Autore: Michele Larotonda
Gli anni ottanta sono stati gli anni dell’ottimismo ad oltranza, dell’edonismo a tutti i costi e queste caratteristiche si riscontravano in tutto: nel modo di vivere, nel modo di vestire, nel modo di pensare, nel modo di agire e nel modo di fare musica. Chi ha vissuto quegli anni non può dimenticare i videoclip ipercolorati dei Duran Duran, Spandau Ballet e Wham, i capelli cotonati e color platino di Sting nei Police, il gusti kitsch dei Bon Jovi o degli Europe. Quando il decennio finisce, sono molti a pensare che i novanta non saranno altro che una prosecuzione degli ottanta, ma poi alla fine questa convinzione verrà smentita a partire dalla mezzanotte del primo gennaio 1990 quando il da poco eletto presidente degli Stati Uniti George H. Bush inizia a parlare di un possibile intervento militare in Iraq, che realizzerà otto mesi dopo. Il mondo assiste al ritorno dello spettro della guerra, le immagini di Bagdad bombardata fa svegliare tutti dal torpore del decennio precedente. I ragazzi dell’epoca diventano la generazione X (lo scrittore Douglas Coupland ci scrive un libro), insomma in una sola parola, i ragazzi dell’epoca si incazzano e trovano in Seattle un movimento vicino al loro modo di pensare, al loro modo di vivere e di vestire. E’ la nascita del movimento grunge.
Parlare di grunge a quasi trent’anni di distanza, fa quasi impressione e tenerezza, però quando parli con le persone che sono nate dopo, fa pensare a quanto un personaggio come Kurt Cobain sia rimasto impresso, quasi come se non fosse mai morto.
Il grunge (o Seattle Sound) nasce all’inizio degli anni novanta e il primo ad usare questo termine fu Mark Arm dei Mudhoney che molti riconoscono come il primo gruppo grunge della storia, poi a loro si sono uniti band come i Soundgarden, i Pearl Jam, i Stone Temple Pilots, gli Alice in Chains e gli Screeming Trees, ma i Nirvana (e soprattutto Kurt Cobain) sono stati coloro che hanno portato il grunge ad un livello altissimo e non solo dal punto di vista musicale.
Ora non starò qui a raccontarvi la biografia di Kurt e dei suoi Nirvana, ormai la conoscono anche i muri, ma quello di cui voglio parlarvi è di come si viveva in quegli anni, perché ahimè io quell’epoca l’ho vissuta a 360°.
Quando i Nirvana fecero la loro prima apparizione su MTV (erano i tempi del loro debutto con Bleach) in tanti furono a pensare che ci si trovasse di fronte all’ennesima band arrabbiata e anarchica tipica di quegli anni, eppure quando li vidi comparire con un About a Girl tutta distorta provai una stanza sensazione nello stomaco. Quel ragazzo biondo parlava di lui, ma parlava anche di te, con poche parole e pochi accordi riusciva ad entrarti dentro catturando tutta l’attenzione su di lui. Un vero catalizzatore di sentimenti e di rabbia. Non puntava a diventare una rockstar patinata e lo si avvertiva pienamente e ricordo che in un intervista si disse quasi contento che Bleach non si trovasse tra i dischi più venduti di quell’anno. Per uno strano scherzo del destino, due anni dopo, i Nirvana passano sotto una major e il terremoto creato da due accordi di quinta si scatenò in tutta la sua sua potenza, è l’anno di Nevermind e di Smeels like Teen Spirit.
I Nirvana diventano il gruppo punta del movimento grunge, in giro è facile incrociare persone che si vestono e si tingono i capelli come Kurt, anche l’atteggiamento emotivo ed emozionale viene dettato dal nuovo profeta. Le sue canzoni non sono ballad da classifica, sono inni generazionali, sono proclami verso tutti e tutto, sono parole che raccontavano lo smarrimento, la paura e l’incertezza dei ragazzi. Quando esce In Utero, Kurt Cobain diventa insofferente, l’icona da rock star gli va stretta, gli dà fastidio e lo si nota quando agli Mtv Awards gli viene chiesto di cantare Teen Spirit e non Rape me. Lui sale sul palco e intona la canzone vietata, poi dopo quattro strofe urla nel microfono un perentorio FUCK OFF e attacca Teen Spirit tutta scordata. L’esibizione finisce con Kris Novoselic che lancia il basso verso il soffitto cadendogli in fronte. Durante la premiazione il bassista con un vistoso cerotto in fronte, prende dichiaratamente in giro i Pearl Jam dicendo al microfono I’m still alive. È il canto del cigno.
Nel 1994 è in tour e questa volta arriva in Italia con due concerti a Milano e Roma, più un ospitata in tv da Serena Dandini. Nessuno dei presenti al Palatrussardi (io compreso) si accorge che Kurt non è più lo stesso. Certo la droga, l’ulcera mai curata gli eccessi degli ultimi anni hanno minato e non poco la sua anima già fragile e lo porterà a Roma a tentare per la prima volta il suicidio, un tentativo che gli riuscirà qualche mese dopo sparandosi in bocca.
Ora c’è chi pensa che in realtà non si sia ucciso, ma che sia stato tutto un complotto ordito da Courtney Love, ma sinceramente io ci credo poco, anche se dopo la sua scomparsa gli introiti dei suoi lavori sono aumentati vertiginosamente e sono finiti nelle tasche della signora Love, ma qui entriamo in un altro discorso.
Di certo Kurt Cobain ha rappresentato qualcosa di più che un semplice cantante, autore, artista, è colui che più di chiunque altro ha rappresentato, suo malgrado, una generazione intera. Lo ascoltavi in radio, lo vedevi su Mtv e lo consideravi alla stregua di una sorta di fratello maggiore. Ora non è il Jim Morrisson degli anni novanta, lui non era Kurt Cobain dei Nirvana, lui era semplicemente Kurt. Ha combattuto per anni per annientare il suo tormento attraverso le canzoni, ma alla fine solo nell’ultima lettera, indirizzata a sua figlia Frances Bean, troviamo la sua vera essenza, la sua vera anima ed è per questo che ritengo doveroso riportarvela qui di seguito.
“A Boddah
Parlando con la lingua di un sempliciotto con esperienza che ovviamente preferirebbe essere un bambino lamentoso e rammollito. Questa nota dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti del corso base di punk-rock nel corso degli anni, da quando sono stato introdotto, potremmo dire, l’etica dell’indipendenza e l’abbraccio della tua comunità, si sono rivelati veri. Non provo eccitazione nell’ascoltare e nel creare musica o nel leggere e scrivere da troppi anni. Mi sento in colpa oltre ogni dire per queste cose. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e inizia il ruggito eccitato della folla, non mi fa lo stesso effetto che faceva a Freddie Mercury, che sembrava amare, crogiolarsi nell’amore e nell’adorazione della folla che è qualcosa che io ammiro e invidio. Il fatto è, non riesco a prenderti in giro, nessuno di voi. Semplicemente non è giusto per voi o per me. Il crimine peggiore a cui posso pensare sarebbe fregare le persone fingendo che mi stia divertendo al 100%. Certe volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino prima di salire sul palco. Ho provato con tutte le mie forze ad apprezzarlo (e lo faccio, Dio, credimi, ma non è abbastanza). Apprezzo il fatto che io e noi abbiamo toccato e intrattenuto tante persone. Devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Sono troppo sensibile. Ho bisogno di essere leggermente insensibile per recuperare l’entusiasmo che avevo da bambino. Nei nostri ultimi 3 tour, ho apprezzato molto di più tutte le persone che ho conosciuto personalmente, e come fan della nostra musica, ma non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per chiunque. C’è del buono in ognuno di noi e credo semplicemente di amare troppo le persone, così tanto che mi fa sentire fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, Pesci, uomo Gesù. Perché non ti diverti e basta? Non lo so! Ho una dea di moglie che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda troppo com’ero, piena di amore e gioia, che bacia ogni persona che incontra perché tutti sono buoni e nessuno le farà del male. E questo mi terrorizza al punto che vado avanti a stento. Non posso sopportare il pensiero che Frances diventi il miserabile, autodistruttivo rocker che sono diventato io. Mi è andata bene, molto bene, e ne sono grato, ma da quando ho sette anni, sono diventato pieno di odio verso l’umanità in generale. Solo perché sembra così facile per la gente andare d’accordo. Solo perché amo e mi dispiace troppo per le persone probabilmente. Grazie a tutti dal profondo del mio bruciante nauseato stomaco per le vostre lettere e la preoccupazione negli anni passati. Sono un bambino troppo incostante e lunatico! Non ho più passione, perciò ricordate, è meglio bruciare subito che spegnersi lentamente.
Pace, amore, empatia.
Kurt Cobain
Frances e Courtney, sarò al vostro altare.
Ti prego resisti Courtney, per Frances.
Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.
VI AMO, VI AMO!”
Ciao Kurt, grazie per quello che hai rappresentato.