moderno.
Shakespeare iniziò la sua carriera come attore entrando attivamente nella vita teatrale londinese e divenendo addirittura comproprietario della compagnia dei Lord Chamberlain’s Men. Con il Regno di Elisabetta I d’Inghilterra, il teatro si affermò professionalmente, sparirono le rappresentazioni teatrali nelle piazze, nelle locande e nelle case private e si costruirono i primi edifici teatrali. The Theatre nel 1576 e il Globe Theatre nel 1599, distrutto poi in un incendio, ricostruito e successivamente distrutto per volontà di Carlo I. Solo nel secolo scorso è stato ricostruito fedelmente e inaugurato nel 1996.
Se pensiamo al teatro elisabettiano subito lo colleghiamo al ritratto di William Shakespeare, volto serio e fronte alta, tra l’altro si narra che questa attitudine di serietà gli fosse stata suggerita per essere più credibile e di fatto non gli appartenesse propriamente. Comunque, tornando al teatro dell’epoca, Shakespeare rappresentò l’evoluzione, il passaggio dal teatro antico a quello moderno. Sin dai suoi esordi come autore teatrale, il giovane William mostrò una spiccata propensione alla sperimentazione di forme e modelli desunti dalla tradizione e li rielaborò attualizzandoli alla realtà contemporanea.
Così si scontrarono gli ideali e i valori nobiliari e religiosi del passato con la visione “terrena” dell’uomo e della realtà disincantata e problematica. I personaggi, dubbiosi degli antichi valori, diventarono degli eroi-antieroi, conflittuali e soprattutto artefici del loro destino.
Dire che Shakespeare abbia spalancato le porte al Teatro Moderno è senz’altro una verità! L’evoluzione del teatro è naturalmente progredita fino ai giorni nostri. Molti autori teatrali lo hanno preso come modello per poi sperimentare altre forme, pensiamo agli autori del Novecento solo per citarne alcuni: Bertolt Brecht e la drammaturgia epica e il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett.
Recentemente ho visto degli spettacoli teatrali in cui la scenografia era assente, questo elemento era tipico del primo teatro elisabettiano, si parla quindi di più di quattrocento anni fa; eppure, autori teatrali contemporanei lo propongono. Personalmente rimango sempre colpita da questa scelta registica e la trovo molto stimolante. La mancanza di una scenografia fa sì che lo spettatore non sia distratto da un mondo esterno al personaggio e si lasci trasportare ed attirare in quello interiore dell’attore. Si viene così a creare un’attrazione reciproca e lo spettatore assorbe le emozioni del personaggio, viene scosso da queste e in questo modo dimentica sé stesso; si viene a creare una specie di fusione.
Rapporto tra spettatore e attore, interazione tra due persone in un dato momento e in una data condizione, eppure questo tipo di relazione non è esclusiva del teatro, la “fusione” di cui parlo prima si attua nella vita di ogni essere umano, nella quotidianità perché in fondo siamo tutti degli attori: “Tutto il mondo è un palcoscenico, donne e uomini sono solo attori che entrano ed escono dalla scena” (da Come ti piace commedia pubblicata nel 1623).
Grazie William !